• Abbonati

Arte

Triennale di milano

Dicho, un progetto di architettura tra Milano e Tbilisi

La Triennale di Milano è oggi collegata alla Biennale di Tbilisi grazie a un doppio padiglione ideato da (ab)Normal, un collettivo di architetti italiani di stanza tra Rotterdam e Milano. Fino al prossimo 4 novembre “Dicho”, un’installazione a scomparsa sotto l’aspetto apparente di una tenda blu, flessibile e scenografica, crea – tra Milano e la capitale georgiana – un link ibrido, tra lo spazio fisico e il cyberspazio, che contamina il reale e il virtuale giocando tra architettura solida e architettura immaginata. Un progetto in dialogo streaming non stop di cui si può avere un assaggio collegandosi allo streaming link www.twitch.tv/abnormal_story .

Ne parliamo con il bergamasco Davide Masserini, uno dei membri del collettivo (ab)Normal, nato nel 2017 a Rotterdam dall’incontro di quattro architetti italiani cresciuti al Politecnico di Milano.

Come è nato il progetto?

Il progetto Dicho nasce come risposta alla open call della Biennale di Architettura di Tbilisi 2020, il cui tema è “What do we have in common?” – “Che cosa abbiamo in comune?”. Ciò che ha accomunato le persone negli ultimi mesi, accostando tutte le differenze culturali, politiche, religiose, è stato il mondo digitale; la nostra proposta tende ad esaltarne i vari aspetti, ospitando virtualmente e fisicamente artisti, designers e creators da tutte le parti del mondo.

Che cosa è Dicho? Per chi non conosce questo mondo, come il vostro progetto parla al pubblico?

Sviluppata in occasione della Biennale di Architettura di Tbilisi 2020, Dicho è un’installazione che mette in evidenza il carattere universale e omologante dello spazio digitale. Due piccole infrastrutture con superfici a scomparsa cromatica, dislocate a Milano e Tbilisi, costituiscono lo spazio di confronto tra giovani spatial designers e le nuove figure di content creators digitali, streamers o youtubers. Dicho è, insomma, uno spazio d’incontro cucito su misura delle nuove forme di imprenditoria digitale (YouTube, influencer …) nato come base per la creazione di una nuova tipologia di habitat domestico, compresso nell’interfaccia ed esploso nell’infrastruttura della rete.

Questi padiglioni sono più dei luoghi o dei non-luoghi?

I padiglioni hanno un duplice carattere, possono essere considerati dei luoghi, in quanto pensati come spazi fisici in cui i visitatori possono scattarsi foto utilizzando lo sfondo come chroma key, ma allo stesso tempo anche dei non-luoghi, perché proprio il colore blu dello sfondo permette un’interazione digitale e la conseguente creazione di scenari utopici. Con questa operazione (ab)Normal propone il prototipo di uno spazio neutrale, e per tale caratteristica flessibile nell’acquisire qualsiasi sembianza; una superficie a scomparsa cromatica, dove generare qualsiasi sfondo lo user necessiti per raccontare la propria versione della realtà.

Queste infrastrutture sembrano interpretare l’architettura che verrà. Avranno vita anche al di fuori di Milano e di Tbilisi?

Ci troviamo in una fase storica “post-Internet” in cui una nuova tipologia di spazio sta andando a delinearsi all’interno dello spazio domestico – lo spazio per lo streaming . Ci piacerebbe poter indagare più a fondo cosa questo significhi e quali implicazioni comporti.

dicho triennale di milano

In che modo questo tipo di progetto si rapporta al mondo dell’arte?

Dicho può essere visto sotto diverse sfaccettature, una tra tante come facilitatore culturale: nel denso programma di eventi e take over di tre settimane infatti, ci sono numerose partecipazioni di artisti e designers – da David Oreilly a The Pleasure Paradox, da Ana Gzirishvili a Gints Gabrans.

Se volessimo definirlo con una metafora, Dicho è più un contenitore, una vetrina, uno specchio?

Più che un contenitore, Dicho può essere considerato un’interfaccia o un mezzo di cui l’utente può usufruire.

State curando altri progetti nell’ambito del digitale o questo è stato una parentesi?

(ab)Normal nasce in digitale. Il nostro studio nasce focalizzandosi prettamente sulla creazione di immagini, toccando svariate tematiche ma tenendo come basi solide le nostre ossessioni per il mondo tecnologico, per la natura, per i videogiochi. Negli anni il raggio d’azione si è evoluto in diverse direzioni, andando a toccare design, scenografia, curatela, ma tenendo l’ambito digitale come leitmotif.

Qual risultato vuole raggiungere Dicho?

Dicho non è un risultato ma piuttosto un punto di partenza per la ricerca di una nuova tipologia di domesticità.I due padiglioni mettono in risalto ed estremizzano quello che negli ultimi anni sta diventando una realtà quotidiana per molte persone, ovvero la creazione di contenuto digitale – banalmente dal ragazzo che gioca a Fortnite, all’imprenditore che fa una Zoom videocall con un cliente dal salotto di casa.

Quale il prossimo da realizzare?

In quattro anni di vita dello studio siamo cresciuti sempre più in termini di scala lavorativa. Siamo nati nel digitale creando immagini complesse ed ora Dicho è l’ultimo nostro tentativo di abbattere il muro tra il mondo digitale e il mondo fisico, creando un dialogo diretto tra i due. In linea con la nostra educazione da architetti, le nostre ambizioni future ci portano a voler crescere sempre più di scala, per tastare con mano il mondo delle costruzioni, un mondo in cui vorremmo addentrarci dimenticando la radicalità ma concentrandoci sull’aggressività.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
Ritratto di giovane gentiluomo di Fra Galgario
All'accademia carrara
“Ritratto di giovane gentiluomo”, esempio eccellente dell’arte di Fra Galgario
Buren Gamec
L'intervista
Le luci di Daniel Buren: “Una danza colorata, segno di speranza per Bergamo”
Generico settembre 2019
26/27 ottobre
Foto di architettura o ritratto? Il drone per riprendere l’essere umano e il contesto
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI