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Didattica (non pù) a distanza

Quella prof che piange e ci emoziona: è una lezione di umanità

Una studentessa che vuole rimanere anonima ci invia la testimonianza di una lezione sui generis: la dad ha ridotto le distanze. Finalmente. 

Una studentessa che vuole rimanere anonima ci invia la testimonianza di una lezione sui generis: la dad ha ridotto le distanze. Finalmente.

Molti studenti universitari sono tutt’ora impegnati a svolgere le lezioni a distanza e ciò significa valutare la propria routine accompagnati da un computer di fronte agli occhi. Più volte, nell’arco di questa pandemia che ha portato a un distanziamento sociale, abbiamo fatto riferimento alla perdita di contatti sociali, ossia alla carenza di vedere faccia a faccia le persone, di relazionarsi e interagire senza l’uso di schermi. In molti casi, però, se gli studenti universitari hanno vissuto la distanza sociale dai propri amici, colleghi, professori, hanno anche vissuto la loro carriera universitaria a distanza, tra cui lezioni, esami, lauree. Se da un lato questa lontananza non porta ad una reale soddisfazione nel perseguire i propri obiettivi (la proclamazione nel salotto di casa non è ambita da nessuno), dall’altro cresce sempre di più la necessità di vivere emozioni che ora sono limitate.

Nell’arco della propria carriera universitaria, ogni studente incontra insegnanti che usano diversi approcci per tenere le lezioni, ma i professori più ostici sono quelli che valutano i ragazzi come esseri che devono essere passivi e al loro posto. Nell’arco degli ultimi mesi mi è capitato di avere un professore che non apprezzava gli interventi dei suoi stessi studenti. Il microfono doveva stare spento, la webcam era meglio non accenderla e come unico mezzo di dialogo restava la chat. Di conseguenza gli studenti scrivevano messaggi per avere chiarimenti, sollevare questioni o intervenire, rimanendo spesso senza risposta. Se il rapporto professore-studenti c’era nella teoria, nella pratica era estremamente asimmetrico e vuoto di umanità, un rapporto basato sul silenzio e sull’invisibilità dei ragazzi in contrapposizione alla voce dell’insegnante.

Quante volte gli studenti universitari si sono sentiti unicamente dei numeri? Quante volte gli studenti hanno chiesto un rapporto diverso, umano, empatico e hanno chiesto di essere ascoltati concretamente? Si cerca un rapporto che vada oltre la teoria, i libri, le definizioni, un rapporto che sia arricchito dalle emozioni.

Sono proprio queste, le emozioni che una professoressa ha avuto modo di veicolare agli studenti, me compresa, e l’ha fatto nel modo più diretto e incontrollato possibile: le lacrime.

Immaginate di sedervi alla vostra scrivania, accendere il computer e prepararvi per una lezione di tre ore, finché, dal nulla, compare la vostra insegnante e la vedete provata, sinceramente a pezzi. Inizia a parlare, a dire che non era certa di riuscire a fare lezione perché non era un bel momento, che era difficile e inizia a trattenere con fatica le lacrime, finché qualcuna le sfugge. Dal nulla e in maniera del tutto inaspettate, i ragazzi sono stati inondati da questa emozione così pura e incontrollata: la tristezza.

Per la prima volta gli studenti sono stati considerati non unicamente per la loro posizione accademica, bensì esseri umani in grado di comprendere il dolore di una persona. Hanno riconosciuto, attraverso le proprie webcam, che il gesto di questa donna è stato un dono, un insegnamento che vale più di ogni nozione teorica o spiegazione.

Una semplice emozione si è trasformata nel più grande segno di rispetto che si possa ricevere: quello di essere considerati così meritevoli da poter osservare le fragilità altrui, senza alcun pregiudizio. Da semplice lezione universitaria si è arrivati ad avere una lezione ben più grande chiamata “empatia e umanità” e gli studenti si sono ritrovati a trattenere le lacrime con lei, a farle forza, a ringraziarla per il suo gesto umano e per averli trattati da persone e non da semplici studenti passivi. La lezione teorica è stata poi fatta, ma non è paragonabile alla lezione di sentimento che si è tenuta.

In un mondo di connessioni digitali, ci dimentichiamo sempre più spesso dell’importanza della connessione umana e forse la società dimentica troppo spesso che ai ragazzi bisogna insegnare ad essere esseri umani prima di ogni teoria ed equazione.

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