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Bergamo

La tecnica e l’eleganza di Alessandro Taverna emozionano il Donizetti

Al Festival Pianistico, applausi scroscianti per il pianista veneziano, che ha accompagnato il pubblico in un viaggio ideale a Vienna tra Berg e Strauss, passando per Gulda e Schubert

Bergamo. Applausi cadenzati e con un dinamismo in crescendo quelli che hanno richiamato sul palco Alessandro Taverna, pianista veneziano, appena conclusosi il programma della serata di venerdì 24 maggio al teatro Donizetti, in occasione della 65esima edizione del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo. Una serata che necessita di essere raccontata dalla fine, da quegli applausi, sorretti da qualche accenno di standing ovation, a richiamare per l’ennesima volta sul palco il pianista veneziano.

Un segnale inequivocabile del risultato della serata, con un programma denso che Taverna ha affrontato senza lunghe pause, compiendo un viaggio nel “Vienna Skyline”, sia in senso spaziale che temporale. Un viaggio nel quale il pianista veneziano (ospite del Festival Pianistico dal 2018) ha condotto il pubblico attraverso uno slancio ed un dinamismo accompagnati da una tecnica ineccepibile, capace di rendere al meglio anche nel passaggio tra classica e sonorità jazz.

Dinamismo che si rende protagonista sin dall’inizio, con la Sonata op.1 in si minore (1907-1908) di Alban Berg. L’unica opera per pianoforte scritta dal compositore austriaco, con un unico movimento centrale nel quale però si intersecano tre temi con cromatismi dei quali Taverna rende subito energicamente i contrasti e gli slanci, fino al terzo tema che, quasi svanendo, conclude il brano.

Una quiete apparente smorzata subito dal vulcanico “Allegro con fuoco ma non troppo”, primo movimento della Wanderer-Fantasie D760 (“Fantasia in do maggiore per pianoforte”, 1822) di Franz Schubert. Un tema di base variato che ritorna con una struttura ciclica, mentre Taverna stupisce il pubblico con i numerosi virtuosismi sulla tastiera presenti già ad inizio brano, che si rende un poco malinconico con l’Adagio prima di esplodere di nuovo con l’allegro finale. Il tutto concluso con un lungo e meritato applauso.

Una tecnica sopraffina che è stata misurata anche attraverso una chiave contemporanea, con la riproposizione di alcuni lavori del compositore austriaco Friedrich Gulda, che creano un ideale ponte tra l’area classica e le sonorità jazz, come in “Aria” e “Preludio e Fuga”.

Ancora complessità di esecuzione nello “Schatz-Walzer op.418” (“Valzer del tesoro”, 1885) di Johann Strauss, arrangiato da Ernst von Dohnányi. Un valzer che indica un mondo in disfacimento, riarrangiato e rielaborato a partire da un’aria dell’operetta “Der Zigeunerbaron”. Un climax nella composizione, sottolineato anche dall’ottimo dinamismo impresso sui tasti da Taverna, che si muove tra diverse sezioni di valzer, per raggiungere il punto più alto nel finale.

Quasi impossibile non riconoscere il tema presente nell’ultimo brano in programma (raramente eseguito), gli “Arabeschi su temi di Johann Strauss” che riprendono “Sul bel Danubio blu” del compositore viennese, allargandone la struttura attraverso una diversa serie di variazioni. Ancora una volta Taverna stupisce il pubblico con l’eleganza e la precisione del gesto, proponendo diversi cambi di direzione con virtuosismi magistrali compiuti all’interno di un brano tra i più famosi della musica mondiale. Un successo anche al Donizetti, con il suo pubblico capace di applaudire un musicista in grado di emozionare attraverso l’eleganza e la competenza del gesto. Ancora una volta, applausi a scena aperta.

Subito dopo i bis, tra cui un apprezzato Gulda tratto dal ciclo “Play Piano Play” prima dei saluti. Applausi dovuti ed insistiti sono piovuti dai palchi, investendo anche la galleria. Non resta a Taverna che presentarsi per l’ennesima volta, ricevendo i meritati applausi di un pubblico grato per l’emozionante e tecnicamente ineccepibile concerto al quale aveva assistito.

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