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Un anno dopo

“Avere il Covid è stato un incubo: la mia rinascita”

Enrico Cortis, maltese d'origine e bergamasco d'adozione, racconta la sua esperienza nel libro "Nuovo Coronavirus. Scusate se parlo di me..."

“Avere il Covid è stato un incubo: ora il peggio è alle spalle ed è come se fossi rinato”. Così Enrico Cortis, maltese d’origine e bergamasco d’adozione, 72 anni compiuti a novembre, racconta i difficili momenti che ha vissuto da quando ha contratto il Coronavirus fino a quando è riuscito a guarire.

Ha scritto la sua testimonianza nel libro “Nuovo Coronavirus. Scusate se parlo di me…”, fresco di pubblicazione e reperibile su Amazon come eBook – formato Kindle; chi non lo trovasse nelle librerie indipendenti, invece, può scrivere al sito www.nuovocoronavirus.info: lo abbiamo intervistato per saperne di più.

Come mai ha deciso di scrivere questo libro?

Da un lato perchè tutto quello che ho vissuto è stato un incubo, rappresentava un peso che sentivo dentro di me e mi creava parecchia sofferenza: raccontare la mia esperienza con il Covid è stata una liberazione. Dall’altro, nell’immediato post-ricovero la mia famiglia è stata segnata dal susseguirsi di diversi tragici avvenimenti che mi hanno fatto riflettere e ho avvertito la necessità di pubblicare questo libro.

Ci racconti

A metà maggio è deceduto mio cognato: aveva 64 anni e stava benissimo ed era atletico, giocava a golf… è venuto a mancare per un problema cardiocircolatorio di cui non si era accorto mai nessuno. Va ricordato che in molte province tra cui Bergamo durante la fase più critica della pandemia si è verificato il 30% in più dei decessi rispetto agli anni precedenti e le problematiche cardiocircolatorie sono state una concausa. Il mese successivo, invece, si è spenta la mia cagnolona Tea: anche nel suo caso si è trattato di un problema cardiocircolatorio e non ce l’aspettavamo, se n’è andata improvvisamente nell’arco di una ventina di giorni. All’inizio di luglio, infine, è venuta a mancare mia madre: aveva 97 anni, in parte ce l’aspettavamo e nessuno ha approfondito le cause.

enrico cortis

Entrando nel merito della sua storia, quando ha cominciato ad avere i primi sintomi?

Tutto è iniziato lo scorso 12 marzo: sembrava trattarsi di un raffreddore
stagionale con un po’ di febbriciattola ma poi, dal 16 marzo la febbre ha cominciato a salire a livelli preoccupanti ma la respirazione pareva rimanere normale e per questo motivo gli operatori del numero verde, predisposto dalla Regione Lombardia per assistere i cittadini in occasione della prima ondata del virus, rispondevano continuamente di non andare in ospedale e rivolgersi al medico di famiglia. La temperatura, però, rimaneva sempre alta: l’antipiretico l’abbassava per 2/3 ore e poi risaliva. Gli antibiotici da assumere per via orale non facevano alcun effetto: il medico li prescrisse anche con assunzione per via intramuscolare: 2 iniezioni al giorno.

E come ha proseguito?

Mia moglie telefonò nuovamente al numero verde Emergenza Covid-19, un operatore le fece una serie di domande e disse che la cura prescritta dal medico era corretta e se non si fossero manifestati problemi respiratori avrei dovuto rimanere in casa continuando a rivolgermi al medico di famiglia. A un certo punto, però, la situazione peggiorò: subentrò la dissenteria e, con la presenza di febbre alta, il corpo si indebolì e non riuscii più a reggermi in piedi. Mia moglie chiamò ancora il numero verde e le risposero che al momento non erano disponibili posti letto negli ospedali della Bergamasca, il medico di famiglia le consigliò di insistere e gli operatori le dissero di richiamare dopo qualche ora.

Cosa le hanno risposto?

Quando ha richiamato il numero verde, con tono leggermente alterato, mia moglie disse all’operatore di venire a verificare di persona le mie condizioni. Nell’arco del pomeriggio arrivò l’ambulanza: provata la saturazione dell’ossigeno ed effettuate tutte le verifiche (pressione molto bassa e febbre molto alta) affermarono che sarei dovuto andare in ospedale. Il primo a liberarsi fu Lovere, partimmo per raggiungerlo ma di quel viaggio non ricordo nulla tranne che in un raro momento di lucidità mi comunicarono che dovevamo andare a Iseo perchè il mio posto era stato già occupato.

Come è andata?

Mi ricoverarono al Pronto Soccorso dove rimasi su una barella con la maschera per l’ossigeno per un paio di giorni prima che si liberasse un posto letto. Dopo due giorni, dall’ospedale confermarono a mia moglie di avermi accertato il Covid-19 ma, non mostrando problemi respiratori, optarono per il solo uso della mascherina. Poi mi trasferirono nel reparto di medicina generale e telefonarono a mia moglie per dirle che avevo la polmonite bilaterale interstiziale e in poco tempo mi avrebbero intubato. Avrei dovuto andare in rianimazione ma non essendoci posti liberi mi spostarono in una sala operatoria riutilizzata per l’emergenza come terapia intensiva per malati Covid: mi vennero praticati il coma farmacologico e l’intubazione tracheale, e rimasi lì una settimana. Insieme a me c’erano altri due ammalati dei quali non ho più avuto notizie.

