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Canonica d'adda

Un altro morto nel cassonetto degli abiti usati: “Oltre 400 in Bergamasca, stiamo sostituendo i più pericolosi” fotogallery

Don Roberto Trussardi (Caritas): "Il nostro impegno con le cooperative per mettere a disposizione modelli più sicuri". Un'altra vittima quattro anni dopo la tragedia di Boltiere, aveva solo 22 anni. La Procura aprirà un fascicolo

Canonica d’Adda. È successo di nuovo. Quattro anni fa, il 19 maggio 2020, era toccato al piccolo Karim Bamba. Un bimbo di soli 10 anni che in un cassonetto a Boltiere stava cercando qualcosa, forse un nuovo paio di scarpe da ginnastica da sfoggiare con gli amichetti. Ieri (lunedì 6 maggio) un’altra tragedia della povertà nella vicina Canonica d’Adda. A perdere la vita un ragazzo di 22 anni: ufficialmente non è ancora stato identificato, ma si tratterebbe di C.A., giovane romeno di Fara Gera d’Adda.

Senza documenti al momento del ritrovamento, chissà cosa stava cercando. Forse dei vestiti, forse delle coperte. A notarlo, pochi minuti prima delle 8, è stato un addetto di Geco, la società che gestisce la stazione ecologica comunale in via dell’Artigianato. Quando si è avvicinato al cassonetto, ha realizzato che quelli che penzolavano non erano dei semplici indumenti. Si trattava di un essere umano, ormai privo di forze.

Grazie ai filmati delle telecamere acquisiti in municipio dai carabinieri di Treviglio, non sembrano esserci grossi dubbi sull’accaduto. La salma si trova all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in attesa del riconoscimento. Il pubblico ministero Giancarlo Mancusi ha disposto l’autopsia e nelle prossime ore dovrebbe aprire un fascicolo d’inchiesta, verosimilmente per omicidio colposo (a carico di chi, al momento, non è dato sapere).

Ad ogni modo, tra i casi di Boltiere e Canonica d’Adda sembrano esserci sin da subito delle differenze sostanziali. Per quanto riguarda il primo, la Procura aveva indagato la titolare della coop di Pagazzano che gestiva il cassonetto (la cui posizione è stata poi archiviata) anche per averlo collocato vicino ad un oratorio frequentato da minori e per non avere apposto nessun avviso sui potenziali pericoli. In questo caso, invece, il cassonetto posto sotto sequestro si trovava in un’area presidiata e recintata, all’interno della quale la vittima sarebbe entrata abusivamente durante l’orario di chiusura.

Al di là dei possibili risvolti penali, un altro tema accomuna queste due drammatiche vicende: la pericolosità instrinseca dei cassonetti in questione, che se usati in modo improprio possono trasformarsi in vere e proprie trappole mortali. Nel 2022 era morto un ragazzo ceceno a Mestre, a Torino un giovane marocchino; nel 2006 un ragazzo romeno a Senago (Milano) e nel 2007 un clochard a Prato.

 

Il pm Emanuele Marchisio, titolare dell’inchiesta sulla morte del piccolo Karim, andò ben oltre i suoi doveri d’ufficio, segnalando tutti i casi mortali agli organi competenti e i potenziali rischi di alcuni cassonetti, chiedendo (senza successo) il sequestro preventivo sul territorio nazionale dei modelli ‘1’, ‘2’ e ‘3’. I più datati e pericolosi, ancora oggi ampiamente diffusi.

Il piccolo Karim morì proprio in un cassonetto modello ‘1’. Per “asfissia meccanica”, stabilì l’autopsia. Due parole che l’una accanto all’altra mettono i brividi. Il decesso era stato causato da una “compressione atipica del collo per incastramento nel meccanismo basculante del cassone metallico”. Il sistema di chiusura del cassonetto, infatti, era concepito per evitare gli scassi. In pratica, un cilindro in lamiera ruota verso l’esterno favorendo il deposito degli abiti; lo stesso cilindro viene poi ruotato verso l’interno per scaricarli. Karim, cercando di infilarsi tra gli spazi, ha provato a raggiungere gli indumenti all’interno, ma la rotazione del cilindro lo ha schiacciato contro il telaio del cassonetto. Un meccanismo simile dovrebbe avere soffocato anche il giovane deceduto a Canonica d’Adda. Una morte e un’agonia terribili.

“Il cassonetto in questione dovrebbe appartenere a una cooperativa di Milano – spiega don Roberto Trussardi, direttore della Caritas Bergamasca -. Le realtà con le quali collaboriamo (cooperativa Ruah e cooperativa Padre Daniele Badiali, ndr) gestiscono circa 420 di questi cassonetti, sparsi sul territorio provinciale. Dopo la tragedia di Boltiere, ci siamo presi l’impegno di sostituire i modelli più datati”.

Don Trussardi non ha sotto mano i numeri esatti. “Non dico che siano stati sostituiti tutti – ammette -, ma sono stati presi degli accorgimenti. Soprattutto per quanto riguarda i cassonetti che si trovano sulle strade, stiamo sostituendo i più vecchi con modelli di ultima generazione, più sicuri. Abbiamo anche affisso una nuova cartellonistica, per mettere in guardia dai potenziali rischi derivanti un uso scorretto. Se qualcuno ha bisogno di vestiti o coperte – conclude il sacerdote – venga da noi. Siamo qui per dare una mano”.

carabinieri canonica d'adda
Carabinieri in municipio a Canonica d'Adda per acquisire i filmati della stazione ecologica
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