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Bn Kn, in scena la ricerca di Silvia Manfredini

In mostra al Centro Culturale San Bartolomeo fino al 10 febbraio la mostra "bn kn, la ricerca" di Silvia Manfredini. La mostra emerge un’indagine e una sperimentazione in continuo divenire su supporti di varia natura e spessore, in particolare le carte, sfruttando le trasparenze e le increspature che intervengono nel processo creativo

Cattura l’attenzione di molti lo striscione esposto da una decina di giorni in Largo Belotti fuori dal Centro Culturale San Bartolomeo. L’enigmatica scritta “bn kn, la ricerca” interroga il passante sulle variabili semantiche di ciò che qualcuno immagina un acronimo ma che un teen ager legge nella lingua degli sms come “bene con”. Varcata la soglia la mostra si svela come una bella personale della pittrice Silvia Manfredini, ma il rebus a dire il vero rimane.

L’allestimento, della curatrice Elisabetta Calcaterra, è intelligente ed efficace, articolato com’è su due binari, da una parte le opere in bianco/nero e di fronte, quasi a specchio per temi e per rimandi iconografici, quadri dalla vivida, rutilante policromia.

Una ricerca, quella di Silvia Manfredini, che serba traccia della lezione di Longaretti e Salvadori di cui l’artista è stata allieva, ma che ha conquistato una libertà formale e tecnica che ne fa una delle voci interessanti e vitali della nostra cultura pittorica attuale. La mostra percorre i temi cari all’autrice, nature morte, scorci di figura, paesaggi aperti al mutare delle stagioni e interni di studio sensibili agli umori e al sentimento: emerge un’indagine e una sperimentazione in continuo divenire su supporti di varia natura e spessore, in particolare le carte, la carta paglia, la carta pacco, la carta spolvero, intelate o fatte aderire ad altro sostegno sfruttando le trasparenze e le increspature che intervengono nel processo creativo, ma anche la più tradizionale tela o la juta con la sua grana più larga e consistente, che riserva piacevoli sorprese.

Sapienza compositiva, sensibilità luministica, molto acrilico, poco olio, qualche contaminazione di materiali e di inserti, nel complesso un’ottima prova con il colore. Ma il pubblico ha molto gradito anche i lavori a carboncino, china e acrilico in mono-cromo, in cui Silvia Manfredini abbandona le delizie del colore per raccogliersi nella tensione di un racconto più interiore.

Una sfida riuscita quella del bianco/nero, non facile con i puri mezzi pittorici, e che l’artista affronta da qualche tempo, in particolare da quando la sua indagine si è spinta ai confini dell’a-figurazione e dell’astrazione, di cui in mostra ci sono vari e notevoli riscontri. E’ in questa direzione che si svela, forse, il titolo dell’evento, destinato comunque a lasciare aperte curiosità e incertezze. Un saggio del 1935 del critico d’arte Carlo Belli, poi definito da Kandinsky “il vangelo dell’arte astratta”, propone la pittura come combinazione, K, del colore con la forma in N aspetti, sicché semplici indicazioni algebriche, come K, K1, K2 bastano a identificare l’opera, espropriata di soggetto, titolo e persino firma dell’autore.

Astrazione come liberazione totale dello spirito, dunque, come nuova visione delle cose. La proposta di Silvia Manfredini declina questo spunto sulla propria personalità e aggiorna la formula kn con la sigla bn, implicita allusione al bianco/nero, in una sorta di sintesi in codice dei valori – esplorati in mostra in una variabile N di aspetti – di colore, forma, bicromia luce-buio. Nell’epoca dei loghi e delle catchwords, complice il fascino enigmistico dell’abbreviazione, questa almeno è la chiave di lettura che abbiamo provato a comporre.

La mostra è aperta fino al 10 febbraio nei seguenti orari: 10-12, 16-19.

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