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Campus di ingegneria

Diga del Gleno, studio dell’UniBg: “Particolarità dell’opera e cause del crollo” fotogallery

Attività di Public Engagement dell’Università degli studi di Bergamo. Presentati in un seminario pubblico i risultati dei recenti studi sulla diga del Gleno condotti dal Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate UniBg per comprendere peculiarità dell’opera e cause del crollo

Bergamo. Una ricerca interdisciplinare che si concentra sugli aspetti strutturali del tragico incidente che il 1° dicembre 1923, dopo soli due mesi dall’ultimazione dei lavori, porta al crollo della porzione centrale della diga del Gleno. Sono stati presentati mercoledì 6 dicembre, in un seminario pubblico che si è svolto nell’Aula Magna del Campus di Ingegneria di Dalmine, i risultati degli studi condotti dai docenti e ricercatori del Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate dell’Università degli studi di Bergamo, insieme ai laureandi del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria delle Costruzioni Edili, in occasione del centenario del disastro.

La ricerca, coordinata dal Prof. Andrea Belleri, ha preso avvio con i lavori di tesi magistrale di Michele Bianchessi, Ruggero Folli e Simone Rapelli e ha ripercorso la storia progettuale e costruttiva della diga per comprendere peculiarità e cause del crollo di un’opera di ingegneria innovativa e ardita, una diga realizzata dall’integrazione di due tipologie costruttive, a gravità e ad archi multipli, che doveva rappresentare il rilancio idroelettrico della Val di Scalve. Gli studi hanno riguardato tre specifiche azioni: indagini storico documentarie sulla base delle fonti archivistiche tecnico-costruttive per conoscere la genesi del progetto e la successiva fase costruttiva; indagini conoscitive attraverso il rilievo geometrico-materico dei ruderi e la modellazione 3D e indagini di caratterizzazione materica e di analisi strutturale. I risultati sono stati esposti durante l’incontro dal Prof. Andrea Belleri e dal dottorando Michele Bianchessi.

Il rilievo tramite la tecnica aerofotogrammetrica con drone ha permesso di acquisire più di 1.500 fotogrammi referenziati e ricostruire la geometria dei ruderi. Il modello geometrico dei ruderi ottenuto è stato confrontato con il modello geometrico 3D ricostruito a partire dalle tavole di progetto del 1920, riscontrando un’ottima corrispondenza tra il progetto e la realizzazione dell’opera.
Le indagini di caratterizzazione del materiale, ottenute attraverso prove non distruttive sclerometriche e ultrasoniche su tre contrafforti della diga, hanno rilevato un materiale poco omogeneo e di bassa qualità, in linea con le prove realizzate nel 1924 a seguito del crollo. Le ulteriori indagini globali realizzate posizionando degli accelerometri sul coronamento della diga, che hanno consentito di acquisire ed elaborare i dati sulle vibrazioni strutturali, hanno confermato questi risultati.

I dati sulle caratteristiche del materiale ottenuti hanno permesso di creare dei modelli numerici per l’analisi delle sollecitazioni degli elementi della diga prima del crollo. Questi modelli hanno messo in luce delle criticità strutturali nella zona a monte della diga, a contatto con l’acqua, evidenziando la presenza di sollecitazioni di trazione nel materiale, per le quali il calcestruzzo ha scarsa resistenza e che non potevano essere adeguatamente contrastate dall’armatura in acciaio, e una zona con sollecitazioni di compressione quasi tre volte maggiori di quanto previsto in fase progettuale. Confrontando le sollecitazioni ottenute dalla simulazione con la resistenza minima del materiale calcolata tramite le prove sperimentali eseguite negli anni Venti, la ricerca ha evidenziato sollecitazioni maggiori rispetto alla resistenza, mettendo quindi in luce delle zone di criticità con possibili rotture locali del calcestruzzo.

Gli studi condotti dal Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate sono confluiti nell’attività di Public Engagement La diga del Gleno a un secolo dal disastro: riflessioni sul progetto e sulla costruzione di un’imponente opera di ingegneria, un progetto che vuole fare memoria del disastro del Gleno, sensibilizzare il pubblico sul tema delle grandi infrastrutture in contesti paesaggistici particolarmente fragili e mettere in luce il potenziale della ricerca e dell’ingegneria per la conservazione del nostro patrimonio infrastrutturale.

L’attività di Public Engagement, che ha preso il via nel mese di settembre, ha previsto una serie di eventi di carattere divulgativo aperti alla cittadinanza e alla comunità scolastica, organizzati
sia presso le sedi dell’Ateneo sia presso le sedi delle Istituzioni partner del progetto, quali la Comunità Montana di Scalve, il Club Alpino Italiano (sezione di Bergamo) e l’Ordine degli Ingegneri di Bergamo, e delle scuole secondarie di secondo grado della città e della provincia di Bergamo. Coinvolti finora circa 600 studenti e studentesse degli istituti superiori “Gaetano Cantoni” di Treviglio, “D.M. Turoldo” di Zogno, “Maironi da Ponte” di Presezzo, “Edoardo Amaldi” di Alzano Lombardo e “Filippo Lussana” di Bergamo, ma gli appuntamenti continueranno anche nel corso del 2024.

Al cuore del progetto anche una mostra itinerante che, dopo aver fatto tappa nelle scuole, fino al 15 dicembre è accessibile all’Edificio A del Campus di Ingegneria di Dalmine (dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 15), anche grazie a delle visite guidate (disponibili su prenotazione scrivendo a andrea.belleri@unibg.it).

La ricerca condotta dal Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate rientra nelle azioni intraprese dall’Università degli studi di Bergamo per commemorare l’accaduto in occasione della ricorrenza del centenario del disastro del Gleno, in stretta sinergia con le istituzioni del territorio e la Commissione per il centenario del Gleno. I risultati sono anche confluiti in un volume collettaneo, realizzato dal Centro Studi sul Territorio, dal titolo “A partire da quel che resta. Il disastro del Gleno tra storia e paesaggio, memoria e futuro (1923-2023)” a cura di Lorenzo Migliorati ed edito in formato Open Access da Franco Angeli.

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