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Il 7 dicembre è Sant’Ambrogio, ma qual è la storia del patrono di Milano?

Il vescovo rinunciò a tutte le sue ricchezze per arginare la povertà delle classi popolari

Ambrogio nacque a Treviri nella Renania, nel 339 circa, e morì a Milano nel 397. Fu uno tra i protagonisti indiscussi della storia della cristianità, durante l’epoca tardo antica. Oggi, viene ricordato e onorato soprattutto a Milano, città di cui è il Patrono.

Il IV sec. fu un periodo molto delicato: il millenario Impero Romano d’Occidente andava progressivamente sgretolandosi, minato nelle sue fondamenta dalla dilagante corruzione del quadro sociale ed economico del tempo, dalla pressione esercitata dalle civiltà confinanti, nonché dalle divisioni interne tra Senato, imperatore ed esercito.

La Chiesa assunse il compito, e la missione, di farsi carico del clima di profonda incertezza che turbava le anime dei fedeli, garantendo al contempo la cura delle anime quanto il rispetto degli
ordinamenti vigenti.

La Chiesa si fece istituzione mostrando il suo volto secolare. In questo contesto storico, decisamente non agevole, venne alla luce Ambrogio. Il nostro, purtroppo, restando presto orfano di padre, si trovò costretto a ragionare da adulto, ad assumersi incombenze e responsabilità gravose, mostrando quel piglio orgoglioso e deciso che l’avrebbe accompagnato e contraddistinto lungo l’intero arco della sua esistenza.

Ambrogio, di nobili origini, non si abbandonò allo sconforto o alla rassegnazione, intraprendendo una brillante carriera politica e amministrativa. Nel 370, gli venne affidato l’incarico di governatore della provincia di Emilia e Liguria, con sede a Milano.

Un evento del tutto inatteso giunse, nel 374, a mutargli rotta e intendimento: la morte di Aussenzio, controverso vescovo di Milano per via delle sue posizioni dottrinali filoariane. Alla morte del
prelato, Ambrogio si trovò costretto a intervenire per sedare i disordini scoppiati nella città. La tradizione vuole che un bambino, ispirato dalla saggezza divina, lanciasse un grido udito
distintamente dalla folla tumultuosa: “Ambrogio vescovo”. Il popolo compatto offre a un Ambrogio decisamente perplesso e recalcitrante l’importante incarico, vincendo le sue perplessità e resistenze.

Ambrogio, seppur cristiano, non aveva ancora ricevuto il sacramento del battesimo. L’imperatore Valentiniano I si spese a sua volta affinché Ambrogio accettasse l’incarico. Ambrogio, dopo avere
ricevuto tutti i sacramenti nella stessa settimana, venne consacrato vescovo il 7 dicembre 374. Egli, resosi perfettamente conto della complessità e della gravosità dell’incarico, si immerse, giorno
e notte, nello studio: approfondì i grandi classici latini e greci, il pensiero filosofico e la conoscenza della Sacra Scrittura. Il passo successivo, politico e pastorale, fu quello di impegnarsi nel contrasto alla diffusione di eresie e retaggi pagani. Molto noto è lo scontro con Simmaco per la statua della Vittoria.

Lo spirito indomito e caparbio di Ambrogio lo portò a duri confronti con l’autorità imperiale: lo stesso Teodosio si piegò più volte alle direttive vescovili, mostrando di subire il carisma e la personalità dell’alto prelato. Ad Ambrogio va riconosciuto il merito di aver dato impulso al monachesimo femminile, di aver sostenuto le iniziative dei catecumeni e di essersi adoperato instancabilmente per arginare la povertà delle classi popolari, rinunciando in loro favore a tutte le sue ricchezze.

Unificò il culto dando vita alla liturgia ambrosiana. Produsse una quantità notevole, straordinaria per contenuto e ricchezza, di lettere, discorsi, orazioni funebri e inni, distinguendosi soprattutto negli ambiti riguardanti la morale, la spiritualità, l’esegesi e la riflessione teologica. Il suo capolavoro pastorale più importante fu tuttavia quello di aver favorito la conversione di Agostino, grande santo e dottore della chiesa, a cui somministrò personalmente anche il sacramento del battesimo.

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