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La mostra

“Forma nello spazio” Le opere di Franco Dotti al Centro San Bartolomeo fotogallery

Fino al 19 ottobre al Centro Culturale San Bartolomeo è possibile visitare "Forma nello spazio – Opere di Franco Dotti". La mostra – realizzata dalla Fondazione Creberg con una suggestiva selezione di opere scultoree e pittoriche dell’artista – approfondisce il percorso esistenziale e artistico di Franco Dotti, svelandone alcuni lati inediti.

La Fondazione Credito Bergamasco presenta al pubblico Forma nello spazio, una splendida selezione di opere dell’artista Franco Dotti, impegnato tra Bergamo e Parigi nella seconda metà del Novecento in una costante, infaticabile ricerca sulla forma scultorea e pittorica.

Artista di innate qualità tecniche, valorizzate e affinate da un grande lavoro di studio e sperimentazione, Franco Dotti non ha mai abbandonato la ricerca artistica, con esiti suggestivi e di elevato standing.

L’esposizione, allestita presso il Centro Culturale San Bartolomeo di Bergamo, consente non solo di ammirare opere d’arte di grande valore qualitativo, ma anche di approfondire il percorso esistenziale e artistico dello stesso Dotti, il cui orientamento – sganciatosi presto dal realismo di matrice tradizionale – evolve già dagli anni sessanta verso una semplificazione sempre più radicale, tesa a trasformare i soggetti in strutture universali.

Con questa mostra dedicata a Franco Dotti – artista di qualità tanto eccellenti, quanto poco noto (come sovente capita) al grande pubblico, in particolare nella sua città – la Fondazione Credito Bergamasco intende proseguire la storica attività di valorizzazione dell’arte e della cultura dei territori di riferimento. Da tempo, infatti, la Fondazione è impegnata, fra l’altro, in iniziative che mirano a dare visibilità ad artisti di rilevante valore che – pur se meritevoli della massima considerazione – corrono il rischio di essere dimenticati o addirittura ignorati, per il loro ricercare avulso dalle logiche di mercato o dalle mode dei tempi.

Sono iniziative che permettono di indagare particolari nicchie, sconosciute ai più e alle quali non è stata dedicata adeguata attenzione, che hanno contribuito alla definizione del panorama artistico del nostro territorio e che, pertanto, meritano di essere riportate alla luce.

SEDE E ORARI

Centro Culturale San Bartolomeo Bergamo, Largo Belotti, 1

27 settembre – 19 ottobre 2014

Tutti i giorni dalle 10 alle 12 dalle 16 alle 19.30

Ingresso libero

ORGANIZZAZIONE

Fondazione Credito Bergamasco (Bergamo) in collaborazione con Associazione Franco Dotti per l’Arte (Azzano San Paolo, Bergamo)

CURATORI

Angelo Piazzoli – Paola Silvia Ubiali

 

LA PRESENTAZIONE DI ANGELO PIAZZOLI

*Angelo Piazzoli Segretario Generale della Fondazione Credito Bergamasco Curatore dell’esposizione Forma nello spazio – Opere di Franco Dotti

 

“L’ignaro passante che, per le ragioni più svariate, dovesse percorrere l’ultimo tratto di via Leonardo da Vinci – in un ordinato quartiere residenziale di Azzano San Paolo in provincia di Bergamo – si troverebbe sorpreso nel trovarsi improvvisamente specchiato in una monumentale scultura alta quasi sei metri, in acciaio levigato, che campeggia nel giardino di un’insospettabile villetta anni settanta. La ciclopica opera sta lì per farci capire che quella è la casa di uno scultore, o meglio lo era in passato, giacché attualmente ospita la “casa-museo” sede dell’Associazione Franco Dotti per l’Arte.

Varcata la soglia, con un po’ di immaginazione e seguendo il filo dei ricordi delle figlie dell’artista, ci si potrebbe facilmente catapultare indietro nel tempo, quando, insieme alla famiglia, Franco Dotti viveva e lavorava alacremente spostandosi fra i piani dell’edificio dedicati alla vita privata (agli affetti e alla quotidianità) e la zona consacrata alla ricerca artistica (il seminterrato dove aveva sede il suo studiolaboratorio, oggi attrezzato in piccola gipsoteca). Qui tutto è rimasto com’era.

Anche il disordine, elemento caratterizzante la forma mentis di molti creativi: il banco da disegno (ricolmo di appunti, schizzi, fotografie, righe e squadre, matite e gessetti), i lavori ultimati, gli scaffali in ferro, la stanzetta dove si ammucchiavano i cataloghi delle numerose mostre personali e collettive, le pedane per le esposizioni e un lungo locale – organizzato, come si diceva, in forma di piccola gipsoteca – con gli attrezzi ormai impolverati e un vecchio torchio per le incisioni.

Qui sono raccolte molte delle opere che non ebbero il privilegio di venire tradotte in bronzo, non perché meno importanti, ma perché “di soldi non ce n’erano molti” in conseguenza della ammirevole scelta dell’artista di non piegare la sua ricerca a logiche di mercato; esse, immeritatamente, furono pertanto costrette a restare nel più umile e primitivo stato di bozzetti in gesso. Reputo molto interessante, sul piano civile ed etico, che le figlie – invece di “monetizzare”, come sovente avviene, l’eredità paterna – le abbiano dato una dimensione sociale ponendola a servizio della cultura e creando uno spazio dedicato alla presentazione dell’opera del genitore, con l’intendimento di renderlo disponibile per esposizioni di talenti da valorizzare, particolarmente giovani artisti.

