I carabinieri hanno arrestato a Mozzo, nella tarda serata dell’11 dicembre, Michele Tironi, ex artigiano di 74 anni sul quale pendeva un ordine di carcerazione emesso nello stesso giorno dalla Corte di Cassazione, che lo ha condannato a 22 anni di carcere per aver ucciso, in concorso con il figlio Flavio, 44 anni, la moglie Gemma Lomboni, simulandone subito dopo il suicidio.
I fatti il 28 giugno 1994: il corpo della donna, casalinga di 55 anni, venne trovato nel garage di casa (in via Bellini 8) a Mozzo, appeso a un cappio agganciato a una trave. L’autopsia accertò che in realtà la vittima, depressa e con problemi fisici, era stata prima strangolata e poi impiccata.
Il marito e il figlio della donna, sospettati di averne simulato il suicidio, erano stati assolti in primo grado per insufficienza di prove e condannati in appello. A quattordici anni e mezzo dal delitto, dopo un iter processuale assai tortuoso, tra assoluzioni, condanne, annullamenti e riesami, i giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza di secondo grado del 15 aprile 2008, rendendo così esecutiva la condanna. Le sentenze erano state sette tra il 2000 e il 15 aprile 2008.
Michele e Flavio Tironi risultano ancora residenti, almeno ufficialmente, nella villetta di via Bellini 8. Ma hanno smesso di vivere in quella casa da pochi mesi. Michele Tironi, ieri sera, è stato arrestato in un altro appartamento di Curno, dove però non è stato trovato il figlio Flavio, che non risulta sposato e non ha mai cambiato la residenza o comunicato un altro domicilio. Il 44enne è ricercato. I carabinieri confidano nel fatto che possa costituirsi prima che la Corte emetta il decreto che lo definisce latitante.
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