Bergamo. Domenico Scarcella, per tutti Mimmo, non è abituato ai riflettori. O meglio, spiega di essere un po’ allergico. “Da giovane lavoravo per la Guardia di Finanza. Quando arrestavo qualcuno e mettevano la mia foto sul giornale, pensavo: ma perché? Io mica la voglio la mia faccia lì”.
Alla fine, si è dovuto arrendere anche questa volta. “Insomma, è tutto il giorno che siete davanti a casa mia – dice col tono di voce un po’ seccato ai giornalisti, molti inviati a Bergamo dalle tv nazionali -. Davvero, non è mica necessaria tutta questa visibilità”. Poi, però, spalanca le porte della sua graziosa villetta, l’ultima in fondo a una stradina di via Longuelo, accanto ai campi da golf. “Non è mia, ma di mia moglie che fa la psicoterapeuta – tiene a precisare l’85enne -. Se viene a sapere che vi ho fatto entrare…”.
Sabato sera erano da poco passate le 21 e l’antifurto non era ancora collegato. Scarcella, maresciallo in pensione, palermitano trapiantato a Bergamo, stava guardando la partita Lazio-Verona in tv. “Anche se io tifo Atalanta – mette subito in chiaro -. Mi sono addormentato, poi mi sono visto piombare quei due in stanza”.
“Quei due” sono il 26enne e 27enne albanesi arrestati dalla Squadra Mobile con l’accusa di rapina aggravata. Tutti vestiti di nero e con il viso travisato da un passamontagna, hanno preso Scarcella per il bavero del pigiama urlando: “Soldi, soldi, soldi!”. “Era tutto buio – aggiunge lui -. Avevano già frugato nei cassetti dove tengo gli assegni. Avevano il borsello in mano quando gli ho detto che i soldi, 500 euro, erano lì. Ma loro continuavano a insistere”.
Il tempo per pensare è poco, forse meglio agire avrà pensato l’anziano. “Volevo fargli una mossa di judo, ma erano in due e avevano in mano qualcosa. Non so che cosa, forse un piede di porco, di sicuro non dei fiorellini”. Così, ha impugnato la sua pistola. Una calibro 38 Smith & Wesson e ha premuto il grilletto. “Alla cieca, per spaventarli, mica volevo colpirli”. Sta di fatto che il proiettile, forse rimbalzando – non è chiaro – ha colpito di striscio uno dei due al collo e messo in fuga entrambi.
“Qualcuno era già entrato in casa dieci anni fa, per rubarmi i quadri – prosegue Scarcella -. L’assicurazione mi rimborsò per 15 mila euro, ma da allora io dormo con l’arma sotto il cuscino. Per me è un deterrente, non ho mai pensato di fare del male a qualcuno. Ma la paura sale dopo certe situazioni, è inevitabile”.
Il segno del proiettile è vicino al soffitto della camera da letto. Lo indica con il dito. “Non ho mirato ai ladri – ribadisce -. Gli ho detto dove erano i soldi, ma loro insistevano. In quell’istante ho pensato a mio nipote, che di solito il sabato viene qui. E a mia moglie”. Che era in casa al piano di sopra, e che ha scambiato il rumore dello sparo per una caduta dalle scale del marito. “Pensavo che le avrebbero potuto fare del male”.
Per anni, l’ex maresciallo Scarcella ha lavorato nella vecchia sede della Guardia di Finanza in via dei Partigiani. “Ai rapinatori cosa dico? Di cambiare vita, perché ce ne sono già troppi in giro”. L’anziano, che è stato a lungo sentito in Questura, fa sapere di essersi rivolto all’avvocato Boni di Bergamo, che definisce “un amico”. “Nel caso ci fossero conseguenze anche per me – conclude -, vorrà dire che mi costituirò parte civile nel processo”.
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