Deve essere stata dura

Si, la mia mente iniziò a viaggiare in un mondo parallelo fra sogni, incubi e allucinazioni. Sognai, per esempio, di trovarmi prima in una casa di cura molto strana dalla quale mi era impossibile uscire e poi in una residenza il cui ingresso era rigidamente precluso ai visitatori e la notte i cancelli venivano chiusi ed entravano in funzione telecamere a circuito chiuso. Il “Grande Capo” di quella residenza era una sorta di medico ma anche di ingegnere, forse informatico… era un duro, regole rigide, ma, tutto sommato, lo ricordo come una persona umana. Lì dentro tutto era automatizzato al punto che il personale di assistenza sanitaria erano degli “avatar” dalle sembianze orientali. In un altro sogno, invece, il Gran Capo ci portò in Gran Bretagna per assistere a una partita dell’Atalanta per le fasi finali di Champions League. Ma ho sognato anche di essere rapito dai pirati e tante altre situazioni davvero strane.

Nel frattempo continuava a essere in coma?

Si. Il 1° aprile mia moglie ricevette la telefonata di una dottoressa in servizio a Iseo: le dissero che volevano provare a risvegliarmi lentamente ma non avevano i macchinari adatti. Un risveglio diverso avrebbe potuto provocare danni cerebrali… quindi cercavano la disponibilità di un altro ospedale dove trasferirmi per il risveglio e la sera del 2 aprile le dissero di avermi portato al Fatebenefratelli di Milano.

Come ha proseguito al Fatebenefratelli?

Nelle ultime 72 ore dalla lettura del monitor, a cui ero stato collegato a seguito del ricovero alla Fatebenefratelli, non risultava alcun miglioramento delle mie condizioni. Mia sorella parlò con un medico che mi assisteva e lui le disse che, a quel punto, l’unica speranza era praticare una tracheotomia. E intanto ho sognato di trovarmi in una località di mare insieme a mia moglie, mia madre e mio padre: attorno all’ora di pranzo volevamo mangiare degli spaghetti allo scoglio ma dissi che non potevo, avrei preso un gelato per rinfrescare la gola e probabilmente questa sensazione era dettata dallo stimolo esterno della tracheotomia.

Nel libro c’è anche un sogno della regina Elisabetta II?

Sono nato a Malta da papà maltese e mamma italiana. Ho vissuto là fino all’età di sette anni e poi ci siamo trasferiti a Bergamo: ricordo che abitavamo vicino al porto de La Valletta e quando arrivava la regina Elisabetta, che era sovrana anche di quel territorio, a bordo della sua Rolls-Royce decappottabile passava esattamente sotto i nostri balconi e ci affacciavamo per vederla. Quando ero in coma indotto ho sognato di essere insieme a lei in una residenza di campagna ed era molto affabile.

Nel frattempo non si era ancora risvegliato?

Non ancora. Il medico disse a mia moglie che se mi fossi risvegliato nelle prossime 72 ore sarei sopravvissuto altrimenti non ci sarebbe stato più nulla da fare e la probabilità di risveglio oscillava tra il 30 e il 40%. Alla fine mi risvegliai: sebbene fossi ancora intontito, ho un chiaro ricordo di un medico davanti a me, il suo viso mascherato, inchinato verso di me, che mi parlava… io provavo a rispondergli ma la voce non riusciva ad uscire. Ricordo, poi, che il giorno di Pasqua una giovane e simpatica dottoressa mi disse: “Sai che oggi è Pasqua?”. Ero incredulo perchè ero convinto che avrei dovuto andarmene in vacanza al mare: probabilmente era dovuto al vagabondare del mio cervello.

In che senso?

Le ho domandato cosa mi stesse dicendo perchè avrei dovuto recarmi al mare con degli amici ed era vero: avevamo prenotato per giugno. Invece era davvero Pasqua… A preoccupare mia moglie e i medici era il fatto che continuassi a raccontare storie per loro incredibili come quelle vissute nei sogni. Mi sottoposero alla TAC per accertare eventuali danni cerebrali ma l’esito li scongiurò: bisognava solo attendere ancora un po’ di tempo.

enrico cortis

A livello fisico ha avuto postumi?

Ho svolto la riabilitazione a casa. Le problematiche respiratorie si sono risolti e non ho problemi cardiocircolatori: l’incubo è alle spalle anche se mi rimasta la faringite cronica in seguito a un raschiamento dovuto all’intubazione.

E cosa le ha lasciato questa esperienza?

Superare il Covid è stata una rinascita: ho cominciato una nuova vita e ho modificato il mio carattere. Sono sempre stato creativo, piuttosto incosciente e, forse, qualche volta troppo determinato: ora mi sono ammorbidito parecchio, sono più riflessivo e attento a cercare di vivere al meglio ogni giorno. La mia prima moglie se n’è andata tragicamente 15 anni fa e vivo con la mia seconda moglie: sono più incline al compromesso e molto più attento a godermi le sue attenzioni che sono state determinanti per me.

Per concludere, cosa si sente di dire a chi è scettico sul Covid?

Questo libro è utile per conoscere cosa davvero può accadere a chi si trova nelle mie condizioni: i negazionisti devono rendersi conto che il virus esiste davvero e può essere terribile.

E cosa si sente di dire a chi, al contrario, è bloccato dalla paura per il Covid?

Bisogna pensare che nella vita ogni caduta deve dare seguito a una rinascita: si deve trovare la forza per rimboccarsi le maniche e ricominciare a vivere, nascere nuovamente perchè la vita è bella e vale la pena di essere vissuta.

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