Tale orientamento presenta una straordinaria contiguità con uno dei molti filoni operativi che la nostra Fondazione persegue, volto a dare visibilità ad artisti eccellenti dei territori che – pur se meritevoli della massima considerazione – rischiano di restare senza voce, ignorati o addirittura cancellati, per il loro ricercare avulso dalle logiche mercantili o dalle mode dei tempi. Non mi dilungherò nello spiegare come, pazientemente e caparbiamente, abbiamo sostenuto (e sosteniamo) iniziative capaci di far rileggere, con passione, episodi di storia figurativa che correvano (e corrono) il pericolo di rimanere sepolti. Erano (e sono) qui, vicino a noi, a portata di mano; gli esempi sono molteplici (si pensi alla nostra riscoperta del “Gruppo Bergamo” – con le esposizioni dedicate Mario Cornali, Trento Longaretti, Domenico Rossi, Franco Normanni, Rinaldo Pigola, Erminio Maffioletti, Piero Cattaneo, Raffaello Locatelli – o alla valorizzazione di grandi personaggi, come Gianfranco Bonetti o più recentemente Enrico Prometti, che rischiavano di essere dimenticati post mortem con il ricambio generazionale).

Nello specifico, è per noi un dovere storico restituire il giusto calibro ad artisti di rilevante valore, ai quali non è stata dedicata adeguata attenzione, nonostante siano da ritenersi veri interpreti della loro epoca. Tali iniziative ci paiono meritorie in quanto permettono di indagare particolari nicchie, sconosciute ai più, che hanno contribuito alla definizione del panorama artistico del nostro territorio e di cui il tempo in cui viviamo è il visibile risultato.

È questo il caso di Franco Dotti, artista di qualità tanto eccellenti, quanto poco noto (come sovente capita) al grande pubblico, particolarmente nella sua città (il nemo propheta in patria è sempre d’attualità); in lui le qualità di ordine tecnico – certamente innate, valorizzate dagli studi all’Accademia di Brera e poi affinate dal grande lavoro di studio e di sperimentazione – si sono coniugate con un’instancabile opera di ricerca sul campo con esiti di elevato standing, certamente suggestivi e di sicuro sorprendenti per chi non lo conosce. Ecco, in poche parole, una sintesi efficace del suo percorso: “La ricerca di Franco Dotti non ha mai avuto sconvolgimenti, né brusche virate, è sempre stata una faticosa, lenta e progressiva conquista, dapprima nel segno di un realismo presto abbandonato, poi facendo i conti con l’astrazione e, in ultima battuta, sbarazzatosi completamente di qualsiasi riferimento al dato reale, oggettivo o naturalistico, nell’ambito del concretismo.” (Paola Silvia Ubiali)

La nostra iniziativa non si limita a ricordarne il volto già conosciuto, attraverso numerose e significative testimonianze della ricerca artistica; essa consente – grazie al lavoro di studio della curatrice Paola Silvia Ubiali e alla disponibilità delle figlie Nicoletta e Roberta – di sistematizzare e storicizzare l’opera di Dotti mediante l’esposizione e lo studio di un corpus di opere, conservate dalla famiglia, che ci presentano – in aggiunta ad alcuni pezzi già noti – taluni lati inediti dell’artista, qualificando ulteriormente la mostra e la presente monografia. Vorrei inoltre rimarcare l’ulteriore aspetto che mi pare degno di particolare nota nell’opera dell’Associazione Franco Dotti per l’Arte, il mettere a disposizione gli spazi espositivi per mostre di talenti inespressi, in particolare giovani artisti, al fine di fornire loro una vetrina per il loro lavoro, opportunità rara in questi tempi.

Questo illuminato atteggiamento ci mostra non soltanto un altro interessante punto di contatto con la nostra Fondazione, che da tempo investe su giovani di qualità; si pensi alla mostra itinerante dedicata al tema biblico di Giobbe (La notte e il suo sole), che abbiamo commissionato tre anni fa ad un giovane artista bergamasco di grande talento (al tempo inespresso) e ora, dopo un lungo lavoro di ricerca e di realizzazione, sta toccando numerosi sedi espositive locali e nazionali, con grande apprezzamento.

Esso evidenzia altresì il recupero di un habitus di Franco Dotti che – seppur legato al territorio in cui viveva – già a partire dagli anni settanta amava dialogare, in una logica cosmopolita, con artisti di tutto il mondo, particolarmente giovani talenti, con una evidente finalità di promozione e divulgazione dell’arte contemporanea.

“La mai venuta meno necessità di viaggiare, nemmeno con l’avanzare degli anni, le costanti esposizioni ai Salons di Parigi e gli scambi con gli artisti stranieri di cui spesso era l’organizzatore delle rassegne in Italia, mettono Franco Dotti in contatto con il mondo. Nella prefazione di una mostra da lui curata molti anni fa in una piccola cittadina della provincia veneta dove aveva invitato ad esporre italiani, francesi, cecoslovacchi, venezuelani, giapponesi rigorosamente non figurativi scrive: «Perché questa raccolta di opere fuori del comune? La risposta è: per far capire al pubblico l’importanza e la validità dell’arte contemporanea».” (Paola Silvia Ubiali)

L’esposizione dedicata a Franco Dotti ci consente non solo di ammirare opere d’arte di grande valore qualitativo e di approfondire un percorso costante di ricerca esistenziale e artistica, in un’epoca densa di suggestioni; ci permette altresì di apprezzare l’intelligente e lungimirante opera di un artista e uomo di cultura che, da vero antesignano, seppe – nel promuovere l’arte contemporanea – anticipare i tempi mantenendosi inserito nel suo contesto locale e, nel contempo, aprendosi al mondo globale da precursore. Glocal, dunque. D’antan”.

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