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La performance

Ad Orlando Giacomo AG/giache con il suo “Anticorpo”, per prendersi cura dell’Altro

Martedì 7 maggio alla Sala dell’Orologio la performance formata da una serie di pratiche di cura personale e reciproca, con al centro il corpo come elemento identitario

Bergamo. “Io sono un corpo in mezzo ad altri corpi e, come ognuno di essi, ho le mie caratteristiche, le mie peculiarità, ma non per questo il mio è un corpo strano od anormale, oppure un corpo sbagliato, come spesso la narrazione dei corpi trans indica. Io non sono nat* in un corpo sbagliato, è la società che ha una sbagliata lente di lettura dei corpi”. Un corpo con le sue molteplici sfaccettature e declinazioni, un corpo proteso verso la relazione con l’altro quello protagonista di “Anticorpo”, performance di Giacomo AG/giache con Luce Sant’Ambrogio e Laura B Amponsah, che verrà proposta martedì 7 maggio (ore 20.30) alla Sala dell’Orologio (in Piazza della Libertà), nell’ambito delle iniziative del Festival Orlando.

Una performance costruita come una serie di pratiche di cura personale e reciproca tra persone trans*, una risposta alla violenza patriarcale attraverso momenti di amore, fragilità e delicatezza, un tentativo di sottrarsi al sistema normativo dei generi attraverso bolle di resistenza dove prendersi cura lз unз dellз altrз.

“Un progetto iniziato nel 2019 – spiega Giacomo AG – quando, sentendomi più sicur* di me, ho cominciato a creare qualcosa che raccontasse della mia esperienza di persona trans in un modo autodeterminato”. L’arte performativa come elemento di espressione ha interessato Giacomo AG già nel suo percorso di studi all’Accademia di Belle Arti di Brescia, periodo in cui a Bergamo ha frequentato, parallelamente, “Figli maschi”, un laboratorio di ricerca artistica sulle identità di genere maschile. “Fino al 2019 ho collaborato con una compagnia teatrale, poi ho sentito la necessità di raccontare una storia ‘senza filtri’, solo attraverso il mio personale punto di vista. Ho iniziato allora a pensare quale fosse la mia urgenza comunicativa. Ho mandato un messaggio a varie persone, chiedendo loro un audio in cui mi descrivessero la loro idea di corpo. Audio, raccolti all’interno della ricerca ‘Ge(n-)eri’ che sono entrati poi a far parte di ‘Anticorpo’, pensieri vari di diverse persone, con i quali ribalto idealmente la domanda che mi viene posta da molto tempo, da quando ho iniziato ad assumere testosterone. Per decentrare la narrazione, ho fatto ad altri questa domanda, un modo per parlare di identità e corpi trans, per rendere visibile questa realtà. Una visibilità che per me è esigenza. Tante persone soffrono, tante persone sono marginalizzate, sono giudicate: la mia speranza è quella di portare più consapevolezza dei corpi diversi”.

Il termine “corpo” ritorna spesso nel lavoro di Giacomo AG, fino ad arrivare alla performance “Anticorpo”, altro punto fermo di un “progetto trans” che vede nella sua continua trasformazione un elemento essenziale. “Anticorpo inizialmente mi piaceva come gioco di parole, per indicare un corpo che è ‘anti’, per poi mutare verso una declinazione di cura dei corpi. Anche il titolo dello spettacolo ha assunto poi questo significato, ad indicare una bolla di resistenza, di autodifesa o di reciproca difesa. L’anticorpo è una molecola esistente che si trasforma a seconda dell’organismo con cui entra a contatto, prendendosene cura e facendo in modo che ciascuno stia bene con sé stesso. Il significato ultimo è comunque e sempre in divenire, da scoprire di volta in volta grazie al pubblico ed alle persone che con me agiscono nello spettacolo. In questa occasione, saranno presenti Luce Sant’Ambrogio (che ha partecipato lo scorso anno) insieme a Laura B Amponsah (al debutto)”.

 

Ad ORLANDO Giacomo AG/giache

 

Il corpo si mostra anche nudo, un espediente utilizzato per rivendicare la propria identità. “Per me è importante soprattutto in quanto persona transmascolina, lett* come uomo dalla società. Questo ha portato ad un’ ‘invisibilizzazione’ del mio corpo e della mia identità: in questo senso, passo inosservat* e questo mi crea conflitto. Essere una persona trans per me è un valore, è una battaglia che mi ha res* quell* che sono oggi: ciò che ho cercato di fare è stato di ‘visibilizzare’ il mio corpo. All’interno della performance sono presenti diverse voci, che danno diverse definizioni di corpo: è la manifestazione di quello che è presente dentro di me. Io non voglio essere normalizzato, ho delle specifiche molto importanti. Porto avanti queste idee attraverso il mio lavoro, che non vuole essere né provocatorio né critico verso nessuno: è solo un racconto in mezzo ad altri”.

Una “visibilizzazione” capace però di trasformarsi in direzione dell’altro. “Se ci sono altre persone che agiscono insieme a me nella scena, il tutto diventa potentissimo, perché toglie la lente d’ingrandimento verso l’individuo. Tutto in un ambiente di condivisione dove, anche nella costruzione dello spettacolo, io non impongo mai nulla, senza un copione prestabilito, sempre in costruzione collettiva. Questo per me è un grande esercizio anche di decostruzione e riscrittura di possibilità del linguaggio teatrale, dove solitamente la persona che firma è anche regista e ‘detta legge’. Nel mio caso, l’idea registica non è sacra. Ho l’idea di un ambiente, in cui invito alcune persone, e con rispetto reciproco e dialogo, costruiamo insieme lo spettacolo, condividiamo quelli che sono i nostri bisogni. È anche un lavoro sull’ego, per me che creo un ambiente, ma che lo lascio poi a disposizione dell’altro”.

Un lavoro con il quale Giacomo AG/giache, attraverso un proprio linguaggio codificato, interseca un po’ il mondo del teatro ed, allo stesso modo, è anticorpo, “nella sua modalità trans, queer, femminista, prendendo la base dal linguaggio teatrale e capendo come trasformarlo. La mia volontà di decostruzione della società in generale, una società bianca, machista, coloniale, patriarcale, violenta, vuole comunque portare rispetto agli aspetti positivi di questa società in cui viviamo. Così anche con il teatro, voglio decostruire il linguaggio scenico, ma non in senso distruttivo: voglio salvare ciò che ci fa stare bene. Un linguaggio condiviso, in un ambiente immersivo, che possa far perdere i riferimenti spazio-temporali, per dedicarsi all’hic et nunc”.

Un “qui ed ora” dove risuona la domanda di una delle fonti dello spettacolo, Paul B. Preciado: “Orlando, dove sei?”. “Io dico ‘è qui’, parlando di me – spiega ancora Giacomo AG – . Orlando è in tutte noi persone trans, dissidenti del genere, che creiamo narrazioni altre”. Narrazioni altre, nelle quali contenere le complessità e con le quali aprire alla complessità ed alla pluralità delle relazioni. Una pluralità da esercitare anche a partire dalle plurali sfaccettature di un singolo (anti)corpo.

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