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Ottant'anni

Buon compleanno Enrico Rava, ultimo grande poeta del jazz

Roberto Valentino, giornalista che si occupa della comunicazione alla Fondazione del Teatro Donizetti e che da una vita segue i prima persona vari festival jazz, in particolare quello di Bergamo, fa gli auguri a Enrico Rava che della rassegna orobica è stato direttore artistico

Roberto Valentino, giornalista che si occupa della comunicazione alla Fondazione del Teatro Donizetti e che da una vita segue i prima persona vari festival jazz, in particolare quello di Bergamo, fa gli auguri a Enrico Rava che della rassegna orobica è stato direttore artistico.

Enrico Rava compie oggi, 20 agosto 2019, ottant’anni. Per lui, ma anche per chi lo segue da tanto tempo con affetto e stima, sia artisticamente che personalmente, è indubbiamente un traguardo importante, dietro al quale sono in bella evidenza centinaia di dischi, migliaia di concerti in tutto il mondo in compagnia di illustri colleghi europei e d’oltreoceano. Enrico Rava è il più internazionale dei jazzisti italiani. Il che significa che ha vissuto esperienze musicali di tale livello che nessun altro musicista di jazz nato in Italia può mettere una di fila all’altra.

Enrico Rava è uno che appena lo vedi e gli parli emana un carisma oggi sempre più raro. Dentro al suo sguardo e al suo pensiero, sovente sottilmente ironico ma talvolta anche malinconico, si
intravede la storia del jazz: Bix Beiderbecke, Miles Davis, Chet Baker, i suoi idoli di sempre che lui chiama confidenzialmente “Bix”, “Miles” e “Chet”. A volte può dare l’impressione di essere distaccato, di fare il prezioso. A volte sembra addirittura arrivare da un altro pianeta. Sì, è anche un po’ così, ma quando comincia a raccontare una delle mille storie apprese direttamente, diventa irresistibile ed emana un fascino unico. Storie condite di aggettivi che si ripetono ciclicamente: “straordinario” è il più gettonato.

Da semplice appassionato di musica prima, da giornalista poi e quindi da responsabile dell’ufficio stampa di Bergamo Jazz, chi scrive ha avuto innumerevoli occasioni di ascoltarlo in concerto, di intervistarlo, di parlargli informalmente, anche di fumare una sigaretta insieme… ovviamente di nascosto da sua moglie Lidia, in questi casi temutissima da entrambi.

I ricordi sono quindi molti. Senza farla troppo lunga, eccone alcuni.

Il suo primo concerto a Bergamo, nei primi mesi del 1973, al Centro Culturale San Bartolomeo, a quel tempo uno dei luoghi simbolo del jazz cittadino: Rava vi suona insieme a tre americani, il chitarrista John Abercrombie, il bassista Bruce Johnson e il batterista Chip White, gli stessi dell’album Katcharpari Rava, mai ristampato su CD ma uno dei dischi più belli del trombettista. Tra i tanti giovani appassionati che stipavano la sala, Rava era già un piccolo “eroe”, si conoscevano i suoi trascorsi newyorkesi, le sue collaborazioni con Gato Barbieri, Steve Lacy, la Jazz Composers Orchestra di Carla Bley.

enrico rava roberto valentino (foto Gianfranco Rota)
Enrico Rava e Roberto Valentino. Foto di Luciano Rossetti. Quella di copertina è di Gianfranco Rota

Quattro anni dopo torna in città, per il festival jazz, in un sovraffollato Palazzetto dello Sport: stavolta al suo fianco ci sono Massimo Urbani al sax alto e tre scandinavi, Bobo Stenson al piano, Palle Danielsson al contrabbasso e Jon Christensen alla batteria. Altro concerto indimenticabile, appunto.

Del 1984 è la prima intervista, al telefono. Di qualche anno dopo la seconda, di persona al Capolinea di Milano. E via via gli incontri si infittiscono in giro per l’Italia e si passa al “ciao Enrico”
e al “ciao Roberto”. E arriviamo così – passando per il periodo in cui Rava incideva per la Label Bleu e l’attività come ufficio stampa della stessa etichetta francese e quindi anche suo – agli anni (2012 – 2015) della Direzione Artistica di Bergamo Jazz.

Il primo incontro con l’assessore di riferimento all’epoca in carica – avvenuto non nell’ufficio del Teatro Donizetti come il protocollo avrebbe voluto, ma seduti attorno ai tavolini del bar di fronte – ha sfumature surreali: un dialogo fatto di domande sull’impronta artistica che intendeva dare al festival e di risposte che contenevano nomi come “Ornette”, “Pat” e “Brad”, alternati ai vari “Bix”, “Miles” e “Chet”. Nomi ai quali l’assessore annuiva, come se conoscesse la storia e l’attualità del jazz a menadito. Ogni tanto, con Massimo Boffelli, direttore della Fondazione Teatro Donizetti, ricordiamo divertiti questo e altri episodi.

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Come le animate dissertazioni politiche: uno con cui Enrico ce l’aveva in particolar modo era Beppe Grillo. Per ovvi motivi professionali, non si possono invece svelare tutti i retroscena delle
conferenze stampa, che Enrico trasformava in autentici show a suon di “straordinario”, intervallato da qualche “fantastico”. Oppure: “quel trombettista è talmente bravo che bisognava ucciderlo da piccolo”.

Anche le presentazioni sul palcoscenico del Teatro Donizetti potevano assumere toni esilaranti. Con tutto ciò non si vuole certo ridimensionare il “mito” e la leggenda” di Enrico Rava: l’uno e l’altra riemergono immancabilmente quando imbraccia la tromba o il flicorno per fare sgorgare quella musicalità di cui è (straordinario!) Maestro.

Enrico Rava è forse l’ultimo grande poeta del jazz rimasto. Ed è questo ciò che conta. Buon compleanno Enrico!

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