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Il ricordo

Ciao Pelu, l’uccellino di Zingonia che si divertiva a giocare con il Mondo

Il nostro Alberto Porfidia ricorda il collega Roberto Pelucchi, scomparso a soli 50 anni: "A 14 anni il primo articolo su L'Eco, a 24 già professionista, sempre con il suo stile graffiante". I funerali sabato alle 9.30 ad Azzano, dove da mercoledì mattina si trova alla sala del Commiato

Quando ha compiuto gli anni, il 27 giugno scorso (quattro giorni dopo Zidane, amava ricordare) gli avevo scritto “Nel mezzo del cammin di nostra vita”: erano solo 50, certo nemmeno lontanamente avrei pensato che meno di sei mesi dopo se ne potesse andare.

In punta di piedi, o sarebbe meglio dire di penna. “Sono un tipo che non esterna molto”, mi aveva detto il Pelu pochi giorni dopo una lunghissima operazione da cui cercava di riprendersi e di cui pochi, pochissimi erano stati informati. Lui abituato a dare e commentare notizie, non amava parlare tanto di sè. E perciò avevo provato a scherzare, a farlo sorridere, a dirgli che per il campionato sarebbe stato pronto e di nuovo al lavoro, sempre con il suo stile graffiante.

Roberto Pelucchi con la sua faccia da eterno ragazzo si faceva fatica a considerarlo un cinquantenne e in effetti aveva cominciato a scrivere quasi da bambino, a 14 anni il primo articolo su L’Eco di Bergamo, Santa Lucia-Levate 2-6. A 19 era a Bergamo-Oggi, a 24 già professionista. Aveva bruciato le tappe e non era nemmeno vero che non avesse fatto la gavetta.

A L’Eco di Bergamo era stato redattore delle pagine sportive, negli anni dell’Atalanta prima di Mondonico e poi di Giovanni Vavassori che poi ha raccontato con una serie di aneddoti spassosi nel libro “Una Dea senza tempo”. Dal 2005 era alla Gazzetta dello Sport, anche lì cambiando spesso ‘maglia’, dalla rosa cartacea al web a Sportweek, da spirito inquieto come amava essere, per poter scrivere sempre quello che pensava. Come negli anni in cui seguiva le vicende della Dea e il Mondo l’aveva definito ‘l’uccellino di Zingonia’, perché il Pelu non rinunciava mai a scoprire qualche retroscena, qualcosa che forse non si sarebbe dovuto scrivere, in qualche modo avrebbe disturbato la quiete dello spogliatoio.

E sulla “Dea senza tempo”, Pelucchi raccontava così il Vava: “L’ho conosciuto nel dicembre 1998 a Zingonia, quindi in una vita successiva a quella di calciatore. Ero volato a Londra a intervistare Luca Percassi e Samuele Dalla Bona, i due atalantini scappati al Chelsea, e mi interessava un suo commento. Sapevo che Sam era un suo pupillo. L’aveva soprannominato Ciccio, un po’ per la stazza, un po’ perché ‘se attraversi la strada, ora che ho finito di urlare Sa-mu-e-le fer-ma-ti!… te set sota al camion’. La fuga improvvisa, senza una telefonata o una richiesta di consigli, era stata vissuta male dal Vava, un papà tradito, ma pronto a perdonare…”.

Di sé stesso, Pelu confessava che “Da ragazzino pensavo di fare il cuoco, ma la vittoria dell’Italia al Mondiale di Spagna e Atalanta-Inter del 15 settembre 1985, prima partita vista dal vivo allo stadio, hanno cambiato il copione della storia”.

In realtà, l”uccellino di Zingonia’ non è mai stato un mangione. Il suo cibo preferito, la scrittura, la parola. E rispondevi sempre, caro Pelu, anche con un filo di voce. Ma mai avrei immaginato che, l’altro giorno, fosse l’ultima.

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