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La storia

Celestino V, il Papa che dopo pochi mesi rinunciò alla sua carica

Ascese al soglio pontificio il 5 luglio 1294 e su di lui c'erano grandi aspettative, ma abdicò il 13 dicembre dello stesso anno

Pietro Angelerio, più noto come Pietro da Morrone (Sant’Angelo Limosano, 1209 o 1210 – Castello di Fumone, Frosinone, 19 maggio 1296), ascese al soglio pontificio il
5 luglio 1294, assumendo il nome di Celestino V.

La sua elezione, caldeggiata da Carlo II d’Angiò, sovrano di Napoli, mise fine a un lungo e travagliato periodo di incertezza, apertosi all’indomani della morte di Niccolò IV (4 aprile 1292). Il “papa angelico” suscitò speranze e aspettative, tra gli spirituali francescani, e sembrò, inoltre, incarnare la soluzione definitiva alla lunga e annosa contesa tra i gruppi degli Orsini e dei Colonna, potenti famiglie perennemente in lotta per guadagnare la supremazia all’interno del collegio cardinalizio (Cfr. Grado Giovanni Merlo, Basso Medioevo, ed. Utet, 2010).

Dopo essere stato eletto a Perugia e consacrato all’Aquila (29 agosto 1294), città quest’ultima in cui fece il suo ingresso “a dorso di un asino, sull’esempio di Cristo” (Peter Herde, Celestino V, papa in “Dizionario Biografico degli Italiani, V. 23, 1979), Celestino V si stabilì definitivamente a Napoli, accompagnato da una fama di uomo santo, particolarmente incline al ritiro eremitico.

La cristianità si illuse che quest’uomo “troppo vecchio, incapace di liberarsi delle continue richieste di favori da parte dei suoi monaci, e più di Carlo II (che lo indusse a nominare vari cardinali francesi)” (Celestino V papa, santo in “Enciclopedia online Treccani”) potesse ricondurre la Chiesa alla purezza del Vangelo (Cfr. Gabriella Piccinni, Il Medioevo, ed. Bruno Mondadori, 2004).

Fiducia che venne, purtroppo, ben presto tradita: “Dopo soli pochi mesi, però, resosi conto dell’impossibilità di soddisfare le attese che aveva suscitato, preferì rinunciare alla carica, aprendo la strada al cardinale Caetani, che fu considerato non estraneo alla clamorosa decisione” (Giovanni Vitolo, Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, ed. Sansoni, 2000).

Il Cardinale Benedetto Caetani esercitò un’opera di convincimento particolarmente efficace sul vecchio pontefice tanto da ottenerne l’abdicazione, già nel 13 dicembre del medesimo anno. L’astuto porporato si vide così la strada spianata verso la cattedra petrina: il 24 dicembre 1294, iniziava il papato di Bonifacio VIII. Celestino V avrebbe concluso i suoi giorni, invece, in regime di confino, e sorvegliato a vista, presso il castello di Fumone. Il 5 maggio 1313, venne canonizzato.

Celestino V, “colui che fece per viltade il gran rifiuto” (Dante Alighieri, Inferno, III, 60), con la sua rinuncia, secondo il Sommo Poeta, si rese complice e corresponsabile
degli eventi futuri, non ostacolando quel perverso cammino che avrebbe trasformato la Chiesa in un mercato simoniaco, clientelare e guerrafondaio.

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