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18 marzo

Draghi a Bergamo e il profumo della speranza

L'importanza della visita breve e discreta, lontana dalle passerelle della folla, di Mario Draghi rappresenta lo Stato che c'è, che fa fatica nel recepire i vaccini e lo ammette, ma non si arrende, non demorde. Si impegna, progetta e promette.

Si pianta un albero per celebrare la vita. Mario Draghi, presidente del Consiglio, giovedì mattina ha messo a dimora un tiglio in quello che è e sarà il bosco della memoria.

Forse anche le essenze hanno un significato particolare. Accanto al piccolo tiglio c’è un faggio un po’ più grande, segno della Bergamo che c’era alla Trucca prima del Covid. Il faggio è l’ultimo albero a perdere le foglie e il più ritardatario nelle nuove gemme.

Un po’ come questa provincia, segnata dal Covid, pronta a far fronte ad un’emergenza inimmaginabile e impossibile da affrontare, pudica e resistente fino alla fine.
Quel faggio ha ancora le foglie secche in cima ai suoi rami. La pioggia, il vento freddo e la neve dell’inverno non le hanno ancora portare a terra.

Bergamo è così, come noi, come quel faggio. Sappiamo benissimo che non siamo usciti dall’emergenza. Sappiamo che i focolai possono riaccendersi da un momento all’altro. E, nonostante, solamente il 7,91% dei residenti in provincia di Bergamo ha ricevuto la prima dose di vaccino e il 2,79% anche la seconda, resistiamo. Aspettiamo stremati e stanchi, ma fiduciosi nello Stato e nelle istituzioni: come in attesa di una primavera.

Nessuno è sceso in piazza a protestare. Nessun picchetto per contestare ciò che dopo un anno sarebbe legittimo: un vaccino per tutti.

L’importanza della visita breve e discreta, lontana dalle passerelle della folla, di Mario Draghi rappresenta lo Stato che c’è, che fa fatica nel recepire i vaccini e lo ammette, ma non si arrende, non demorde. Si impegna, progetta e promette. Nel suo discorso il Presidente del Consiglio traccia una mappa che ha come punti fermi i nomi e i volti delle persone a noi care scomparse davanti all’impossibilità di curarle, di salvarle e di strapparle alla morte.

Un anno fa una colonna di camion attraversava via Borgo Palazzo carichi di bare. Su ognuna di loro c’era parte delle nostra vita.
Esattamente un anno fa lo Stato non volle che quelle immagini immortalassero l’impotenza di fronte ad un nemico spietato. Oggi pianta un albero dalle timide gemme, promette che non lascerà più indifesi gli anziani e i più deboli ma soprattutto “c’è”. Nella sua singolare e semplice presenza.

Se il verde è il colore della speranza, le note del silenzio di Fresu sono invece la voce di Bergamo in questo momento: profondamente ferita ma pronta e desiderosa di rialzarsi. E poi c’è anche il profumo della speranza che giovedì mattina si coglieva benissimo al bosco della memoria.

Com’è? È un po’ come il vento, sa di terra, di tenera erba e profuma di fresco, di attesa, e vanta una punta di riscatto.

C’era tanto profumo di speranza mentre nel silenzio Draghi se ne andava, tornava a Roma sede dello Stato, a mantenere ciò che aveva promesso.

A noi è rimasto il compito di mantenere vivo quel profumo della speranza, avendo imparato ad essere rete, provvidenza e solidarietà nella nostra stessa comunità.

Ah, il faggio è un albero magnifico.

Se fra qualche settimana passate nel Bosco della memoria chiudete gli occhi e godete della sinfonia delle sue foglie al vento: è la partitura della speranza che ancora dobbiamo scrivere.

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