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Contemporary locus

“Record” di Francesca Grilli: la voce ribelle di un’adolescenza incerta megafono delle paure globali

A Contemporary Locus le “VOCI” che abitano spazi e vicende anche nascoste della contemporaneità, nel progetto espositivo con opere di Lara Almarcegui, Elena Bellantoni e Francesca Grilli, in cui risuonano voci di ambienti dismessi e marginali nella società

Bergamo. Voci da ascoltare con pazienza, dedicando loro del tempo, necessario per rendersi conto di una dimensione dell’esistenza troppo spesso nascosta: quella della dismissione, della caduta, del fallimento. “VOCI” che è anche il titolo del progetto espositivo realizzato dall’associazione Contemporary Locus, insieme al Teatro Tascabile di Bergamo e HG80 impresa sociale, che apre le proprie porte al pubblico al Monastero del Carmine fino al 30 giugno, all’interno di un progetto per la rigenerazione culturale dell’ambiente dal titolo “Acciaio e Cotone”.

Un progetto, a cura di Paola Tognon, realizzato a partire dalle VOCI di tre artiste di fama internazionale: Lara Almarcegui, Elena Bellantoni e Francesca Grilli. Una coralità di stili che riecheggia tra le mura del Carmine, rendendosi manifesto di realtà sociali attuali che riflettono anche sul futuro.

A partire proprio da “Record” di Francesca Grilli, performance alla prima italiana, presentata sabato 25 maggio, che fa riecheggiare la voce ripiegata dell’adolescenza. Una voce che si rende presente, per prima, in un sussurro proveniente dal loggiato, mentre il pubblico, fatto sedere nel prato del Chiostro, si ritrova “costretto” a guardare verso l’altro, mentre i giovani protagonisti della performance (studiata attraverso un workshop preparatorio con l’artista) compaiono prima facendo capolino da una finestra, poi aggrappandosi ad una colonna, oppure sedendosi sul cornicione del loggiato. Giovani che si auto-trattengono all’interno dell’edificio per paura di confrontarsi con il mondo, ma che, allo stesso tempo, tentano una caduta di apertura verso l’esterno che non vogliono però si trasformi in una caduta nel fallimento. Una tematica molto attuale, che Francesca Grilli rende nella drammaturgia a partire da un reale scambio comunicativo avuto con un giovane ragazzo hikkikomori (che rifiuta il contatto con l’esterno) per oltre un anno.

La comunicazione avviene a forma di coro, voce comune di chi ha paura di aprirsi al mondo, un elemento acutizzatosi ancor di più dopo il lockdown degli ultimi anni. Un coro che dal sussurro alza la propria voce nel canto, con diversi toni e timbri, portando una riflessione del singolo sull’adolescenza, per poi protendersi verso l’esterno. Una voce che comunica il proprio isolamento, ma che, nel frattempo, riflette su questo momento storico di fallimento e di paura globalizzata. Una voce di riflessione, ma anche di ribellione, di chi si è “seduto qua per degli anni”, di chi va a “dormire quando inizia la luce”, di chi si affaccia ad “una finestra che dà su una strada che non mi interessa dove va”. Le lingue si mescolano, in un surplus comunicativo che esplode nelle domande pressanti del mondo degli adulti: “Come va lo studio? Fai qualche sport? Perché non ti butti? Suoni uno strumento? Vorresti figli? Qual è la tua media? Quante lingue conosci? Sei fidanzato? La cosa che ti piace di più? Che lavoro vuoi fare?”.

Il canto e le voci dei ragazzi protagonisti arrivano da una posizione di disequilibrio, ma predominante a livello scenico, una voce di ribellione che in una sorta di blackout gerarchico arriva dall’alto per scendere verso il basso. Una voce che, attraverso il senso di pericolo insita nella performance, riceve più attenzione e più impegno nell’ascolto, facendosi megafono per paure globali.

La voce ripiegata e ribelle dell’adolescenza si accompagna alle “Voci” delle mani inchiostrate di “Hand”, sempre di Francesca Grilli. Tre fotografie, di mani inchiostrare di blu, ospitate nelle antiche celle del chiostro, che nascono dalla raccolta e dalla sovrapposizione delle linee delle mani di persone che vivono, lavorano o si recano all’interno di un antico edificio urbano, segnando così la registrazione dei flussi degli spostamenti urbani, facendola diventare una registrazione poetica di storie e gesti quotidiani. Mani di una comunità che, nell’unione fotografica, si fanno simbolo di una sorta di isolamento sociale.

Riflette sull’ambiente l’opera “EXPLORATION RIGHTS, ATESINO SUPERVOLCANO, Lagorai Mountain Range” di Lara Almarcegui. L’artista prosegue la sua riflessione sulla materia, concentrandosi qui sullo sfruttamento del sottosuolo, per svelare la doppia valenza di un sistema molto complesso di appropriazione e trasformazione ambientale. L’opera è composta dal documento dell’autorizzazione di esplorazione scientifica sulla catena montuosa del Lagorai in Trentino, ottenuta dall’artista per l’estrazione e la raccolta di fossili per la ricerca scientifica, accompagnata da alcune fotografie scattate durante l’esplorazione del Lagorai. Un’operazione di “mimetica militanza poetica”, data dall’impegno profuso dalla persona singola verso l’ambiente, in questo caso verso lo studio della Riolite (porfido) e il suo possibile utilizzo come materiale da costruzione: una voce che risuona anche nei passi sulla Corsarola ed il suo porfido.

Le rivolte sociali e politiche sono protagoniste dell’installazione video “On the Breadline” di Elena Bellantoni. L’opera, vincitrice della IV edizione dell’Italian Council, è il risultato di oltre un anno di lavoro che Bellantoni ha sviluppato nel 2018 e 2019 nei condomini brutalisti del Block 23 a Novi Beograd (Serbia), nell’aeroporto abbandonato Hellinikon ad Atene (Grecia), nei cantieri navali dismessi del Corno d’Oro a Istanbul (Turchia) e nell’ex Fiera del Mediterraneo a Palermo (Italia). Paesi scelti dall’artista per delineare, nelle loro inquiete geografie contemporanee, un Mediterraneo periferico nel quale si traccia questa “linea del pane”, una linea di povertà che separa la sussistenza dall’indigenza assoluta. Loro simbolo è il pane, a sua volta sinonimo di denaro, che nelle “rivolte del pane” ad inizio XIX secolo ha visto le prime rivendicazioni delle classi sociali più povere. Ancora una voce, troppe volte inascoltata, che grida la propria caduta e, con quella, la caduta di un’intera società. Una caduta che fa riflettere, per trasporto, su tutto il nostro contemporaneo.

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