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Il progetto

Carta delle aree protette periurbane: i parchi diventano “laboratori” di innovazione

Promosso dal Parco dei Colli, dal Plis delle Colline di Brescia e dall'Università di Bergamo

Bergamo. L’obiettivo è lavorare tutti assieme per garantire un’abitabilità del nostro pianeta, offrendo uno strumento anche agli amministratori locali. Con questo scopo è stata presentata la Carta Bergamo-Brescia delle aree protette periurbane, il manifesto promosso dal Parco dei Colli, dal Plis delle Colline di Brescia e dall’Università di Bergamo. Il progetto si inserisce nelle iniziative della Capitale Bergamo-Brescia 2023 e promuove un percorso di riflessione culturale, di azione e di coinvolgimento della popolazione e delle istituzioni locali attorno al ruolo dei parchi di cintura periurbana e dei loro territori, come ‘laboratori’ di innovazione.

“Il Manifesto è frutto di un confronto fattivo con il Plis delle Colline di Brescia, un dialogo aperto in occasione di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023 che ha visto il coinvolgimento delle due amministrazioni comunali e delle due Università, di Bergamo e di Brescia – commenta il presidente del Parco dei Colli di Bergamo Oscar Locatelli -. L’obiettivo di questo manifesto non è il voler “salvare il pianeta”, qualcosa che non ci compete, ma la ricerca di un compromesso tra l’uomo e la natura, rinnovando un patto per un’abitabilità del pianeta rispettoso dei necessari equilibri. Il Manifesto che abbiamo presentato all’Assemblea dei sindaci del Parco dei Colli di Bergamo è un documento aperto a proposte e spunti, sarà approvato in autunno. È uno strumento che potrà essere di aiuto agli amministratori locali, perché uno degli scopi fondamentali di questo lavoro è creare delle reti che mettano in comunicazione tutti gli attori del territorio. Il percorso sinora intrapreso è il frutto di una grande condivisione e integrazione tra le realtà bergamasche e bresciane”.

“Da circa un anno stiamo lavorando alla redazione della Carta che si articola in tre capisaldi concettuali – afferma Emanuela Casti, docente dell’Università di Bergamo -. Facendo riferimento alle più avanzate posizioni scientifiche ambientaliste e tenendo conto delle sfide contemporanee imposte del cambiamento climatico, la Carta persegue l’abitabilità della Terra e non tanto una generica salvezza del pianeta. La Carta si rivolge alle aree protette cariche di naturalità del margine urbano, nella convinzione che le periferie non debbano essere considerate territori da correggere, sul modello del centro-città, ma laboratori da interpretare per costruire spazi di nuova generazione rivolti alla coesione sociale. Infine c’è una prospettiva operativa e applicabilità: la Carta ambisce a rappresentare un modello esportabile in altre realtà territoriali in grado di rinnovare la protezione ambientale e
arricchendola”.

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