Sul contratto c’è scritto due mesi. “Ma resterò a Bergamo fin quando servirà, fino a quando l’emergenza sarà terminata”. Daniela De Serio, 37 anni, originaria di Lamezia Terme, è uno dei medici di Emergency impegnati all’ospedale da campo della Fiera di Bergamo.
Legata all’associazione umanitaria dal 2011, ha passato quattro anni in Sudan. Un’esperienza che porta nel cuore, lei che il cuore delle persone lo cura per mestiere. Al centro di cardiochirugia Salam (“pace” in arabo) si è occupata di patologia valvolare e cardiopatie congenite. Prima che l’emergenza coronavirus scoppiasse, lavorava in una struttura privata a Milano.
“Affrontare una malattia infettiva è diverso – ammette Daniela – ma tre quarti della nostra equipe ha maturato esperienza in Africa durante l’epidemia di Ebola. Questo non può che infondere fiducia e sicurezza”. Anche perché, all’ospedale da record degli Alpini, poco o nulla sembra essere lasciato al caso. “Rispetto ai colleghi che hanno affrontato la prima ondata dell’emergenza – osserva – qualche vantaggio in più ce l’abbiamo. Conosciamo meglio il virus, siamo più consapevoli delle protezioni e di come usarle”.
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Più o meno funziona così: “I turni degli infermieri durano sette ore, quelli dei medici otto”. Nel mezzo una pausa dove togliersi i dispositivi di protezione e mettere qualcosa sotto i denti, prima di tornare al lavoro. “All’ingresso e all’uscita – racconta – ci viene provata la temperatura con i termoscanner” (nessun tampone, almeno in questa prima fase). Finora sono 4 i pazienti Covid nel reparto di terapia intensiva di Emergency, che gestisce un modulo da 12 posti letto con uno staff composto da 34 operatori: 10 medici, 14 infermieri, 4 fisioterapisti, 4 OSS, 1 tecnico di laboratorio, 1 tecnico di radiologia. Tutti numeri destinati ad aumentare. “Ma i protocolli di sicurezza prevedono anche una figura particolare – spiega la dottoressa De Serio -: l’igienista”. In pratica, colui che ne osserva i comportamenti durante il turno: “Verifica se teniamo le giuste distanze, se laviamo correttamente le mani, se i movimenti durante la fase di vestizione e svestizione sono corretti”. Un momento, quest’ultimo, particolarmente critico e delicato.
Il progetto dell’ospedale da campo è appena decollato. “Viviamo ancora una fase di ‘work in progress’ – la definisce – ma le prime sensazioni sono positive”. La compagna della dottoressa De Salvo, che fa l’infermiera, ha condiviso con lei l’esperienza in terra bergamasca. Dopo il turno, come il resto dello staff, soggiornano in un hotel in città. Ognuno con la sua stanza. Pranzo e cena in tavoli singoli.
“Siamo sulla buona strada – conclude in merito all’emergenza sanitaria -. I contagi sono in calo, ma non è questo il momento di allentare le misure di contenimento. Bisogna continuare a stare a casa e rispettare le regole”. Soprattutto, è convinta di una cosa: “È ancora presto per pensare a un ritorno alla normalità”.
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