Sono venuti alle mani con il gruppo di Baby Touchè, ma i video del suo sequestro postati su Instagram sarebbero stati concordati: si tratterebbe di una montatura, l’inizio di una collaborazione per ottenere più ‘like’, pubblico e contratti musicali.
Si sono difesi così, davanti al gip Guido Salvini, tre dei nove giovani arrestati venerdì scorso nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Francesca Crupi che per l’accusa avrebbe messo fine a una vera e propria “faida” tra due gruppi rivali di trapper.
Davanti al giudice, lunedì sono comparsi due giovani senegalesi e Chakib Mounir, detto ‘Malippa’, il manager di Simba La Rue, al secolo Mohamed Lamine Saida, trapper di 20 anni con centinaia di migliaia di follower uscito da poco dall’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per via di un accoltellamento a Treviolo.
Assistiti dall’avvocato Niccolò Vecchione, che ha già chiesto la revoca della misura cautelare, i tre hanno respinto l’accusa di aver rapito la sera del 9 giugno scorso il leader dalla banda antagonista, il rapper padovano Baby Touchè. L’incontro tra i due gruppi in via Boifava – hanno spiegato – sarebbe stato casuale: dopo essere venuti alle mani per pregressi sgarri, avrebbero deciso di girare dei video e di pubblicarli sui social. La vittima, apparsa con tanto di volto “sanguinante e tumefatto” tra insulti e parole di dileggio, è stata poi rilasciata a Caloziocorte, in provincia di Lecco.
Una versione ben diversa dai fatti emersi dalle indagini e riportati nell’ordinanza del Gip Salvini, secondo l’accusa volta a coprire i fatti di sangue tra le due bande rivali. Nel corso della giornata di martedì gli interrogatori di Simba la Rue e di un altro arrestato.
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