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Fare del bene al prossimo e farlo meglio: è l’”altruismo efficace”, la scienza che ottimizza le nostre donazioni

“Esiste anche la donazione di sé stessi, delle parti di sé. Quando si rinnova la carta d’identità si può scegliere di diventare donatori di tessuti e di organi. Con la donazione di organi, che non comporta rischi, si può arrivare a salvare fino a 7 vite”

Bergamo. Scienza e cuore possono sembrare due dimensioni inconciliabili: ragione e calcolo da un lato, istinto e sentimento dall’altro. A meno che l’una non riesca a nutrire l’altro. A meno che persino l’evidenza scientifica non ci aiuti ad essere persone capaci di fare del bene, meglio. È proprio questo lo slogan di Altruismo efficace, il movimento filosofico-sociale globale che attraverso la ricerca studia quali pratiche di beneficienza sono più utili di altre con l’obiettivo di ottimizzarle, rendendo così il mondo un posto migliore.

A presentarlo al pubblico di BergamoScienza, sabato 8 ottobre, è stato il ricercatore del Centro Nazionale per la Ricerca ed esperto di bioetica Marco Annoni.

Il primo passo per riuscirci è quello di comprendere la disparità socio-economica nella quale viviamo. È chiaro – secondo Annoni – che se ognuno facesse la propria parte, debellare la povertà sarebbe davvero possibile. “Viviamo in una situazione di asimmetria, siamo molto più ricchi di molte altre persone in altre aree del mondo. E tutti acquistiamo abitualmente cose di cui non abbiamo bisogno e usiamo i nostri risparmi per cose che non ci servono davvero”. A parlare sono i dati. “L’Istat ci dice che il reddito lordo medio italiano è di 21 mila euro. Attraverso i nostri calcolatori scopriamo che avere un reddito di questi tipo significa appartenere al 5% delle persone più ricche al mondo. Il 95% per cento delle persone quindi sono in media più povere di noi. E – aggiunge Annoni – donare il 5% del proprio stipendio all’anno potrebbe finanziare ad esempio 1376 trattamenti contro le malattie causate dai batteri presenti nelle acque contaminate, ovvero salvare 0.4 vite ogni anno. Considerando una vita lavorativa di trent’anni, al termine della propria carriera, ogni persona può salvare 12 vite”.

Di esempi se ne potrebbero fare tantissimi, e non solo di natura economica. Perché non si dona soltanto col portafogli.

“Esiste anche la donazione di sé stessi, delle parti di sé. Quando si rinnova la carta d’identità si può scegliere di diventare donatori di tessuti e di organi. Con la donazione di organi, che non comporta rischi, si può arrivare a salvare fino a 7 vite”.

Annoni BergamoScienza

Eppure qualcosa non scatta dice Annoni: “Spesso quando facciamo sondaggi scopriamo che la maggior parte delle persone sono favorevoli alla donazione, ma poi non fanno la crocetta”.
E allora cosa spinge una persona a fermarsi prima, a non dare seguito alle proprie parole? Forse, quello che manca, è un po’ la cultura del dono. “Prendiamo come esempio il 5X1000. Quando doniamo un euro ci viene detto quanto di quell’euro viene impiegato per contribuire alla causa a cui aderiamo, poniamo ad esempio 90 centesimi. Bene. Ma non ci viene detto quanto quei novanta centesimi impatteranno sul mondo. È questo il gap tra la conoscenza dell’Altruismo efficace all’estero e in Italia. In Italia questi numeri non ci vengono dati”.
Proprio qui entra in gioco Altruismo efficace. “Ci sono organizzazioni – spiega lo studioso – che sono 100 volte più efficaci di altre a cui doniamo i soldi. E quindi dando pochi soldi, ma alle cause giuste, possiamo avere un impatto su centinaia di persone”. Non sempre le donazioni che facciamo sono davvero quelle che più incidono sul prossimo. Ma qual è allora il modo migliore per donare e salvare più vite possibili? “Cercando i dati delle associazioni – risponde il ricercatore del Cnr -. Esiste una piattaforma, GiveWell, che è il primo programma di comparazione tra realtà che fanno beneficienza in grado di dare l’idea di quanto vengono massimizzati i soldi investiti in donazioni, perché prevede un ranking delle cause più efficaci. Oggi realtà come GiveWell permettono di calcolare il bene che facciamo”.

Annoni BergamoScienza

Ma non è solo puro e freddo calcolo. Il movimento, infatti, nasce nei dipartimenti anglosassoni di Filosofia morale. “La filosofia morale ci costringe a chiederci quali sono i nostri valori. Ognuno deve chiedersi che impatto vuole avere sul mondo”. L’Altruismo efficace porta a tracciare una linea netta sul confine tra aiutare e non aiutare l’altro. “È giusto non farlo? Io credo di no. Questo ci impone di pensare a come usare in maniera diversa i nostri soldi, a pensare all’impatto che possono avere”. Si può imparare a fare del bene e a farlo meglio anche e soprattutto con la scienza. “Se pensate che un libro di filosofia non possa fare la differenza vi sbagliate – conclude Annoni -. La ricerca cambia il mondo come nient’altro. In Italia, però, siamo un po’ refrattari a questo modo di vedere le cose”.

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