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Il ricordo

Quattro anni senza Piermario Morosini, il centrocampista che dribblava la sfortuna

Ha dribblato la sfortuna per tutta una vita, finché non ha trovato l’avversario insuperabile. Oggi, 14 aprile 2016, sono passati esattamente quattro anni da quel maledetto sabato pomeriggio del 2012 in cui Piermario Morosini, calciatore bergamasco in forza al Livorno, morì sul campo di gioco dello stadio Adriatico di Pescara.

Un malore improvviso, che non diede scampo a quel ragazzotto che per tanti anni se l’era dovuta vedere con la sfortuna.

Fino ad allora, infatti, Morosini aveva dovuto superare mille ostacoli, quelli che la vita non dovrebbe mai mettere di fronte a una persona così giovane. Lui, infatti, nell’età della spensieratezza, delle auto sportive e delle uscite in discoteca si era dovuto trasformare in un uomo. Un uomo cresciuto in fretta per i troppi dolori.

Prima la perdita della mamma Camilla, a 15 anni, poi la scomparsa del padre Aldo, appena raggiunta la maggiore età. Ai due lutti si è aggiunto poi il suicidio del fratello, portatore di handicap. Piermario è rimasto solo con la sorella, ricoverata da anni per via di una grave forma di disabilità.

E con la fidanzata Anna, compagna dei suoi ultimi anni.

Piermario Morosini

“Certi dolori ti segnano e cambiano la vita – dichiarò in un’intervista, qualche tempo prima della tragedia di Pescara -, ma al tempo stesso ti danno un’energia e una rabbia per affrontare ogni problema, ti aiutano a dare tutto. Come sto facendo io per realizzare quello che era un sogno anche dei miei genitori”.

Per Morosini tutti hanno sempre e solo avuto parole bellissime: “Portava, su quel viso velatamente triste, una dolcezza infinita – disse di lui Mino Favini, l’ex responsabile del settore giovanile dell’Atalanta che lo seguì negli anni più duri -. La vita l’ha provato fin troppo”.

Piermario Morosini

La sua morte, avvenuta in diretta di fronte alle telecamere, ai compagni di squadra in lacrime, ai tifosi ammutoliti, ha scosso tutto il mondo del calcio. Quello stesso mondo del calcio che anche oggi, a distanza di quattro anni, ricorda ancora con affetto e dolore quel ragazzone talentuoso che per un’intera vita ha cercato di dribblare la sfortuna.

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