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Il doppio ex

Filisetti: “Atalanta meglio della Lazio, con Gasp destinata a stare tra le grandi”

Con i nerazzurri è cresciuto, con i biancocelesti ha debuttato in A ed è entrato nella storia del club: "La Coppa Italia dello scorso anno non inciderà, peccato manchi Zapata".

Con la maglia dell’Atalanta ha fatto tutta la trafila delle giovanili, ha indossato la fascia da capitano della Primavera e ha esordito nel calcio dei grandi. Con quella della Lazio ha debuttato in Serie A ed è entrato di diritto nella storia del club biancoceleste per essere stato tra gli eroi “del meno 9”.

Alla fine dell’attività agonistica Daniele Filisetti, professione stopper, è rimasto lontano per anni dal mondo del calcio, nel quale è rientrato iniziando a lavorare coi giovani e oggi è il vice allenatore della Juniores della Virtus Ciserano.

Lazio e Atalanta, chi sta meglio?

Vedo meglio l’Atalanta, sinceramente, anche se mancherà Zapata. Vero che c’è Muriel ma sono due giocatori differenti: il primo per il gioco dei nerazzurri è fondamentale, perchè fa salire la squadra e gli altri sono bravissimi a farlo. La Lazio è una squadra dalla quale da anni si attende il salto di qualità ma per un motivo o per l’altro non riesce a svoltare. E non si capisce il motivo, forse l’ambiente romano condiziona troppo. Non sarà una partita semplice, perchè con la Lazio non lo è mai: Inzaghi è bravo a confrontarsi con Gasperini. Potrebbe pesare mentalmente il risultato della finale di Coppa Italia? Non credo, sono cose che si superano.

Lei ha vissuto entrambe le realtà: che differenze ha notato? 

Ambienti completamente differenti. Con l’Atalanta ho realizzato il sogno di una vita, quello di fare il calciatore con la squadra della mia città. A Roma poi è cambiato tutto, dallo stipendio al modo di vedere le cose. Qui mi sentivo a casa, là ero cittadino del mondo. Oltre che sportivamente la mia avventura alla Lazio è stata una bella sfida anche a livello umano: sono diventato uomo. Quando ho saputo di essere stato venduto era un mercoledì sera: al pomeriggio mi ero allenato con l’Atalanta, di fronte a qualche pensionato. La mattina dopo, a Roma, c’erano duemila persone e poi mi ritrovai a giocare a San Siro con 80mila spettatori. Ma a Bergamo ero calciatore per senso di appartenenza, perchè ci sono cresciuto con il nerazzurro addosso. Quando retrocedemmo in C piansi.

A Roma, però, è entrato nella storia: la sua Lazio 1986-1987, a un passo dal baratro sportivo, riuscì a compiere un miracolo ed è una delle formazioni a cui i tifosi sono più affezionati. 

La nostra salvezza fu un grande merito dell’allenatore, Eugenio Fascetti, uno che già all’epoca ragionava con una mentalità moderna: a inizio anno ci disse chiaramente che non c’erano soldi e che con 9 punti di penalizzazione (allora la vittoria ne valeva 2 ndr) sarebbe stato un campionato di sangue, sudore e lacrime. Chi scelse di rimanere lo fece con grande determinazione: creammo una squadra solida e unita, un gol di Fiorini col Vicenza ci consentì di aggrapparci agli spareggi per evitare la Serie C. Si giocarono a Napoli, con una fiumana di gente che seguiva il pullman in macchina durante la trasferta per sostenerci. Sono cose che ti rimangono dentro.

A proposito di allenatori: cosa ne pensa di Gasperini?

È il segreto di questa Atalanta e davvero non capisco come mai non sia in una grande squadra. Qui riesce a togliere il meglio da tutti i giocatori. Aveva iniziato male, sembrava avesse già la valigia in mano e invece è rimasto e sta facendo la storia. È un tecnico molto inquadrato ma adattissimo a questa squadra. Mi ricorda un po’ Sonetti, altro maestro nel far rendere al meglio ogni calciatore. E la conferma della sua abilità la confermano le prestazioni di chi è andato via: nessuno è mai riuscito a ripetersi lontano da Bergamo. L’Atalanta gioca all’europea, diverte e vince, pur non avendo, salvo qualche eccezione, giocatori eccellenti dal punto di vista tecnico. E questa mancanza la paga in Europa dove la filosofia è diffusa e incontra avversari dal tasso tecnico più elevato.

L’avventura europea, nella massima competizione, come la vede? 

Credo sia un’esperienza da prendere così come viene. Come diceva Nelson Mandela: o vinci o impari. È una tappa necessaria nel processo di crescita dell’Atalanta, un primo passo per crearsi una dimensione europea stabile. Quando l’Atalanta si strutturerà e i giocatori forti saranno contenti di venire a Bergamo a giocare allora sarà la svolta: ma il percorso che la società sta facendo porterà la squadra a essere una grande del nostro campionato. Rimane un solo interrogativo: cosa succederà dopo Gasperini?

Ci pare di capire che le piacerebbe giocare in questa Atalanta. 

Sì, perchè gioca un bel calcio.

Si rivede in qualcuno dei difensori in rosa?

Onestamente no ed è anche difficile fare paragoni, il mio era un calcio completamente diverso in cui la fase difensiva era una questione personale. Eri tu contro l’attaccante, se sbagliavi la colpa era la tua. Ed era meglio, perchè solo capendo gli errori puoi migliorare, si era più responsabilizzati. Oggi invece si tende a ragionare di reparto e spesso i difensori pagano la scarsa concentrazione e questa suddivisione della colpa. Posso dire, però, che mi piace molto Andrea Masiello, per la sua intelligenza calcistica e per il sapersi sempre mettere nella giusta posizione.

Si vuole lanciare in un pronostico? 

Duro lavoro e idee dell’allenatore sono gli elementi che fanno diventare grandi: mi piacerebbe vincesse l’Atalanta.

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