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Nei piccoli paesi

Niente decreto, niente soldi E i Comuni s’indebitano con le banche: sindaci furiosi

I soldi dovuti per il 2015, già tagliati rispetto agli scorsi anni, non sono ancora arrivati: manca la firma del decreto da parte dei ministeri competenti. Il problema si pone soprattutto per i Comuni sotto i mille abitanti che senza il patto di stabilità faticano ad avere liquidità di cassa.

Zero virgola zero. Vuoto, finito. Il conto in banca di tanti piccoli Comuni bergamaschi non piange più. Semplicemente non esiste. Colpa del mancato invio da parte dello Stato del fondo di solidarietà comunale. I soldi dovuti per il 2015, già tagliati rispetto agli scorsi anni, non sono ancora arrivati: manca la firma del decreto da parte dei ministeri competenti. Il problema si pone soprattutto per i Comuni sotto i mille abitanti che senza il patto di stabilità faticano ad avere liquidità di cassa. L’unica soluzione per pagare dipendenti e fornitori è chiedere un prestito alle banche, pagando poi gli interessi. “Per le realtà piccole come la mia i trasferimenti sono aria fondamentale per respirare – spiega il sindaco di Camerata Cornello Gianfranco Lazzarini -. Per la prima volta dal Dopoguerra non c’è ancora arrivato un euro. Abbiamo letteralmente i conti in rosso e sono costretto ad inventarmi mille giustificazioni con i fornitori. Siamo costretti a chiedere prestiti alle banche buttando dai tre ai quattro mila euro all’anno per il ritardo dei fondi. Dire che siamo arrabbiati è poco”.

Pietro Antonio Piccini, primo cittadino di Azzone, è avvezzo ai salti mortali. “Certo, facciamo il possibile. Per i miracoli però ci stiamo attrezzando. E’ che qui servirebbe proprio un miracolo. Le difficoltà sono all’ordine del giorno e la mancanza di questi fondi è solo l’ultima. Non ci sono più certezze, non riusciamo a programmare più nulla”. A Taleggio, come in molti altri Comuni, sono più i soldi che prendono la direzione di Roma rispetto a quelli che tornano indietro. “Non riceviamo proprio nulla – commenta il sindaco Alberto Mazzoleni -. Facciamo sempre più fatica anche perché, soprattutto in montagna, le seconde case non garantiscono più benessere come una volta. Anzi, sono quasi un costo. Se poi lo Stato continua a tagliare le risorse sarà sempre più dura”.

Giovanni Malanchini, sindaco di Spirano e coordinarore degli enti locali della Lega Nord, promette battaglia: “Se lo stato fosse un’azienda sarebbe già fallito a causa delle sue insolvenze: mette a penare i Comuni virtuosi e dà una mano alla Sicilia. Purtroppo chi paga sono sempre le amministrazioni che producono. Non falliscono solo perché sono virtuose. La verità è che se i conti pubblici stanno in piedi è solo perché abbiamo tagliato i servizi essenziali”.

Il sindaco di Lenna Jonathan Lobati, esponente di Forza Italia, parla di regalo alle banche: “Chi non ha il patto di stabilità è costretto a farsi anticipare i soldi dagli istituti di credito – commenta -. Sono soldi buttati a causa dei ritardi del ministero. E’ assurdo che lo Stato trattenga queste somme di denaro. E’ l’ennesimo regalo alle banche da parte del governo”. Torre Boldone è riuscito ad evitare l’anticipo di cassa. “Lo facciamo spesso a inizio anno – dichiara il primo cittadino Claudio Sessa -. Già lo Stato ci dà pochissimi soldi, se ci costringerà anche a farceli anticipare dalle banche è vergognoso”.

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