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Pausa cappuccino

Al Grande Fratello un Braccobaldo bergamasco

Con questo primo pezzo sulla saga del Grande Fratello comincia una nuova rubrica settimanale. "Pausa cappuccino", affidato ad una penna misteriosa, vuole essere un momento di riflessione scherzosa, di divertimento e di provocazione. In mezzo a tante notizie belle e brutte, ecco una pausa ristoratrice.

Con questo primo pezzo sulla saga del Grande Fratello comincia una nuova rubrica settimanale. "Pausa cappuccino", affidato ad una penna misteriosa, vuole essere un momento di riflessione scherzosa, di divertimento e di provocazione. In mezzo a tante notizie belle e brutte, ecco una pausa ristoratrice.

Primo: io sono nata qui.
E, da orgogliosa bergamasca, ho abitato per anni fuori Italia e molto viaggiato su e giù per la nazione. Voi pure.
Quante volte vi han chiesto la provenienza, per illuminarsi subito e gratificarvi con un meraviglioso “Berghem de sü o Berghem de giü?”, orgogliosi di tanta colta elasticità linguistica?
Va be’, son gli stessi che proclamano “it’s more supermarket” per confidare un indirizzo conveniente al disperato tedesco in gita, ma siamo onesti, avercene così.
Bergamo, dunque, è nota e provoca insane imitazioni dialettali.
Secondo: io guardo il Grande Fratello, e m’ imbarazzo, perché corredo sempre il concetto di motivazioni da sociologo on-line, da entomologo catodico. Bieche scuse, in parte.
Vile ma consapevole, tuttavia, ricordo un primo anno entusiasmante, con finale vissuta a cena insieme a venti amici, tutti al cellulare coi figli a casa. Un boato accolse oste e zabaioni.
Seguirono anni falsati dalla consapevolezza, loro e nostra, ma ancora interessanti, soprattutto perché quella famigliola artificiale ci spiegava molto di più di un discorso alla nazione. C’erano copioni, il bello era rintracciarne il subliminale.
Infine, un paio d’anni di mortale noia, inspiegabile. Sino ad ora. 
Si, perché ora uno di Noi è tra di Loro, un bergamasco di giü è nella casa, un virgulto autoctono va in trasferta e non per sprangare cofani sampdoriani. 
Va per impastare pane e diffondere onestà, disciplina e rigore morale. 

Va perché noi bergamaschi non ci siamo mai: mai tra i vincitori delle trasmissioni a premi (“Vince un asciugatutto classe A la signora Ines di Grottapelosaaa!), mai tra i concorrenti o gli intervistati.
Certo, pratichiamo un cadenza verbale che nuoce alla musicalità di una trasmissione, e siamo mediamente ilari come un cespuglio di bosso, ma abbiamo sempre sopportato l’ingiustizia speranzosi.
Speranzosi, appunto.
Che botta.
Il nostro giovane baluardo è entrato in gioco dolce e tenero, morbido per malattia professionale. Ha messo le sue braccia infarinate al servizio della causa – una fame da rissa – ed i suoi segreti al servizio del gioco – una quantità indistinta di padri di varie regioni, qualche lacrima ed una fiducia nel futuro che in confronto Rossella O’Hara era un’ ameba – ma poi….
Per due settimane ha taciuto. Sempre. Aggredito dai compagni , si è svegliato, e lì si è consumata la tragedia.
Noi, da casa, guardiamo sconfortati. Vediamo in giro per la città migliaia di giovani vivaci, vivi, curiosi, e volgiamo lo sguardo allo schermo per ritrovare quegli occhi da Braccobaldo, quel corpo che cerca di aggiungersi al gioco ma che non sa mai come toccare, come dire, come scherzare.
Gli altri fanno massaggi e grattini, e lui chiede un “grattuggino”; loro tradiscono o amano, e lui si sceglie il migliore amico e gli regala un braccialetto, nel segreto della cameretta. 
Finge dimestichezza coi reggiseni da allacciare qua e là, ma lo fa ad occhi chiusi, e quando cattura un compagno lo sfianca di banalità epocali, lo sommerge di “per ognuna persona di noi”, e gli da’ il colpo di grazia con suggerimenti modaioli.
Io, sveglia di notte, lo tengo come sottofondo: i suoi “alla fin fine” sono più dei miei battiti cardiaci, e aiutano il sonno.
Posso dormire bene ancora per un po’: sinchè sarà così, i compagni non lo voteranno. Non occorre.

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