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La riflessione

Il coraggio di stare in quei deserti dove non si è accolti e ascoltati

La via del Signore si prepara se abbiamo il coraggio del deserto, il sentire che questa parola si esprime nel deserto, luogo del silenzio, della solitudine che conduce a ricordare e scegliere ciò che è essenziale

È un inizio senza inizio quello del vangelo di Marco.
Tutto parte dall’invito a preparare la via del Signore.

Non è solo il motivo di questo tempo di avvento ma dovrebbe essere il nostro impegno più grande, il nostro compito di chiesa in missione quello di preparare la via del Signore.

E non smettiamo di chiederci: come preparare la via del Signore?
Che vie stiamo preparando nella nostra vita, per la nostra vita, per la vita di chi sta accanto a noi?

Che vie prepariamo per il mondo, quello vicino e quello lontano?

Ce lo siamo chiesti tante volte, ma ci accorgiamo che è urgente farlo ancora farlo sempre.

È urgente essere persone che sentono il bisogno e il desiderio, costruiscono pensieri assieme agli altri entrando nel profondo della realtà, si immergono nella vita vera delle persone,
per poi rendere storia, evento di vita, incarnazione della Parola,
quanto è nato dal cuore, dalla profondità del pensiero, dal soffio dello Spirito.

Ecco perché ancora e sempre vogliamo abitare la tensione ed il movimento della vita che le domande fanno rinascere.

Subito ci ridiciamo che preparare la via del Signore non è mai altro dal preparare la via perché gli uomini e le donne possano vivere una vita buona, possano avere gli strumenti, i diritti, esercitare i doveri di una vita buona.

Ci risuonano nelle orecchie le ingombranti ed esigenti parole del Vangelo del “giudizio” del ritorno del Signore e di quei vangeli che di domenica in domenica ci hanno portato al nuovo avvento:
il regno di Dio noi lo incontriamo quando incontriamo gli affamati, gli assetati, i carcerati, gli ignudi, i forestieri, gli assediati, e così via.

Ecco, preparare la via del Signore, preparando la via della vita buona per noi e per gli altri.

Perché questo sia vita vera e non solo racconto di vagheggianti spiritualità che non cambiano la storia, sentiamo che preparare tutto questo non parte dal fuori di noi, ma dal dentro.

E facciamo nostro il coraggio del grande grande e difficile lavoro, l’unico davvero necessario da fare che è fare qualcosa in se stessi, decidere cosa fare di se stessi.

Non possiamo chiedere un cambiamento che noi stessi non siamo disposti a vivere.

Giovanni chiede il cambiamento che lui stesso si sforza di vivere, perché è una vita cambiata nel profondo che cambia la vita degli altri.

Ed ecco subito affiorare altre domande forti:
nel tempo e negli anni che passano, cosa è cambiato in me?
Cosa è cambiato nelle mie convinzioni, come sono cresciute ed hanno preso tempo e spazio le cose essenziali le cose importanti?

La mia vita sta cambiando in meglio o in peggio?

Magari implicitamente crediamo che basti non pensarci troppo, tirare a campare, non fare niente che sia esplicitamente ed immediatamente male, per essere apposto,
persino per preparare la via del Signore;

ed invece è proprio questo il modo per lasciar penetrare nel profondo l’assopimento,
la non consapevolezza che ci disperde la vita o peggio ci farà accorgere un giorno di essere diventati proprio quelle persone che non volevamo essere.

Giovanni prepara la strada al Signore accogliendo e perdonando i peccatori.

Non è una storia nuova; nella Bibbia ci sono tutte le perversioni dell’agire umano, ma ci è mostrato anche il volto dell’uomo bello, dell’uomo che può vivere nel nel bene ed in ciò che è giusto.

Ci dice quale è il modo per raddrizzare le strade troppo tortuose e complicate, per attraversare quelle pericolose senza farsi e fare male, ci insegna a colmare ed appianare le depressioni più profonde che ci troviamo davanti o dentro alle quali caschiamo.

Ecco, si tratta allora di capire se abbiamo voglia di continuare a rispecchiarci nella profezia della Parola annunciata, ed in quella incarnata per essere consapevoli di ciò che siamo davvero.

Sì, essere consapevoli di ciò che siamo davvero, perché lo sappiamo che più grande del compiere errori, di far male o di essere brutte persone, c’è il non esserne consapevoli.

Se non ne abbiamo consapevolezza ci incancreniamo nel male e facilmente ne diventiamo schiavi, con la sensazione di non poterne più fare a meno, convinti ormai di non poter essere che quello.

Sento che c’è bisogno di dire a noi stessi chi siamo davvero.

Bisogna guardare bene anche alle nostre parti oscure, al negativo che siamo, perché solo facendoci i conti possiamo trovargli un posto, addomesticarlo senza dargli troppo potere su di noi.

Lavoriamo sulla consapevolezza di ciò che siamo, dei motivi profondi che muovono le nostre azioni,
di quei passaggi che lasciamo andare senza valutarne le conseguenze,
senza pensare al male che avrebbero generato poi,
di ciò che siamo stati nel bene e nel male, perché anche questo è esercizio vero di preparazione delle vie del Signore.

Ancora, la via del Signore si prepara se abbiamo il coraggio del deserto, il sentire che questa parola si esprime nel deserto, luogo del silenzio, della solitudine che conduce a ricordare e scegliere ciò che è essenziale.

La via del Signore la prepariamo e troviamo ridicendoci e traducendo nel oggi di ogni giorno cosa è essenziale.
Anche qui ce lo diciamo spessissimo ma po capiamo della distanza che rimane tra le cose che facciamo nella vita e ci che teoricamente riteniamo essere essenziale.

Ed allora ecco altre domande.
Nella concretezza del mio oggi, per come vivo le relazioni, spendo il tempo, gestisco lavoro, soldi, per come porto avanti delle cose invece che altre,
come sto proteggendo, facendo crescere, ciò che ritengo essere essenziale?

A me capita costantemente che se non ci penso proprio poi mi lascio pian piano travolgere dalle tante cose che la vita mi mette davanti e arrivo alla fine delle mie giornate a chiedermi cosa ho poi fatto davvero di importante, cosa mi resta del tempo passato, cosa ho lasciato e ricevuto dalle persone che ho incontrato.

Preparare la via del Signore è non trovarsi a chiedersi col senno di poi, “che fine ha fatto la vita che abbiamo perduto vivendo…?”

Ripensando a quel che siamo chiamati a vivere oggi, credo che preparare la via del Signore sia anche avere il coraggio di stare anche in quei deserti del non sentirsi accolti e ascoltati, del fare fatica a costruire ponti di vita con tanti mondi di oggi.

È stare nel deserto del rifiuto e di tante strade costruite apposta per portarci lontano da noi stessi, dagli altri e da Dio, e dire proprio lì la vita buona che ci suggerisce il Vangelo, la giustizia di Dio, ciò che ci rende umani e ciò che invece è disumano.

Preparare la via del Signore è avere il coraggio di dire queste cose anche quando ti sembra di essere rimasto da solo a dirle, quando senti che queste creano ostilità attorno a te perché sono parole scomode,
parole che raccontano di altri modi di vivere, di costruire, di stare nel mondo diversamente dai modi rapaci di chi vuole arrivare sempre prima di tutti e di tutto.

Aggiungo un ultimo passaggio legato alla figura di Giovanni:
La capacità di lasciare spazio.

Gesù viene come per tutti noi se c’è uno spazio che accoglie,
uno spazio che da un vuoto si riempie della vita.

Funziona così fin dai primi battiti delle nostre esistenze.
C’è un vuoto che si riempie dell’altro a partire da una relazione, che fa spazio, lascia entrare e genera la vita.

E attenzione il generare la vita dell’altro farla crescere fa crescere e da significato alla nostra vita.

Chiudiamo lasciando risuonare le parole del profeta …
“Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna;
Porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”

Custoditi dalla grazia del Signore prepariamo stare di possibilità e bellezza perché in noi e nel mondo il Signore non smetta mai di mostrarsi e venire attraverso le nostre vite.

 

*  Don Cristiano Re, già direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro Diocesi di Bergamo, collaboratore pastorale alla parrocchia del Monterosso in città

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