Una ragazzina semplice, con la passione per la ginnastica ritmica, i primi diari tenuti gelosamente e con qualche fotografia delle amiche, qualche sorriso in gruppo. La scuola, la vita regolare, giusto dieci numeri di telefono memorizzati in rubrica sul primo cellulare che i suoi genitori le avevano regalato. Tanti motivi per sorridere alla vita e a quella palestra, il suo mondo preferito, a due passi da casa. Si chiamava Yara Gambirasio.
Il 21 maggio di quest’anno avrebbe compiuto 14 anni. Invece una forza cattiva se l’è portata via mentre camminava verso casa, appena uscita dalla palestra, dove andava spesso, ad allenarsi. Una campionessa di ginnastica. E’ difficile sapere quel che proveranno il 21 maggio le persone che volevano bene a Yara. O forse, più semplicemente, proveranno quel che hanno già provato da quasi sei mesi a questa parte. Dolore, reso più profondo dall’incertezza, dalla mancanza di verità. E oggi finalmente attenuato, almeno un po’, dalla decisione del pm di Bergamo Letizia Ruggeri di restituire la salma alla famiglia, decisione che consentirà di porgerle l’ultimo saluto, probabilmente la porssima settimana.
Stilare un bilancio sulle circostanze note e certe di questo mistero che avvolge la morte di Yara sarebbe semplicissimo, quanto drammatico: si sa ben poco. C’è qualcuno che l’ha portata via con cattive intenzioni fin dall’inizio. L’ha fatto capire chiaramente, forse, il cellulare di Yara, che si è spento nel giro di pochi minuti dalla scomparsa. Questa è una certezza.
Quel qualcuno non ha un volto, non ha un nome. E’ così da molto tempo. Per trovare quel nome, per arrivare ad una svolta, gli investigatori credono ancora che il corpo di Yara possa parlare. Credono ancora che quei momenti di strazio tra l’erba alta del campo di Chignolo d’Isola, possano ancora in qualche modo coincidere con un punto di svolta. Per questo il corpo di Yara è ancora all’istituto di medicina legale di Milano, per analisi lunghe, approfondite, meticolose. Una procedura necessaria per un caso così, dicono gli inquirenti. Una procedura, che almeno in parte, aggiunge altro dolore. Una ragazzina che non c’è più, che se n’è andata con la sua triste verità. Chi le voleva bene attende quella verità.
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