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Letto per voi

Christo laureato a Torino parla della passerella sul Sebino e di Trump

L'anno scorso conquistò il mondo con la passerella gialla sul lago d'Iseo. Ma nella bella intervista che gli ha fatto Giulia Zonca de La Stampa l'artista parla anche dell'America e del suo (discusso) presidente

Christo l’anno scorso conquistò il mondo con la sua passerella gialla sul lago d’Iseo. Ma nella bella intervista che gli ha fatto Giulia Zonca de La Stampa l’artista parla anche dell’America e di Trump. La riportiamo.

Diciannove anni fa Christo ha impacchettato le sale di palazzo Bricherasio a Torino e ci ha trovato «due ragazzi che amoreggiavano sullo scalone»: solo allora ha capito che era il posto giusto. Non ne era certo perché lui evita i lavori su commissione e quella era una gentile richiesta. Una rarità. Torino evidentemente spinge l’artista che ha fatto camminare più di 2.200.000 persone sul lago d’Iseo ad accettare gli inviti.

Ci sono città che aspettano da anni di poterlo omaggiare e ieri l’ Università di Torino gli ha conferito la laurea honoris causa in Storia dell’arte. Quanti titoli accademici ha collezionato?

Qualcuno, ma questo è l’ unico italiano e ne sono orgoglioso. Qui ho sempre lavorato bene e poi la Cavallerizza, dove ho ricevuto la laurea, avrebbe potuto essere scelta al posto di palazzo Bricherasio all’epoca. Era tra le possibilità.

Si aspettava un successo così enorme per The floating Piers, l’opera sul lago di Iseo?

Successo non è la parola che userei.

Più di 2 milioni di persone cosa sono?

Gioia. E più lunga è la gestazione di un progetto, più è un piacere vedere cosa succede quando si realizza. La prima idea di una passerella sull’acqua ci è venuta nel 1970. Prima doveva essere in Argentina e non se ne è fatto nulla, poi in Giappone e me ne sono andato litigando. Siamo passati per molte strade, si sono sempre chiuse, poi ho realizzato che stavo per compiere 80 anni e che se non avessi trovato l’ acqua giusta sarei morto prima di vedere l’ opera. Ed è arrivato il lago d’Iseo. Dove tutto all’improvviso è stato facile. Quindi non lo chiamerei successo, piuttosto pace.

Non è frustrante attendere magari vent’anni per realizzare un’idea?

La Land Art funziona così. Devi interagire con un luogo fisico, con la gente che ci abita, con le leggi che ci sono e discutere ore infinite su qualcosa che non esiste e non è mai stato tentato prima. I progetti sono solo nella mente di chi li vuole fare e di chi li vuole impedire, ed è da questa dinamica che nasce l’energia.

Anche dall’energia negativa?

È necessaria, ti spinge a trovare le risposte

Qualcuno cambia fronte durante le trattative?

Sì, ma spesso sono io che cambio idea. Nel 1975 volevo impacchettare la statua di Cristoforo Colombo, a Barcellona, il sindaco ha detto no. Nel 1982 ci ho riprovato, un nuovo sindaco ha detto no. Quando il terzo sindaco, quello che poi avrebbe avuto le Olimpiadi del 1992, mi ha chiamato e mi ha detto “Fai quello che vuoi”, ho risposto “Adesso non mi interessa”.

Ha abbandonato anche il lavoro Over the River. Stavolta perché non vuole avere a che fare con Trump.

Ho detto basta. Anche se era un progetto a cui io e mia moglie Jeanne-Claude abbiamo lavorato per 40 anni: stendere un velo su 100 chilometri del fiume Arkansas. Ma non voglio trattare con lui.

Passerella di Christo

Quanto le è costato andarsene?

«Quaranta milioni di dollari, ma il privilegio di pensare e pagare le proprie opere sta proprio nel fatto che non devi rendere conto a nessuno.

Era un progetto a cui ha lavorato con sua moglie, anche sua partner artistica: è stato difficile cancellarlo?

Jeanne-Claude era più radicale di me, avrebbe fatto lo stesso.

Quanto diverso è lavorare senza di lei dopo una vita in simbiosi?

Siamo nati lo stesso giorno dello stesso anno. Lei era la parte critica del mio mestiere. Metteva in discussione il più piccolo dettaglio e vagliava ogni possibile soluzione. Manca immensamente a me e al mio lavoro, ma non smetto di avere idee anche in nome suo.

La prossima?

Mastaba ad Abu Dhabi, a 120 chilometri dalla città. Ed è complicatissima. Un’ installazione fatta di barili, quelli del petrolio, ne serviranno più di 400 mila. E ci sono milioni di problemi logistici.

Fa apposta ad alzare sempre il livello di difficoltà?

È solo che non voglio rifare quel che ho già sperimentato. Sarebbe noioso e allora cerco altre sfide, magari i luoghi li ho visti anni prima e gli schizzi possono essere nel mio studio da un’ eternità. Mi muovo su più idee simultaneamente, è l’ unico modo per non farsi bloccare dai divieti. Mastaba è affascinante, potente. La base è fatta sulle misure disegnate da Bernini per il Vaticano.

A proposito di Vaticano, ha mandato un regalo al Papa per un progetto di beneficenza.

Sì, ho avvolto in una plastica i dvd Alla scoperta dei Musei Vaticani , si tratta sempre di svelare e dare nuova vita. È successo con il Reichstag di Berlino che una volta sparito sotto la stoffa è diventato altro, e succede anche con un oggetto.

Il Papa le ha contestato il nome, Christo?

No, è comunque il mio nome di battesimo, Christo Vladimirov Javacheff, e anche se l’ho reso nome d’ arte resta molto comune nell’Europa dell’ Est, dove sono nato. Come in Spagna chiamarsi Jesus.

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