Non ci sono solo i codici genetici di dieci persone pregiudicate per aggressione o reati di caratteresessuale, a disposizione degli inquirenti che si occupano del caso Yara. No, polizia e carabinieri hanno anche nel cassetto il dna di 40 persone che, nella prima fase delle indagini, quindi fino a prima del ritrovamento del cadavere, erano state sentite o in qualche modo interessate dall’inchiesta sulla ragazzina scomparsa e poi ritrovata morta. Secondo indiscrezioni si tratterebbe di codici genetici, o dna, sottratti ai diretti interessati in modo "coattivo", vale a dire di nascosto, da tazzine di caffè, sigarette, bicchieri d’acqua e quant’altro.
La legge ormai prevede che tramite una richiesta del pm approvata dal gip il prelievo di dna può essere anche imposto a qualsiasi soggetto anche se non indagato. Ma è ancora una via che pochi percorrono. E a nessuna delle persone ascoltate per il caso Yara è stata proposta anche l’altra via possibile, ovvero quella di sottoporsi volontariamente ad un prelievo di saliva. Insomma in un modo o nell’altro il dna di altre 40 persone c’è. E’ stato sottratto alle persone ascoltate, alcune anche della cerchia di conoscenti di Yara. Potrà essere utilizzato per un confronto con eventuali tracce biologiche che saranno trovate sul corpo o sui vestiti di Yara, delle quali non si sa ancora nulla. Ma non potrà essere una prova ufficiale, proprio perchè "rubato" sotto il naso ai diretti interessati. Entro domani, mercoledì 9 marzo, dovrebbe arrivare sul tavolo del pubblico ministero Letizia Ruggeri una prima relazione da parte dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, con alcuni primi risultati dell’autopsia. Giusto ieri, invece, è saltato un vertice tra il medico e il pm.