• Abbonati
La riflessione

Epifania, bellezza senza tempo che abbraccia fantasia e realtà, scienza e filosofia

Uno sguardo al significato di questa ricorrenza: la storia non è mera cronaca di eventi passati, ma continua interpretazione

Il termine “epifania”, come gli analoghi “teofania” e “parusia”, seppur con accezioni e sfumature differenti, esprime una disponibilità all’incontro, un’apertura concreta e storicamente determinata.

Si traduce nel gesto gratuito, nel dono manifesto di se stessi.

L’apparizione non deve essere confusa, o fraintesa, con un’affermazione di un egocentrismo divino: Dio non viene incontro all’uomo da padrone, ma da figlio, fratello e padre.

Ogni relazione necessita di fiducia, di affidamento, della libera volontà dei contraenti. L’amore non può essere imposto, pena l’annullamento e la squalifica della dignità altrui. La questione ricorrente, in questi giorni di festa, si potrebbe sintetizzare nel vetusto dibattito tra storia e leggenda, tra fede e ragione, tra realtà e mito. L’errore di fondo nell’accostarsi alla narrazione del viaggio dei Magi è quello della banalizzazione, cioè il rischio di trascurare la natura metastorica del racconto biblico.

La metastoria, concetto introdotto dallo studioso Aldo Ferrabino nel lontano 1937, “indica la sfera di ciò che, pur non sovrastando la storia, permane costante nel fluire di questa” (Treccani).

La metastoria non rimanda a riferimenti metafisici o trascendenti, ma giace nei confini degli eventi passati e futuri testimoniando una finalità teleologica insita nei medesimi. Il divenire non si mette in moto da solo, non si riduce a un meccanicismo privo di intenzione e progettualità, ma avoca sensi e significati.

La storia, pertanto, non è mera cronaca di eventi passati, ma continua interpretazione.

Benedetto Croce, in modo originalissimo, interpretava la metastoria come una “forma storiografica che ha per argomento non gli oggetti della storia propriamente detti, ma i fatti naturali studiati nel loro divenire temporale (ad es. la formazione del sistema solare, lo sviluppo degli organismi umani, ecc…)” (dizionario.internazionale.it).

Questo spunto del grande filosofo abruzzese, a mio modestissimo parere, non si pone in contrapposizione con la definizione di Ferrabino, ma ne amplia, ne estende senza estenuarla, la sfera di azione e di validità. La metastoria da intendersi quale anello di collegamento tra la natura e l’uomo, tra Chronos e Kairos, tra lo scorrere inesorabile dei secondi e l’istante, la circostanza, in cui si rende presente l’opportunità, il momento qualitativamente superiore per dare forma e carne alla singolare “abilità di fare la cosa giusta al momento giusto” (Alessandro Cravera, 29 marzo 2022, Chronos e Kairos: il tempo come strategia quantitativa o qualitativa?, Il Sole 24 Ore).

Le stelle e l’umanità, il cielo e la terra, l’infinito che abita il limite: la bellezza senza tempo dell’Epifania risiede, pertanto, in questa sua polisemanticità, nell’abilità graziosa di abbracciare fantasia e realtà, scienza e filosofia, causa ed effetto, fine e meta.

Benedetto XVI espresse questo mirabile, e misterioso, coniugarsi di istanze apparentemente inconciliabili, mediante parole sempre vive e attuali: “Potevano concorrere diversi fattori per far percepire nel linguaggio della stella un messaggio di speranza. Ma tutto ciò poteva mettere in cammino soltanto chi era uomo di una certa inquietudine interiore, uomo di speranza, alla ricerca della vera stella della salvezza. Erano ‘sapienti’; rappresentavano la dinamica dell’andare al di là di sé, intrinseca alle religioni – una dinamica che è ricerca della verità, ricerca del vero Dio e quindi anche filosofia nel senso originario della parola. Così la sapienza risana anche il messaggio della ‘scienza’: la razionalità di questo messaggio non si fermava al solo sapere, ma cercava la comprensione del tutto, portando così la ragione alle sue possibilità più elevate” (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, Milano, ed. Rizzoli, 2012).

Siamo creature in cammino in cerca di noi stessi, guidati da una stella che ci indica la via, desiderosi di sapienza e conoscenza, aperti al mistero che ci abita, ci sprona, trascendendoci nell’immanenza, e che si manifesta nella presenza del fratello: “Il fatto originario della fraternità è costituito dalla mia responsabilità di fronte ad un volto che mi guarda come assolutamente estraneo, e l’epifania del volto coincide con questi due momenti” (Emmanuel Lévinas).

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI