• Abbonati

Arte

I bestiari

In tutte le lacrime indugia una speranza

I recenti casi di cronaca di Trevignano Romano, portano alla nostra attenzione le lacrimazioni di piccole statue religiose, una delle quali avrebbe addirittura pianto sangue, tra incredulità, sbigottimento e misticismo

Non c’è epoca, storia o cultura in cui l’essere umano non abbia pianto o non pianga.

Le lacrime iniziano a sgorgare quando nasciamo e in quel preciso istante indicano la nostra corsa verso la luce e quindi verso la vita. Da quel momento, non conoscendo la parola, piangiamo per vivere, comunicando così i nostri bisogni di nutrimento e accudimento. Crescendo le lacrime accompagnano in itinere le nostre esperienze di vita, solcano gli stati d’animo del nostro vivere, bagnano i territori emotivi delle nostre coscienze come rugiada, pioggia estiva, forti temporali o come veri e propri tsunami.

Si piange di gioia o di dolore, per una perdita o per un successo, per un ricordo, un riconoscimento o una delusione, per una notizia infausta o lieta, per l’inaspettato o come espressione di pace dopo un litigio; lacrime pubbliche o private, false o vere, eroiche o di piacere, sacre o profane, Darwin le considerava un’espressione specifica dell’essere umano. Per gli antichi Egizi, il mondo nacque dalle lacrime versate dalla divinità Ra, le quali toccando il suolo, si trasformarono in api. Omero le descrisse eroicamente, attraverso Achille nell’Iliade, mentre Odisseo pianse ascoltando il racconto della propria vita narrato e cantato da Demodoco nell’Odissea, quando l’eroe fece ritorno a Itaca sotto mentite spoglie. I Romani piansero implorando gli Dèi, trasformando successivamente il pianto in rituali collettivi attraverso i quali la comunità si riuniva per dare l’ultimo saluto ai defunti. Durante il Medioevo il lamento in lacrime divenne occasione per esprimere le tematiche dell’amor cortese.

Nel magnifico Rinascimento prospettico, presero forma in pittura, narrando episodi Biblici o nelle rappresentazioni sceniche correlate alla passione di Cristo e alla sua deposizione dalla croce. Nei disegni di Leonardo Da Vinci le troviamo raffigurate in maniera scientifica, ma soprattutto intrise di assoluta poesia, poiché disegnò i condotti lacrimali collegandoli al cuore. Enigmatiche, invece, sono le lacrime che sgorgano dagli occhi di un ragno, in un disegno simbolista di Odilon Redon.

Più avanti le palesa Pablo Picasso nel dipinto La donna che piange, mentre le sottintende, nel dolore straziante, in Guernica. Il surrealista Man Ray, le ricostruirà posizionandole, come gocce di cristallo, sul volto di una modella, in un suo scatto iconico del 1930. Infine sono estetiche e in continuo dialogo tra passato e presente quelle ricamate in lurex dal contemporaneo Francesco Vezzoli sui volti di grandi star del cinema e non solo.

Nella loro verticalità verso il basso, le lacrime scendono anche leggendo una poesia, un libro, guardando un film o uno spettacolo teatrale, gli occhi si inumidiscono per un brano musicale, un goal o un passo di danza. Secondo la scienza, sono costituite da un liquido acquoso, contenente una piccola percentuale di cloruro di sodio, minime quantità di altri sali, proteine, urea, glucosio e un
enzima battericida, il lisozima, in grado di distruggere numerose specie batteriche.

Ma esistono lacrime trascendentali?
Ci sono lacrime e lacrime. Da sempre, statue di Dee, Madonne, o Immagini sacre di Santi hanno pianto lacrime o rivoli di sangue. I testi cristiani medievali, così come eventi più vicini ai giorni nostri, sono permeati da questi episodi, li troviamo presenti anche in altre religioni, intrisi – a volte – da leggende popolari. I recenti casi di cronaca di Trevignano Romano, portano alla nostra attenzione le lacrimazioni di piccole statue religiose, una delle quali avrebbe addirittura pianto sangue, tra incredulità, sbigottimento e misticismo.

Dalle prime ricostruzioni e dalle recenti indagini, così come riportato da molte testate giornalistiche, è emerso che il sangue, per consistenza, colore e densità sembrerebbe essere riconducibile a quello di un animale.

Quale?
Il maiale.

Non è la prima volta che lo troviamo, nel corso della storia, tra sventure e clamori, luci e ombre. Durante il Medioevo vennero a lui associati peccati e vizi capitali, in una continua metafora di usi e costumi immorali; a lui, inoltre, vennero sovrapposti ripetutamente i comportamenti lussuriosi degli esseri umani: “lo sguardo è sempre rivolto a terra, verso i beni materiali e non alza mai lo sguardo al cielo, quindi a Dio”.

I suoi istinti famelici – senza fondo – lo porteranno a subire dei veri e propri processi in pubblica piazza, per infanticidio, con tanto di decapitazioni e torture di ogni sorta. Verrà così etichettato come animale immondo, ma nel corso del tempo la sua reputazione e la sua simbologia muteranno grazie a interessanti casi del destino. Uno dei quali, risale alla seconda metà del secolo XI – quando si diffuse un’imponente epidemia, chiamata Fuoco sacro, definita in seguito Fuoco di Sant’Antonio. Furono proprio i benefici dati dall’utilizzo del grasso dell’animale unito ad altre sostanze, a dare sollievo e guarigione alle ferite inferte dall’epidemia. L’animale divenne così protetto dalle leggi ed eletto dalla fede come animale salvifico. Il Filosofo naturalista, Plinio il Vecchio, nella sua opera Naturalis Historia, raccontava che del porco non si butta via nulla, forse è anche per questo che oggi troviamo lacrime dell’animale, fasulle o attendibili, sgorgare da effigi religiose.

Tuttavia la verità, la potremmo trovare in una frase di Simone de Beauvoir, la quale disse: “In tutte le lacrime indugia una speranza”. 

Bibliografia:
– Definizione fisiologica delle lacrime, Treccani
– Il maiale. Storia di un cugino poco amato. Michel Pastoureau. Ed. Ponte alle Grazie 2014

L’AUTORE
* Giovanni Fornoni ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. All’attività di artista affianca quella di docente. Con i suoi Bestiari sovrappone o accosta la condizione umana a quella animale, indagando simbolicamente fatti di cronaca contemporanea, mettendo in rilievo verità ataviche, antropologiche, sociali e culturali.

L’OPERA
Immagine dell’opera: Porcus est porcus – collage fotografico, fuliggine e vernice spray – 35×50 cm. 2023

maiale - giovanni fornoni
Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI