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L'iniziativa

A Mozzo l’incontro “Violenze nell’Adriatico. Uno sguardo complesso sulle Foibe”

Appuntamento giovedì 15 febbraio alla Sala Civica “Mimmo Boninelli”

Mozzo. Continua giovedì 15 febbraio alle 20.45 alla Sala Civica “Mimmo Boninelli” (via Orobie, 1) di Mozzo “Perché la storia è sempre più complessa di come ci appare”, con il secondo appuntamento intitolato “Violenze nell’Adriatico. Uno sguardo complesso sulle Foibe”. Una riflessione storica del docente di Storia contemporanea Jacopo Perazzoli dell’Università degli Studi di Bergamo, per cercare di togliere qualsiasi patina ideologica ad un altro tragico evento del Novecento e ricalibrare i fatti come realmente sono accaduti.

Capire con più obiettività e contestualizzare le uccisioni di militari e civili italiani della Venezia Giulia, del Quarnaro (zona oggi croata del Mare Adriatico settentrionale che separa l’Istria dalle isole di Cherso e Lussino) e della Dalmazia, accaduti fra il 1943 e il 1945 durante e subito dopo la Seconda guerra mondiale, aiuterà il pubblico a chiarire cosa è stato il fenomeno delle Foibe, come e perché è avvenuto e che ricadute ha sul nostro presente.

Una questione intricata, che appare complessa a partire dal nome: foibe, italianizzazione del termine fojbah in sloveno e fojbe in serbo e croato. Le foibe sono grandi voragini, caverne verticali e pozzi molto diffusi nella regione carsica e dell’Istria. Nelle Foibe vennero gettati i corpi di persone in certi casi ancora vive e in altri di vittime di uccisioni già avvenute. Ma quanti furono? Anche questa è ancora una questione aperta, su cui gli storici hanno pareri discordanti: secondo l’analisi di alcuni studiosi (come Raoul Pupo e Roberto Spazzali) le vittime delle Foibe in Venezia Giulia, Quarnaro e Dalmazia furono tra le 3000 e le 5000, comprendendo in questo numero le salme recuperate e quelle stimate, oltre ai morti nei campi di concentramento jugoslavi; secondo altri studiosi (come Guido Rumici) arrivarono invece a essere 11000.

Ma le Foibe non furono solo massacri, ma pure sradicamenti: fra il 1945 e il 1956 avvenne infatti la migrazione di 250-350000 giuliani, quarnerini e dalmati italiani. Un’emigrazione forzata di gran parte dei cittadini di etnia e di lingua italiana della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia dai territori del Regno d’Italia prima occupati dall’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Tito e in seguito annessi dalla Jugoslavia secondo i trattati di pace di Parigi del 1947. L’impedimento di una libera espressione dell’identità nazionale da parte di un regime totalitario come quello di Tito e il rifiuto dei mutamenti nell’egemonia nazionale e sociale nell’area furono fra le cause di una migrazione che vide nell’Italia un vicino approdo di salvezza, nonostante i tentativi dell’allora governo del nostro Paese di contenere l’esodo.

“In definitiva, le comunità italiane furono condotte a riconoscere l’impossibilità di mantenere la loro identità nazionale – intesa come complesso di modi di vivere e di sentire, ben oltre la sola dimensione politico-ideologica – nelle condizioni concretamente offerte dallo Stato jugoslavo e la loro decisione venne vissuta come una scelta di libertà”, così si legge nella Relazione della Commissione mista storico-culturale italo-slovena voluta dall’ISGREC e composta da storici italiani e sloveni.

Tuttavia, oltre la questione dei numeri, c’è quella di costruire una memoria condivisa al di là degli schieramenti ideologici, a partire dal Giorno del Ricordo del 10 febbraio. Per farlo bisogna però, prima di tutto, capire il contesto in cui avvenne la violenza delle Foibe: «L’idea dell’incontro della rassegna “Perché la storia è sempre più complessa di come ci appare” del 15 febbraio – spiega Jacopo Perazzoli – è quella di ragionare sul Giorno del Ricordo non riflettendo solo sulle Foibe, ma sull’intera violenza che segna l’Alto Adriatico per tutto il Novecento. Se non comprendiamo quello, allora perdiamo di vista anche quella pagina dolorosa, ricadendo in banalizzazioni e nazionalismi spinti».

Ingresso libero fino ad esaurimento posti.

hashtag della serata: #ricordo

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