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Al teatro donizetti

La lezione di Piero Martin: Galileo e l’intero Universo in un bicchiere di vino

Il fisico Piero Martin preferisce terminare l’incontro con una nota leggera e suggestiva ispirata al Galileo estimatore di vini nella sua villa d’Arcetri, con un rimando al premio Nobel per la fisica Richard Feynman

“Regia Nave Fiume – Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno. Grazie signori – Italia !”

Queste drammatiche parole, affidate alle onde del mare in una bottiglia ritrovata nel 1952 su una spiaggia di Villasimius in Sardegna, fanno da filo rosso di una narrazione appassionata che cuce insieme le sfide della scienza da Galileo Galilei a Guglielmo Marconi ad Albert Einstein, la presunzione dell’oscurantismo religioso e l’insipienza dei politici attraverso secoli di storia italiana.

È partito dalla più grave disfatta della marina militare italiana – la battaglia di Capo Matapan, nelle acque a sud del Peloponneso – il professor Piero Martin per parlare di Galileo Galilei e della difficile strada del progresso scientifico dall’età moderna all’età contemporanea. Nella sua conferenza al Teatro Donizetti tenutasi sabato 3 febbraio alla presenza di un folto pubblico di giovani e meno giovani, Martin, ordinario di Fisica sperimentale all’Università di Padova, ha rievocato la vicenda paradigmatica dell’ingegnere italiano Ugo Tiberio. Nel 1935 Tiberio, sulla scorta degli studi di Marconi, produce un rapporto segreto alle autorità militari chiedendo un finanziamento per lo sviluppo di un sistema di radiorilevamento per la localizzazione di oggetti a distanza. Il finanziamento, che non ottenne, avrebbe dovuto consentirgli di realizzare “un apparato per mezzo del quale poter rilevare la presenza di navi attraverso la nebbia, la notte o il cattivo tempo”. Se il progetto fosse stato appoggiato, si sarebbe potuta evitare la tragedia di Capo Matapan, con 2300 vittime italiane tra cui il marinaio Francesco Chirico (quello del messaggio nella bottiglia). Infatti, nella notte tra il 28 e il 29 marzo 1941 gli incrociatori Zara, Pola e Fiume, sprovvisti di radar e incapaci perciò di orizzontarsi nel buio, furono annientati dalla Royal Navy inglese, che invece portava installati sulle maggiori unità della flotta i radar realizzati in quegli anni su modelli di Watson-Watt.

L’insipienza dei politici, la diffidenza delle autorità, la resistenza dell’ habitus mentale, l’ostilità del pensiero dogmatico. Sono sempre le stesse, in ogni tempo, le logiche che si oppongono al pensiero scientifico e alle conquiste tecniche e che ne ostacolano gli sviluppi.

Diversamente dal caso di Ugo Tiberio, a Galileo Galilei le autorità veneziane, nella persona del Doge e dei notabili della Serenissima, finanziarono il progetto e la produzione del cannocchiale, il cui uso pratico consentiva di vedere le vele e le navi del nemico due ore prima che il nemico vedesse la terraferma. Utilissimo per la guerra il nuovo strumento a lenti ottiche fu sostenuto in pieno dalla Repubblica di San Marco.

Il destino gira, però, quando Galileo, invece che rivolgerlo all’orizzonte, alza il cannocchiale verso il cielo stellato, il sole e i pianeti. Con l’aiuto di mastri vetrai veneziani, Galileo raffina lo strumento e nell’arco di pochi mesi fa un numero straordinario di scoperte, tra cui i quattro satelliti di Giove, che lui chiama “astri medicei” in onore dei signori di Firenze, presso cui si accinge a tornare. Questa sua indagine astronomica sarà, però, causa della sua disgrazia.

Lasciando sullo sfondo la vicenda a tutti nota del processo e dell’abiura che nel 1633 l’anziano Galileo dovette sostenere a Roma di fronte alla Santa Inquisizione, Piero Martin ha condotto il pubblico attraverso le frontiere del pensiero razionale inaugurate dal metodo scientifico galileiano, un metodo che sa fondere ragioni teoriche e applicazioni pratiche sulla scorta di intuizioni e astrazioni straordinarie. Come la messa in discussione della fisica aristotelica sulla caduta dei gravi, che non cadono più velocemente se più pesanti, bensì alla stessa velocità indipendentemente dalla loro massa: conclusioni cui giunse Galileo attraverso numerosi esperimenti tra i quali la caduta di un attrezzo di metallo e di una piuma dalla Torre di Pisa, attribuito dalla leggenda a Galileo, ma eseguito negli stessi anni dal gesuita e scienziato Giovan Battista Riccioli dalla Torre degli Asinelli in Bologna.

Galileo che “rivoluziona il tempo”: perché, mentre per Aristotele il tempo scorre solo quando succede qualcosa, per lo scienziato pisano “il tempo è assoluto”, è “una quinta dell’universo”, “una linea che divide il passato dal futuro” in mezzo a cui c’è “il presente che è identico per tutti, un palcoscenico nel quale avvengono i processi fisici”. Una visione rimasta intoccabile, questa, fino a fine Ottocento, quando un altro genio della fisica, Albert Einstein, ha il coraggio di rifiutare il principio di autorità – proprio come Galileo aveva fatto con i suoi illustri predecessori – e cambiare il paradigma galileiano. Con Einstein il tempo perde la peculiarità di essere un assoluto, si mischia con lo spazio e diventa relativo. “D’ora innanzi lo spazio e il tempo sono condannati a dissolversi in nulla più che ombre”, dirà il matematico Hermann Minkowski (1864-1909).

Al centro della suggestiva visione d’insieme proposta dal professor Martin, che unisce vicende della Controriforma alle traiettorie del nostro presente, c’è il metodo scientifico, l’approccio razionale e matematico, uno strumento senza il quale, scrive Galileo nel Saggiatore “è impossibile intenderne umanamente parola [ndr. dell’universo], ed è un vano aggirarsi per un oscuro labirinto”.

Non solo scienziato e matematico, però, il Galileo, di cui Italo Calvino parla come del “più grande scrittore della letteratura italiana” capace di parlare della luna innalzando la sua prosa “con rarefazione lirica prodigiosa”, con la stessa lingua che sarà di Leopardi, il gran poeta lunare.

Non è mancata la citazione d’obbligo di Bertolt Brecht “sventurata la terra che ha bisogno di eroi” con cui si chiude la “Vita di Galileo”, una riflessione profonda sulla ragione dell’uomo e sulle logiche di potere che ne governano l’azione.

Invece che finire con questa amara considerazione, il fisico Piero Martin preferisce terminare l’incontro con una nota leggera e suggestiva ispirata al Galileo estimatore di vini nella sua villa d’Arcetri, con un rimando al premio Nobel per la fisica Richard Feynman: facendo girare il vino all’interno del bicchiere per gustarne la fragranza si scoprono, nella ricaduta disomogenea del liquido, complicate leggi della fisica, che in anni recenti sono state studiate e pubblicate. Inoltre, come racconta Feynman, gli atomi di vino hanno miliardi di anni e sono sostanzialmente della stessa materia delle stelle. Come dire: è possibile trovare l’universo intero in un bicchiere di vino.

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