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Le richieste

Picchia e violenta la moglie sotto minaccia di una pistola: il pm chiede una condanna a 9 anni e 3 mesi

Secondo l'accusa il quadro probatorio conferma il racconto della vittima. Lui in aula nega: "Rapporto conflittuale, anche lei mi colpiva con gli schiaffi. Non so come si è procurata i lividi"

Casirate d’Adda. Il pubblico ministero Paolo Mandurino ha chiesto una condanna a 9 anni e 3 mesi per G.M., operaio 35enne, accusato di maltrattamenti e violenza sessuale aggravata nei confronti della moglie, 28 anni, estetista. “Le condotte messe in atto dall’imputato sono gravissime, un rapporto fatto di botte e di umiliazioni. La parte offesa non poteva parlare con nessuno, non aveva accesso ai social, non aveva amici” ha dichiarato il sostituto procuratore nelle sue conclusioni. Ed ha elencato gli innumerevoli episodi di violenza a cui, secondo l’accusa, veniva sottoposta la donna.

Ha raccontato di quella volta in cui l’uomo l’aveva legata ad un albero mentre lei era incinta, e l’aveva brutalmente picchiata; un altra in cui era stata colpita con un bastone di metallo; di quella volta che lei aveva riso per una battuta fatta da un comico in tv scatenando le ire e la violenza di lui. Lui, che pretendeva che la moglie desse del lei a chiunque, anche ai genitori e se non lo faceva erano botte. Lui, che le aveva persino insegnato a bere come voleva lui dalla bottiglietta, e se la 28enne sbagliava volavano schiaffi.

Il pm ha ripercorso quanto dichiarato in aula dalla donna: “La versione fornita dalla vittima è perfettamente credibile. Ci sono riscontri esterni, ci sono certificati medici che testimoniano le lesioni con prognosi di più di 20 giorni, ci sono i messaggi di lui con gli insulti, per altro odiosi perché si riferivano alle condizioni fisiche della vittima e a questioni di salute, ci sono le minacce di morte e le testimonianze di persone che hanno riferito in aula quanto hanno visto: un taglio su un braccio, un dito gonfio, una ferita su un gluteo, lividi e segni di strozzamento sul collo. C’è una notizia di reato da parte dell’ospedale di Monza ai carabinieri”.

G.M. nell’udienza di mercoledì 8 maggio ha raccontato la sua versione dei fatti. Ha negato le violenze “il nostro era un rapporto conflittuale, le avrò dato 3, 4 sberle durante tutto l’anno in cui siamo stati insieme. Anche lei mi picchiava, era molto gelosa”.

Gli ematomi e le ferite? “Le aveva già, erano quelle degli interventi chirurgici che aveva subito”. E i lividi sul collo? “Facevamo sesso spinto, con schiaffi e manette, ma non l’ho mai strozzata”. L’episodio dell’albero? “Non è mai avvenuto. Non sapevo che era incinta anche perché io assumo anabolizzanti da 12 anni, che rendono sterile. Lei frequentava altri uomini, in particolare sudamericani”.

Nel gennaio 2023, secondo l’accusa e il racconto della vittima, la coppia è in auto e lui comincia a picchiare la donna con violenza. Lei riesce a scendere e si rifugia in una banca chiedendo aiuto: “Non l’ho picchiata. Stavamo discutendo in macchina perché lei era gelosa dato che vedevo un’altra. Sono andato a prelevare al bancomat e quando sono tornato lei non c’era più”.

L’11 maggio 2023 sarebbe avvenuta la violenza sessuale. Il rapporto tra i due si era da poco interrotto, la 28enne aveva scritto un messaggio al marito perché voleva andare a recuperare le sue cose e la sua auto nella casa dove i due convivevano. Nella chat Whatsapp lei si dimostra disponibile sessualmente “e non c’è nulla di strano – spiega il pm -. Lei stessa ha detto che era innamorata del marito, che era attratta da lui, ma il comportamento in quel caso era finalizzato a rientrare in possesso delle sue cose. I due si sono incontrati e lì è avvenuta una brutale aggressione, con lui che l’ha picchiata, le ha messo del nastro adesivo sulla bocca per non farla urlare, l’ha legata con una corda, le ha fatto vedere una pistola e l’ha minacciata di morte. Poi c’è stato il sesso sotto minaccia di un coltello che lui le aveva più volte avvicinato al viso. Tra i messaggi consenzienti e il rapporto c’è di mezzo un pestaggio”.

La madre dell’imputato ha riferito in aula di una relazione travagliata, dove il figlio veniva manipolato dalla moglie: “Lui era stanco, lei andava e veniva. Per colpa sua ha anche perso il lavoro, dato che è rimasto a casa 6 mesi in malattia”. Ma il pm ha incalzato la teste: “Signora, in quel periodo però suo figlio è stato arrestato per rapina a mano armata ed è finito in carcere”. G.M. infatti si trova tutt’ora detenuto n per le 4 rapine che gli vengono contestate e delle quali è in attesa del processo, ma per i maltrattamenti alla moglie. Anche la donna è indagata a piede libero per le rapine portate a termine dal coniuge e da un’altra coppia di amici in due sale slot di Martinengo e Brembate e in un bar di Treviglio.

Il prossimo 5 giugno la parola passerà al difensore e successivamente il Collegio giudicante emetterà la sentenza.

 

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