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La riflessione

Architetto o fotografo: due espressioni dello stesso sentire?

È più facile per un architetto fare il fotografo o per un fotografo fare l'architetto? La risposta potrebbe sembrare semplice e scontata, ma in realtà non lo è.

È più facile per un architetto fare il fotografo o per un fotografo fare l’architetto? La risposta potrebbe sembrare semplice e scontata, ma in realtà non lo è.

La mia riflessione su questo dubbio (amletico) è nata un paio di anni fa, quando un amico, stimato fotografo professionista, più a sguardi che a parole espresse il dubbio sulle mie capacità di fare fotografia e/o di insegnarla.
Da quel giorno quindi mi sono interrogato cercando di trovare nessi e differenze tra le due professioni.

Nella realtà italiana per fare l’architetto bisogna aver conseguito una laurea quinquennale, aver superato l’esame di stato ed essere iscritto ad un albo professionale. Per fare il fotografo in teoria non serve alcun titolo o licenza statale, probabilmente non serve nemmeno più una macchina fotografica particolare.
Nel mondo invece la questione diventa più complessa. Molti grandi architetti, anche alcuni che hanno vinto il Premio Pritzker – il Nobel dell’architettura – non sono architetti. Tadao Ando su tutti, ma anche Peter Zumthor che nasce come ebanista. Quindi in effetti essere laureato o avere la licenza di architetto non è in realtà un prerequisito fondamentale per progettare edifici o altre costruzioni.

oliviero godi

Curly Curlers” Campagna su Istangram per RadiciGroup di Oliviero G. Godi

Anomalie a parte, cosa fa di una persona un bravo architetto? La capacità di comprendere il contesto, non solo quello geografico ma soprattutto quello sociale, storico, economico, di analizzare la società in cui viviamo, le sue anomalie e distorsioni, le sue necessità, per poi rappresentarle o analizzarle o commentarle attraverso un’architettura che soprattutto esprima il parere dell’architetto stesso su quel particolare problema. Ma non sono queste qualità anche quelle del fotografo? Il fotografo, come lo intendo io, non è solo un esteta, ma uno che affronta problematiche sociali ed esprime il proprio commento attraverso un’immagine o una serie di immagini, che diventano un progetto fotografico.

Se vogliamo essere precisi l’architetto può fare molti più danni di un fotografo, sia perché le proprie invenzioni vengono abitate o utilizzate, e quindi hanno una funzione pragmatica assente nella fotografia, sia perché normalmente un progetto architettonico ha costi enormi rispetto ad una immagine ed un errore può mandare in bancarotta il cliente.
Ma anche la fotografia può avere un forte impatto sociale e cambiare il corso degli eventi, come per esempio le foto di Dorothea Lange per la FSA (Farm Security Administration) durante la Grande Depressione americana degli Anni Trenta, che contribuì in maniera fondamentale a cambiare la percezione che si aveva nelle grandi città delle carestie negli stati più poveri del paese.
Sia l’architetto sia il fotografo quindi studiano gli stessi aspetti del mondo in cui viviamo e traggono le proprie personali conclusioni (altrimenti sono dei manieristi) che vengono espresse semplicemente con due linguaggi diversi.
Entrambe le professioni richiedono un forte studio della filosofia moderna, della psicologia, dell’antropologia, della storia e delle tensioni e sviluppi della società.
Cosa allora differenzia nettamente i due ambiti? NULLA.

Semplificando sarebbe come dire che uno si esprime in prosa e l’altro in poesia, ma entrambi possono dire la stessa cosa.
Certo, se faccio una ricerca su Google ci sono mille esempi di architetti diventati fotografi, mentre rarissimi sono i casi contrari; questo è dovuto più alle costrizioni del sistema burocratico (lauree, licenze, albi) per cui scegliere una direzione, da architetto a fotografo, diventa più facile che andare nella direzione contraria, ma non necessariamente significa che un architetto sia un miglior fotografo che viceversa.
Certo, c’è un processo di apprendimento del medium che necessita tempo, studio e pratica, come in tutti i casi in cui si impara qualcosa di nuovo, ma la macchina fotografica non è il fine, è semplicemente un mezzo per arrivare a dire qualcosa, non molto diverso da Illustrator o Photoshop o Autocad o 3Dmax.

L’importante è avere qualcosa da dire…

In questo senso grandi fotografi come Lee Friedlander o Garry Winogrand hanno dimostrato che la perfezione dell’immagine è completamente secondaria al messaggio che la fotografia vuol trasmettere.

Quindi per rispondere al dubbio iniziale, sì credo che un architetto possa essere un bravo fotografo e possa anche trasmetter ad altri il proprio modo di fare fotografia.

Oggi vengono caricate sul web circa due miliardi di foto al giorno, la grande maggioranza scattate con i cellulari, che hanno quasi completamente sostituito le macchine fotografiche compatte, quelle intermedie e a volte anche quelle professionali. Quindi, in questo oceano di immagini (come il titolo dell’ultima grande mostra al MoMA di New York City), trovare delle foto tecnicamente perfette è facile e per quanto possano essere una percentuale minima del totale, in valori assoluti sono centinaia di migliaia ogni ventiquattro ore. Cosa fa la differenza allora? Il progetto. L’idea, che sviluppata dal concetto produce una o più immagini che sono consistenti e coerenti con l’idea iniziale, e che deve essere originale, particolare, interessante e suscitare una reazione in chi ne è a contatto. Come una buona architettura.

Oliviero G. Godi

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