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L'ad della briotta

Tenaris Dalmine risponde alla crisi energetica con la sostenibilità: “Il sito di Sabbio carbon-free entro fine 2023”

Due dei tre investimenti previsti per i prossimi 12/15 mesi puntano su fonti alternative: da un nuovo processo alimentabile completamente a idrogeno a due impianti fotovoltaici che soddisferanno il fabbisogno energetico della produzione di bombole a Sabbio e l'80% della produzione ad Arcore

Dalmine. Ogni azienda ha la propria capacità di resilienza di fronte alle emergenze: lo è stato per la fase più acuta del Covid, lo è oggi tra guerra e aumento vertiginoso dei costi dell’energia e delle materie prime.

Un contesto globale complicato, nel quale Dalmine Spa, società del gruppo Tenaris, è riuscita comunque a chiudere l’esercizio 2021 con un fatturato in crescita del 17% a 899 milioni di euro e, nonostante le conseguenze dei prezzi più alti si siano già riflesse in modo percepibile sulla marginalità, non ha rinunciato a portare avanti investimenti che porteranno benefici sensibili in termini di qualità della produzione e di sostenibilità.

A illustrare il percorso lineare intrapreso è l’amministratore delegato Michele Della Briotta: “A seguito dell’invasione russa in Ucraina c’è stata la forte necessità di riprendere alcuni progetti per portare il gas in Europa, per diminuire o azzerare la dipendenza dalla Russia. E per noi questo ha prodotto un effetto di spinta ulteriore su qualcosa che era già in essere. Gas e petrolio continueranno a essere presenti nella matrice energetica, il gas in particolare sarà parte importante nella produzione non solo di energia elettrica ma in tante altre produzioni. In un mondo complesso abbiamo portato a termine tre investimenti importanti lo scorso anno e ne abbiamo in programma altrettanti per questo, che completeremo nel giro di 12/15 mesi”.

Sul piatto ci sono tra i 57 e i 64 milioni di euro, 22 dei quali sicuramente indirizzati ad aumentare la capacità di trattamento termico su tubi di gamma grande (da 406 millimetri di diametro in su), processo che potrà essere alimentato anche totalmente a idrogeno.

Un denominatore comune a tutti gli investimenti futuri, con una postilla non sottovalutabile: “Poi l’idrogeno deve esserci e a costi che ci consentano di sostituirlo al gas – sottolinea Della Briotta – Noi ci stiamo lavorando, serve un sostegno dal governo o dall’Europa, con tempi che però si avvicinano di più al 2030 che al 2025”.

Tra i 25 e i 30 milioni, invece, l’esborso per arrivare a produrre a Dalmine acciai ad alto contenuto di cromo che finora l’azienda acquistava da fornitori terzi o produceva in Giappone grazie a una joint venture, ora conclusa, nel Paese del Sol Levante: “Si parla di 40-45 mila tonnellate di acciai molto sofisticati, utilizzati in ambienti ad alto livello di corrosione, che richiedono tempi di produzione elevati – spiega l’ad – Per noi è un segnale forte, perché in questo momento storico per l’Europa investire sull’acciaieria non è scontato: ci sono tante aziende che chiudono, noi invece ci scommettiamo”.

Il terzo investimento strizza di nuovo l’occhio alla sostenibilità e alle fonti di energia alternative, spingendo su quella diversificazione che l’azienda ha scelto come via maestra per contribuire all’obiettivo del gruppo Tenaris di decarbonizzare del 30% le proprie emissioni entro il 2030: così 10/12 milioni sono stati stanziati per installare due impianti fotovoltaici da 15 MegaWatt nei siti di Arcore e di Sabbio.

E se per lo stabilimento brianzolo arriverà a soddisfare l’80% del fabbisogno energetico, per quello dalminese significherà che l’intera produzione di bombole sarà figlia di energia rinnovabile.

“La nostra bolletta del gas è sette volte superiore a quella dello scorso anno, dati non più sostenibili per un’azienda energivora come la nostra – ammette Della Briotta – Crediamo molto in questo intervento, deciso sulla scia della semplificazione voluta dal governo per gli impianti di taglia inferiore ai 20 MegaWatt: se tutto filerà liscio, anche in termini di fornitura dei materiali, nella seconda parte del 2023 il sito di Sabbio sarà decarbonizzato. Al momento nessun cliente è ancora disposto a pagare la differenza, ma avere la capacità di produrre acciaio o altri prodotti carbon-free in futuro potrebbe avere un valore”.

Michele Della Briotta - ad Tenaris Dalmine
Michele Della Briotta, ad di Tenaris Dalmine

Nell’idea di Tenaris c’è anche il biometano, in percentuali minori, ma che può rappresentare sul lungo termine un altro elemento in grado di mettere l’azienda al riparo da potenziali e improvvise riduzioni della fornitura di gas.

“Dal 2018 a oggi abbiamo già decarbonizzato il 6-7% – sottolinea l’amministratore delegato di Tenaris Dalmine – I prossimi investimenti a livello globale ci aiuteranno a sottrarre un altro 4-5%, ma ci saranno realtà che saranno già molto più avanti. Non ho dubbi che ci arriveremo come gruppo, ma ho l’aspirazione di arrivarci anche nel sito di Dalmine perché stiamo rispettando gli step che ci eravamo dati. Ci siamo presi l’impegno di continuare a fare un certo tipo di manifattura in un sistema europeo complesso, nel quale ci sono necessità di decarbonizzare che hanno un impatto in termini di costi da sostenere e che non sono però gli stessi per aziende che si trovano in Paesi come la Turchia, che non devono seguire le stesse regole. Il nostro processo sarà sostenibile, tenendo conto che già oggi partiamo dai rottami e il 95% della nostra materia prima la stiamo riciclando con energia verde: i costi per sostenerlo sono importanti”.

Dato per assodato che la Dalmine ce la sta facendo, resistere in un contesto così incerto non è stato e non sarà semplice: “In qualche caso abbiamo dovuto trasferire gli aumenti sui nostri clienti, mentre per altri con contratti in essere è più difficile – evidenzia Della Briotta – Non possiamo prevedere la disponibilità di materiali e gas nei prossimi mesi: l’Italia ha risposto con agevolazioni, ma non possono bastare per un’azienda che ha la necessità di pianificare sul lungo periodo. Noi abbiamo la capacità di assorbire una riduzione di attività e di difenderci da questi shock, ma a nostre spese: ci siamo garantiti una copertura abbastanza solida in termini di approvvigionamento di materie prime, andando ad acquistare a costi più alti e con tempi più lunghi in Indonesia o Brasile invece che in Russia o Ucraina”.

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