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Il paradosso

Sorisole, preti pedofili e minori con condanne nella stessa struttura

Don Marco Baresi, condannato per abusi su minore, uscirà dal carcere di Bergamo per scontare il resto della pena al Patronato san Vincenzo di Sorisole. Lì trovano alloggio sacerdoti in attesa di giudizio o già condannati per pedofilia. Ma lì trova spazio anche la comunità don Milani che accoglie giovani vittime di sfruttamento o violenza, o agli arresti. E' opportuno?

Un sacerdote, detenuto dal febbraio 2013 nella casa circondariale di via Gleno, dove sta scontando una condanna definitiva a sette anni e quattro mesi per abusi su un minore che frequentava l’istituto scolastico e per detenzione di materiale pedo-pornografico trovato nel proprio computer, a marzo potrebbe lasciare il carcere di Bergamo.

E’ don Marco Baresi, ex vicedirettore del Seminario diocesano di Brescia, che dopo aver scontato oltre 4 anni ai domiciliari, ora è in carcere a Bergamo a seguito della condanna definitiva stabilita dalla Cassazione nel febbraio 2013: sette anni e 4 mesi.

Ma dove andrebbe don Baresi a scontare il resto della sua pena?

La struttura individuata è il Patronato San Vincenzo di Sorisole, diretta da don Fausto Resmini, coordinatore dei cappellani delle carceri lombarde e cappellano di quello di Bergamo. Dentro le mura del Patronato San Vincenzo trova spazio anche, dal 1978, una comunità di accoglienza per minori denominata “Don Lorenzo Milani”.

LA COMUNITA’ PER MINORI

A questa comunità sono affidati minorenni con un’età compresa tra i 14 e i 18 anni che, per decreto del Tribunale dei Minori, vengono cautelativamente allontanati dalle loro famiglie: vittime di sfruttamento e violenza; minori agli arresti domiciliari; minori in custodia perché arrestati in flagranza di reato; minori passati in giudicato e per i quali è stata accertata la pericolosità sociale. La comunità offre accoglienza anche a minori stranieri non accompagnati ed a giovani richiedenti asilo politico e profughi. Inoltre si offre accoglienza notturna a tutta una serie di giovani senza fissa dimora ed ad adulti con diversi problemi di emarginazione grave.

Eppure, è proprio dietro l’alta siepe che circonda il villaggio dei fanciulli voluto da don Bepo Vavassori a Sorisole, che i vescovi delle dieci diocesi lombarde (Bergamo, Brescia, Crema, Cremona, Milano, Vigevano, Pavia, Como, Lodi e Mantova) anni fa hanno deciso di aprire in gran segretezza una comunità di pronto intervento e accoglienza per preti incappati nella giustizia: indagati o addirittura già condannati per pedofilia o per aver commesso abusi su minori. Una struttura d’emergenza dove trascorrono lunghi periodi anche sacerdoti affidati ai servizi sociali per adulti.

Nella maggior parte dei casi questi religiosi, nonostante la condanna, continuano la loro vita pastorale per di più vicini, vicinissimi, ai ragazzi accolti al Patronato. In questa struttura sono stati accolti negli ultimi anni sacerdoti che sono saliti alla ribalta della cronaca giudiziaria proprio per i loro abusi sui minori.

I CASI E I PRECEDENTI

Come don T. B. 62 anni, un lungo curriculum di spostamenti in tantissime parrocchie d’Italia, da Trezzano sul Naviglio a Roma. Parrocchie e oratori da dove è dovuto fuggire, denunce causa per pedofilia, trovando per anni riparo anche nella comunità Villa Iride dei padri Venturini, che esiste per preti pedofili, sul lago Maggiore, a Verbania.

Al Patronato San Vincenzo di Sorisole, pizzicato da un servizio televisivo delle Iene, ha trovato rifugio fino a poco tempo fa anche don A. L. 65 anni, già vicario parrocchiale a Cologno al Serio, accusato di abusi sui minori, o ancora don V. S., della diocesi di Milano, finito sotto inchiesta e poi condannato per abusi sessuali e possesso di materiale pedo-pornografico.

Tanti i ragazzini che nell’arco di oltre dieci anni sarebbero stati avvicinati dal religioso che, con la scusa di scattare fotografie, li denudava e faceva “avances” nei loro confronti. Per anni avrebbe prodotto in proprio quel materiale pornografico con adolescenti trovato dalla polizia, diligentemente catalogato, nella canonica di un paesino di Varese, sul lago Maggiore dove il sacerdote ha svolto il suo compito di pastore di anime. Ancora oggi è in affidamento ai servizi sociali ospite del Patronato San Vincenzo.

Sempre a Sorisole era stato ospitato don S. R. 51 anni di Masano di Caravaggio che nel 2010 era finito nel mirino della trasmissione televisva Le Iene con l’accusa di aver molestato due ragazzi fingendo di fornire loro un supporto spirituale. Per quegli episodi documentati dalle telecamere il vescovo di Cremona, monsignor Dante Lanfranconi, lo aveva sollevato dal proprio incarico al Santuario di Caravaggio. Così don S.R. aveva trovato riparo al Patronato di Sorisole per alcuni mesi fino a quanto, stanco della pressione a cui era stato sottoposto, decise di togliersi la vita alla fine novembre 2010.

Accanto alla comunità per minori di Sorisole sono stati ospitati in questi anni sacerdoti di Cremona e di Milano. Ognuno con una storia che racconta una provincia italiana dove, ancora, “i panni sporchi si lavano in famiglia”. O in parrocchia.

I LUPI E GLI AGNELLI

“Lavare i panni sporchi in famiglia” non è certo una citazione evangelica, che del resto dice il contrario (“È inevitabile che gli scandali accadano”), ma è diventata una pratica che dovrebbe nascondere il più spiacevole dei problemi: la piaga della pedofilia non è una questione che ha colpito chiese e parrocchie lontane, ma è una realtà assolutamente presente a Bergamo, cuore del cattolicesimo. Possibile che nessuno si sia chiesto come possano coabitare nella stessa struttura molestatori e vittime? O forse, biblicamente parlando, lupi e agnelli?

Don Fausto Resmini, a cui abbiamo posto queste domande risponde (lo potete leggere in un articolo a parte o cliccando qui) illustrando obiettivi e meriti dell’iniziativa ed esclude qualsiasi convivenza con i minori anche se, dice "è facile generalizzar ed equivocare". 

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