Lo chiamavano ‘The Fish’, il pesce, vuoi perché era nato il 4 marzo, sotto il segno dei Pesci come Lucio Dalla, sia perché una volta allagò una stanza d’albergo a Oslo essendosi mezzo addormentato sotto la doccia.
Chris Squire, il bassista degli Yes, è morto a 67 anni sabato a Phoenix dove viveva da qualche anno con la sua ultima moglie, la terza. L’ha stroncato una rara forma di leucemia, il Morbo Di Guglielmo.
Solo un mese e mezzo fa aveva annunciato che avrebbe dovuto interrompere l’ennesima tournée degli Yes per curarsi.
Nessuno si aspettava un epilogo così drammatico e veloce del suo male.
Era l’anima del gruppo più leggendario del cosiddetto rock progressivo al mondo. L’unico, sottolineano le cronache, che non avesse mai tradito la causa della formazione originaria.
Appassionato di astrologia, era musicista meticoloso e rigoroso sino alla nausea. Era lui che impose al gruppo la precisione maniacale delle esecuzioni, era lui che licenziava un tecnico se, durante un concerto, si fosse verificato il più impercettibile degli errori.
Per questo era litigioso con i colleghi, forse un po’ burbero ma, come tutti i giganti della sua stazza, in fondo buono. E soprattutto era un gran musicista, un innovatore che capì a metà degli Anni ’60 che anche il basso con le sue quattro corde dai toni baritonali avrebbe potuto essere usato come una chitarra solista.
Ora il rock che non c’è più perde un altro dei suoi rappresentanti più illuminati e talentuosi.
E il web registra la solita processione di dichiarazioni rese da musicisti famosi che lo omaggiano e lo ricordano, esaltandone le qualità artistiche e i rispettivi riferimenti stilistici.
Squire avrebbe dovuto andare in tournée con gli Yes e i Toto dal 7 agosto e poi nel 2016. In mezzo, una crociera con tutte le band di progressive più famose, tra cui la PFM. “L’ho conosciuto il 10 maggio ’71 al concerto del Lirico di Milano – ricorda Franz Di Cioccio (che mercoledì sarà al Cassano Festival) -. Ci siamo reincontrati l’anno scorso. E mi ha ricordato quella data. Te l’avevo detto – mi disse – che ne avreste fatta di strada…”.
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