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Le difese

Elettricista schiacciato da una bobina: “Il mulettista aveva la visuale ridotta, ecco la foto”

Il difensore del titolare dell'Elettrobonatese, datore di lavoro di Matteo Regazzi: "Per lui era una delle risorse migliori, porterà sempre il peso della morte del suo compagno di lavoro"

Filago. La fotografia che l’avvocato Michele Olivati mostra più volte al giudice è una dei nodi fondamentali della sua arringa. L’immagine mostra il punto di vista del conducente del carrello elevatore mentre trasporta una bobina del peso di 275 chili. Una visuale estremamente limitata, che ha impedito a L.S, mulettista della Diesse Rubber Hoses di Filago, di accorgersi della presenza di Matteo Regazzi, dipendente 38enne della Elettrobonatese, accucciato davanti all’ingresso del locale compressori intento ad arrotolare dei cavi. L’elettricista è morto dopo essere stato schiacciato dalla bobina.

“La dinamica di quanto accaduto il 5 novembre 2018 non è ancora chiara – continua l’avvocato, che difende il mulettista -. Non si sa se la bobina sia caduta e abbia schiacciato Regazzi o se era ancora sulle forche del carrello elevatore. Questo perché, quando sul posto sono giunti i soccorsi e i carabinieri, la bobina non c’era, era stata spostata e nessuno ha saputo dire chi e come l’aveva rimossa”.

Secondo il difensore, L.S, imputato insieme al titolare della Diesse Rubber, al titolare dell’Elettrobonatese, e alle due imprese, non ha tenuto nessuna condotta rimproverabile sotto il profilo colposo. “Procedeva a passo d’uomo, ma cosa significa di preciso? Se, come hanno indicato alcuni testimoni, la velocità del muletto era intorno ai 6 chilometri orari, una velocità inferiore avrebbe forse impedito l’incidente?”

Sul pavimento dell’azienda c’erano delle strisce gialle che, secondo l’avvocato, delimitavano le aree di stoccaggio mentre secondo il pm indicavano il tracciato che i muletti dovevano seguire: “Ma come faceva il carrellista a guidare con la bobina davanti, tenendo contemporaneamente d’occhio le linee gialle, peraltro poco visibili perché consumate, e il contachilometri?”, domanda il legale.

Inoltre L.S e gli altri colleghi addetti alla guida dei carrelli elevatori non erano stati informati, quel giorno, della presenza di elettricisti al lavoro nell’area di stoccaggio.

Su questo punto si è concentrato anche l’avvocato Michele Bontempi, che difende C.P., titolare dell’Elettrobonatese: “I lavori alla Diesse Rubber erano programmati e quella mattina gli elettricisti si sono presentati comunicando al preposto dell’azienda che avrebbero iniziato a lavorare. I muletti nell’area in cui stavano operando si sarebbero dovuti fermare, invece nessuno ha avvisato i carrellisti”. Che non solo hanno continuato a circolare, ma non si sono nemmeno preoccupati di prestare più attenzione data la presenza di operai al lavoro.

I due avvocati concordano nel dichiarare che Matteo Regazzi “non ha fatto nulla di sbagliato, non ha commesso nessuna imprudenza. Ha ammatassato i cavi all’esterno del locale compressori perché all’interno non c’era lo spazio necessario”. L’avvocato Bontempi sottolinea: “Il datore di lavoro considerava Matteo una delle sue risorse migliori e porterà per sempre il peso di quanto accaduto al suo dipendente. Anzi, al suo compagno di lavoro, perché in un’azienda delle dimensioni dell’Elettrobonatese più che le gerarchie contano i rapporti umani. C.P. è molto addolorato, ma non ha nessuna colpa”.

L’avvocato Marco Braga difende l’Elettrobonatese ed ha avanzato una serie di questioni giuridiche che lo hanno portato a chiedere l’assoluzione per l’ente che rappresenta.

Prossima udienza il 21 giugno. Il 13 luglio la sentenza.

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