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L'intervista

Da Bergamo a Boston: “Virginia e Lucrezia si riuniscono dopo oltre due secoli” fotogallery

Per conoscere meglio le due opere abbiamo intervistato il direttore dell’Accademia Carrara Maria Cristina Rodeschini, parlando con lei non soltanto delle “tavole sorelle” ma anche della “Resurrezione di Cristo” di Mantegna

Sono numerosi i dipinti che, nella storia dell’arte, nonostante siano stati pensati dai rispettivi autori per far parte di uno stesso ciclo pittorico, finiscono per confluire all’interno di collezioni appartenenti a musei che si trovano a migliaia di chilometri di distanza.

Ne sono un esempio “Storia di Virginia” e “Storia di Lucrezia”, due opere che il maestro Botticelli aveva concepito per adornare un unico luogo ma che, nel corso dell’Ottocento, hanno subito un destino differente da quello immaginato dell’artista. Il primo dipinto, infatti, viene acquistato nel 1871 da Giovanni Morelli e poi giunge in Accademia Carrara grazie al lascito dello stesso, mentre il secondo viene comprato nel 1894 da Isabella Stewart Gardner grazie alla mediazione di Bernard Berenson, storico dell’arte nonché uno dei più grandi conoscitori del Rinascimento italiano.

Dopo essersi guardate per secoli, a distanza, da una parte all’altra dell’oceano, le due opere sono state finalmente ricongiunte e rappresentano ora il centro della mostra “Le storie di Botticelli, tra Boston e Bergamo”, allestita da Tobia Scarpa e Mauro Piattelli. La mostra, aperta il 12 ottobre 2018 e visitabile in Accademia Carrara fino al 28 gennaio 2019, ricongiunge dopo quasi due secoli le due tavole “sorelle” del maestro fiorentino; a febbraio, i due dipinti voleranno poi a Boston all’Isabella Stewart Gardner Museum, dove è prevista la seconda tappa della mostra.

Le storie di Botticelli -  Ph. Gianfranco Rota

Per conoscere meglio queste due opere abbiamo intervistato il direttore dell’Accademia Carrara Maria Cristina Rodeschini, parlando con lei non soltanto delle “tavole sorelle” ma anche della “Resurrezione di Cristo” di Mantegna che “si trova ora alla National Gallery di Londra nella prima tappa di una mostra divisa in due atti: prima di tornare in Accademia, verrà anche esposta alla Gemäldegalerie Galerie di Berlino. Al termine del restauro abbiamo deciso di prestare l’opera a questi due prestigiosi palcoscenici europei poiché ci è sembrato importante essere all’interno di queste due sedi dove è presente la ‘Discesa al Limbo’, ovvero la parte che completa il quadro. In questo modo sarà possibile rivedere l’intero sistema ricongiunto”.

Storia di Lucrezia di Sandro Botticelli, Isabella Stewart Gardner Museum di Boston

Com’è nata l’idea di riunire le due opere, prima qui a Bergamo e poi a Boston?

“Spesso le vicende di collezionismo e di mercato, soprattutto nell’Ottocento e nel Novecento, hanno portato alla separazione di cicli pittorici, e queste due tavole facevano infatti parte di un unico ciclo conservato in uno dei palazzi fiorentini di maggior pregio. I due dipinti sono però divisi già dal ‘700 e il ricongiungimento nasce dalla volontà di valorizzare il patrimonio della Carrara: questo non è l’unico caso, e credo che sia un fronte sensibile e culturalmente ricco quello di presentare al pubblico opere o cicli completi. Le due tavole non si vedono riunite da più di 150 anni e credo che questa sia un’occasione imperdibile per Bergamo, ma anche per l’intero territorio nazionale”.

Le due tavole possono essere definite ‘moderne’ in quanto trattano temi anche oggi molto ricorrenti. Crede che queste due opere, inserite nella modernità, possano ancora dire qualcosa?

“Certamente le tavolo rappresentano esempi di virtù femminile di piena attualità. D’altra parte un valore molto importante riguarda il fatto che questi due sacrifici al femminile – l’uno, quello di Virginia, per mano del padre mentre l’altro, quello di Lucrezia, per suicidio – provocano un mutamento politico molto forte. L’idea che un fatto privato abbia un riscontro sulla componente pubblica credo che sia l’elemento di maggiore modernità di questi quadri”.

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