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La fine di un regno

Addio Regina Elisabetta, “quel senso del dovere tra cappellini bizzarri e scarpe risuolate”

Ne parla il giornalista Alberto Mattioli, autore di un libro sulla sovrana, noto a Bergamo per il suo ruolo di dramaturg al Donizetti Opera Festival

Un fascino indiscutibile, che ha esercitato per quasi 70 anni sui suoi sudditi e sul mondo intero. La Regina Elisabetta II di Windsor è morta “pacificamente a Balmoral”, come recita il cartello appeso nel pomeriggio dell’8 settembre sul cancello di Buckingham Palace.

Il giornalista de La Stampa Alberto Mattioli, noto a Bergamo per il suo ruolo di dramaturg al Donizetti Opera Festival, alla sua figura così carismatica ha dedicato un libro, scritto a quattro mani insieme al cultore Marco Ubezio. Si intitola ”Elisabetta, la Regina infinita”.

Su di lei riflessioni importanti e aneddoti divertenti.

Mattioli, per quale motivo la Regina Elisabetta era tanto amata dalla gente? Qual era il suo segreto?

I segreti erano due. Il primo è la durata del suo regno. Pochi dei suoi sudditi ricordano qualcun altro su quel trono. Dava l’impressione di esserci sempre e che ci sarebbe sempre stata. È stata la sovrana più longeva della storia britannica e, nella storia delle monarchie, si colloca al secondo posto dopo il Re Sole, che regnò per più di 72 anni. Però era avantaggiato perché venne incoronato a 5 anni.

Il secondo segreto è stato il modo di interpretare il suo ruolo: una regina con un grandissimo senso del dovere, ha regnato con grande professionalità, ha sempre anteposto il suo incarico alle sue aspirazioni e interessi personali.

Una donna che è riuscita a fare da scudo alla reputazione del casato, nonostante gli scandali che hanno colpito la sua famiglia.

In realtà lei ha sempre accettato i consorti dei suoi figli o della sorella. Era una romantica, si è innamorata di Filippo all’età di 13 anni e si è sposata per amore. Ha provato a far funzionare i matrimoni dei figli, anche quello tra Carlo e Diana. Possiamo tranquillamente dire che Diana è stata la seconda minaccia per la monarchia britannica dopo Hitler.

A proposito di Diana, secondo lei la Regina soffriva un po’ la dualismo con questa principessa così glamour, amata dal popolo e dai media, così diversa rispetto al suo stile un po’ “vecchio stampo”?

Assolutamente no. Tra le due non c’è paragone. Diana ha inseguito per tutta la vita la sua felicità personale, mentre Elisabetta l’ha spesso sacrificata perché consapevole che il suo ruolo pubblico era più importante.

Come vede la successione?

Credo che Carlo sia stato spesso sottovalutato. Trovo che sia una figura estremamente interessante, intelligente, con delle idee che ha più volte manifestato e proprio per questo sarà avvincente capire come impronterà il suo regno. Che sarà sicuramente meno lungo rispetto a quello della madre per questioni anagrafiche, dato che ha quasi 75 anni. E poi sono curioso di sapere con quale nome regnerà perché i re, come i papi, scelgono il nome al momento dell’incoronazione.

È vero che la Regina beveva due bicchierini di gin al giorno?

No, quella era la madre. Lei amava farsi servire un cocktail prima di cena, preparato con 3 parti di gin e una parte di Dubbonet, un vino liquoroso francese. E si dice che prima di andare a dormire bevesse una flûte di champagne.

I cappellini della Regina: indossati da una persona qualunque risulterebbero ridicoli mentre lei li portava con grande stile, così come i colori sgargianti dei suoi tailleurs.

Una volta Elisabetta ha detto: “Se mi vestissi di beige non mi riconoscerebbe nessuno” e in questa frase sta tutto il senso del suo abbigliamento. Lei non doveva cambiare immagine, doveva rimanere sempre uguale, con la stessa pettinatura, quella del ritatto sulle banconote. Non inseguiva la moda perché la moda cambia, mentre lo stile resta. E lei ha inventato lo stile elisabettiano.

Si dice che fosse una donna molto parsimoniosa.

È vero. Faceva risuolare le scarpe, alcune borsette che portava erano quelle di sua madre. Una volta pare abbia rimproverato un domestico perché aveva lasciato una luce accesa. E si dice anche che sia arrivata fino a 96 anni perché nel palazzo le temperature erano molto basse, quindi si conservava bene.

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