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Il caso

“Vogliamo Alfredo Cospito fuori dal regime carcerario del 41 bis”: presidio a Bergamo

Gli organizzatori: "Riteniamo la sua condanna meramente punitiva e soprattutto sproporzionata"

Bergamo. “Vogliamo Alfredo Cospito fuori dal regime carcerario del 41 bis”: inizia così il volantino diffuso dal gruppo “Compagni e compagne di Bergamo” per promuovere il presidio che si terrà domenica (5 febbraio) alle ore 15 al piazzale della stazione di Bergamo.

Sarà il secondo incontro dopo il primo avvenuto sabato scorso fuori dal carcere di Bergamo, per ribadire la contrarietà di chi manifesta allo stato di detenzione in cui il 55enne si trova: “Riteniamo la sua condanna meramente punitiva e soprattutto sproporzionata”, scrivono gli organizzatori.

Alfredo Cospito, nato a Pescara nel 1967, è un anarchico e terrorista italiano condannato a 10 anni per aver inginocchiato il capo della compagnia nucleare italiana Ansaldo Nucleare nel 2012, e successivamente all’ergastolo senza condizionale per aver bombardato una caserma dei cadetti dei Carabinieri a Fossano. Nel maggio del 2022 Cospito è stato rinchiuso nel restrittivo regime carcerario 41-bis e da tre mesi ha iniziato uno sciopero della fame per protesta contro le condizioni di vita all’interno delle strutture detentive italiane, e in particolare del regime detentivo definito “41 bis”. Le sue condizioni di salute continuano a peggiorare di giorno in giorno.

“Tale regime prevede un accanimento delle condizioni di vita quotidiane – aggiungono gli organizzatori del presidio – . In carcere vengono chiusi in micro celle e negati diritti fondamentali che anche l’Unione Europea riconosce mancanti. Ad Alfredo viene negata qualsiasi comunicazione anche con la parentela, negata la possibilità di scegliere cosa leggere e ascoltare alla radio, come per assurdo un fumetto o un giornale comune presente nella casa di ogni famiglia. In cella chiuso 22 ore al giorno gli vengono negati i colloqui, non vedrà più il cielo aperto come un detenuto normale.  A noi queste sembrano condizioni indegne, che non aiutano certo ad uscire dalla galera e ricostruirsi una vita come cita la Costituzione italiana”

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