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Tribunale

Covid all’ospedale di Alzano, chiesta l’archiviazione per tutti gli indagati

Dopo le decisioni del Tribunale dei Ministri, restavano in piedi i reati di epidemia colposa, omicidio colposo, lesioni personali e falso ideologico contestati, a vario titolo, a Locati, Cosentina, Marzulli e Giupponi

Bergamo. La Procura di Bergamo ha chiesto l’archiviazione per l’inchiesta Covid per competenza territoriale. O meglio, per i capi di imputazione e gli indagati sui quali non si era espresso il tribunale dei Ministri, che già aveva archiviato le posizioni dei nomi più illustri: l’allora ministro della Salute Roberto Speranza, l’ex premier Giuseppe Conte, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera,  il presidente del Cts Franco Locatelli e i membri del comitato Silvio Brusaferro, Angelo Borrelli, Claudio D’Amario, Giuseppe Ippolito. 

Restavano in piedi i reati di epidemia colposa nei confronti di Francesco Locati, allora direttore generale dell’Asst Bergamo Est, del direttore sanitario Roberto Cosentina e di Giuseppe Marzulli, ex direttore medico e responsabile della gestione delle emergenze sanitarie dell’ospedale di Alzano.

I tre erano accusati anche di omicidio colposo “per non aver valutato il rischio, ragionevolmente prevedibile, e per non aver adottato tutte le misure tecniche, organizzative e procedurali al fine di contenere la diffusione del virus all’interno dell’ospedale Pesenti Fenaroli”.

L’altro reato che la procura contestava loro era quello di lesioni personali colpose per aver “cagionato per colpa una lesione personale da cui derivava la malattia Sars-Cov 19 di durata superiore a 40 giorni a 34 operatori sanitari dell’ospedale”.

Per questi tre reati la procura, nella sua richiesta di archiviazione, ha richiamato la decisione del Tribunale dei Ministri che non aveva ravvisato il nesso di causalità.

C’è infine il reato di falso ideologico, perché “attestavano in atti pubblici fatti non rispondenti al vero”. In particolare Cosentina scriveva in una nota del 28 febbraio 2020 indirizzata all’Ats di Bergamo che “non appena avuto il sospetto e la successiva certezza della positività al tampone, sono state immediatamente adottate le procedure previste”. Circostanza che la Procura riteneva falsa, in quanto la sanificazione del pronto soccorso e dei reparti non era ancora stata completata. Locati dichiarava, nelle relazioni dell’8 aprile e del 10 aprile 2020 che “nel breve lasso di tempo in cui il presidio è stato chiuso si è provveduto alla sanificazione degli ambienti con l’adozio9ne di tutte le misure previste dal protocollo vigente specifico per pulizia e sanificazione Covid-19”. Che dalle prime due segnalazioni “sono stati fatti tamponi a tutti i pazienti con sintomatologia respiratoria e anche a tutti i pazienti ricoverati indipendentemente dalla sintomatologia (…) agli operatori sono stati fatti tamponi partendo dai contatti stretti sintomatici, poi a tutti i contatti stretti asintomatici, e infine a tutto il personale presente”. Che “già dal 23 febbraio 2020 il pronto soccorso di Alzano prevede un percorso d’accesso separato per i pazienti sospetti Covid”. Circostanze che, secondo gli inquirenti, si rivelarono false.

Anche il direttore generale dell’Ats di Bergamo Massimo Giupponi risultava indagato per falso ideologico. In una nota del 28 maggio 2020 inviata alla Regione Lombardia in risposta a un’interrogazione dell’allora consigliere regionale Nicolò Carretta “attestava falsamente” che i pazienti transitati dal pronto soccorso erano stati trasferiti in altri presidi ed erano state create delle aree di isolamento per pazienti che accedevano al pronto soccorso con sintomi sospetti in attesa del tampone. Invece, secondo gli inquirenti, i pazienti positivi “erano rimasti stazionati nello stesso pronto soccorso per diversi giorni”.

Giupponi attestava anche che “dal 23 febbraio era stata immediatamente adottata la procedura di sorveglianza sanitaria nei confronti dei contatti dei pazienti transitati nell’ospedale”. Circostanza non vera secondo la Procura dato che “il piano di sorveglianza è stato attivato a partire dal 3 marzo”.

Infine il dg dell’Ats era accusato di rifiuto di atti d’ufficio in quanto “rimaneva inerte senza assumere tempestivamente atti del suo ufficio che, per ragioni di sanità pubblica, dovevano essere adottati senza ritardi”.

Per quanto riguarda i reati di falso, la procura ha ravvisato un difetto di dolo.

I 43 faldoni relativi all’inchiesta sono ora sulla scrivania del giudice delle indagini preliminari che si dovrà esprimere in merito alla richiesta di archiviazione. Potrà accogliere la richiesta e archiviare, restituire gli atti alla Procura per chiedere ulteriori indagini o disporre il rinvio a giudizio coatto.

Le parti offese, tra cui anche i membri dell’associazione #sereniesempreuniti, familiari delle vittime del Covid, per il momento non hanno presentato alcuna opposizione all’archiviazione.

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