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Pierre-Luc Granjon a Bergamonews: “Amo cambiare”

Il regista e disegnatore francese Pierre-Luc Granjon è arrivato nella nostra redazione ed è stato intervistato dai critici Paola Suardi e Francesco Parisini: vi proponiamo l'intervista scritta e in video.

Il regista francese di film d’animazione, illustratore e modellatore Pierre-Luc Granjon è arrivato nella redazione di Bergamonews: protagonista al Bergamo Film Meeting e alla mostra “Nel regno di Pierre-Luc Granjon” nella Sala alla Porta Sant’Agostino svelerà i segreti dei suoi lavori ai critici Paola Suardi e Francesco Parisini.

Pierre Luc è arrivato in redazione, la chiacchierata ha inizio.

Da dove viene, qual è la sua formazione sociale e culturale, come è arrivato a questo lavoro?

Vivo in una piccola città Valence, sono cresciuto nella regione francese vicino alla Svizzera, ho fatto una scuola d’arte a Lione. Una scuola in cui non insegnavano animazione ma architettura d’interna e a lavorare sui tessuti, la scuola mi piaceva anche se sapevo che non avrei fatto quei mestieri. I prof ci spingevano cercare quello per cui eravamo portati e proprio allora ho capito che avevo a cuore più di tutto il racconto.  Ho preso contatto con Folimage quando dovevo fare l’obiezione di coscienza, è stato in questo studio che ho cominciato a capire quello che mi piaceva davvero: facevo pupazzi di plastilina anche se non ho fatto l’obiettore di coscienza, ho iniziato a lavorare lì.

Quello che stupisce è la grande varietà di tecnica che lei utilizza: quale le è più congeniale?

Non ho una tecnica preferita, le amo tutte. Quello che mi piace è poter cambiare, anche se tra i miei personaggi c’è un po’ un’aria di famiglia, si somigliano, però mi piace poter passare da due altre dimensioni. Il volume è quello con cui sono nato perché sono nato con le marionette. Ne "Le quattro stagioni di Leon" mescolo le dimensioni.

Le piace la definizione di cinema bricolage per definirti?

Non mi disturba, magari qualcuno potrebbe offendersi ma in realtà c’è questo aspetto di bricolage.

La domanda è per capire se la sua è una sorta di sfida con l’animazione digitale, iperrealista…

Non credo si possa porre una opposizione tra 3D e l’animazione tradizionale, anche perché non sono pochi gli animatori digitali che "sporcano" il digitale, penso a David O’Reilly. Questa 3D mi interessa. Circa l’iperrealismo, io non so cosa cerco ma non cerco certo questo, non mi piace come non mi piace l’iperperfezionsimo. Mi piacciono gli incidenti, mi piace l’imprevisto… Ho visto film di marionette in cui i pupazzi erano così perfetti che sembrava di vedere un film in 3D: troppo perfette.

Dunque lei preferisce lo sguardo bambino: concreto e immaginifico allo stesso tempo, che semplifica ma insieme arricchisce la realtà: è il modo più efficace per vedere meglio la vita? 

Domanda difficile… Le storie che scrivo le scrivo senza pormi domande. Le domande me le pongo quando preparo i dossier per chiedere i finanziamenti… E’ vero che i miei eroi sono bambini però: ho un ricordo molto viso di come reagivo da piccolo ed è vero che per le mie storie mi piace pescare in questo passato e in queste emozioni.

E’ la storia che la lega alla tecnica scelta o viceversa, o sono indipendenti le due cose?

Spesso scelgo in reazione a quello che ho fatto in precedenza: cioè se ho fatto un bianco-e-nero poi per reazione creo un film con tanti colori. Certo, c’è un rapporto con la storia e le tecniche:per esempio nel Lupo Bianco che è una storia un po’ cupa non volevo ambientarlo in un posto coloratissimo.

Cosa consiglia ai giovani italiani… europei che si affacciano nel mondo dell’animazione? 

Ogni percorso è davvero molto particolare, l’impressione è che l’animazione oggi sia molto più presente nel "paesaggio" rispetto a quando ero adolescente io. Penso sia importante cominciare presto a mettere le mani in pasta, a fare qualcosa. Anche se uno non fa una scuola d’animazione, va bene anche una scuola d’arte: non è così scontato trasferire un’immagine dalla testa a un supporto… importante avere la base di una scuola d’arte. Non so che scuole ci siano in Italia, nel mondo ce ne sono però: in Francia c’è un’opportunità al festival di Annecy. 

E’ la prima volta che viene a Bergamo, qual è la sua impressione? Cosa l’ha interessata del Bergamo Film Meeting?

Arrivo da una lunga passeggiata sulle Mura, con questo tempo fantastico, la trovo davvero splendida. Il Festival mi fa pensare un po’ a quello de La Rochelle in cui non ci sono sono film recenti, ma chicche particolari e che io amo molto. Qui si sente la passione dei cinefili. Poi mi piace essere protagonista di un festival che non è dedicato solo all’animazione, visto che partecipo soprattutto a questi.

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