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La collezione

“Paco disteso” di Arienti La Popolare di Bergamo mostra un suo gioiello

La Banca Popolare di Bergamo per il secondo appuntamento del Progetto Art Up presenta da mercoledì 26 febbraio, nella nicchia della sede di Bergamo, "Paco disteso" di Stefano Arienti che appartiene alla collezione della Banca Popolare di Bergamo.

La Banca Popolare di Bergamo per il secondo appuntamento del Progetto Art Up presenta da mercoledì 26 febbraio, nella nicchia della sede di Bergamo, "Paco disteso" di Stefano Arienti che appartiene alla collezione della Banca Popolare di Bergamo.

Il Direttore Generale di Banca Popolare di Bergamo Spa, Osvaldo Ranica: “Sono lieto di rinnovare l’invito di Banca Popolare di Bergamo al secondo appuntamento del Progetto Art Up, al fine di scoprire insieme un altro tassello dell’interessante mosaico, che mensilmente via via si compone, rappresentato dalla mirata selezione di Opere moderne e contemporanee che la Banca ha il piacere di esporre al pubblico facendone oggetto di una fruizione condivisa, che possa portare a considerazioni e riflessioni sugli sviluppi delle correnti contemporanee. Proseguendo nel suo programma di attenta osservazione, conservazione e valorizzazione, la Banca per il mese di febbraio a partire da mercoledi 26, nella nicchia della Sede di Bergamo, espone un’opera proveniente da una personalità che colpisce senza dubbio per originalità di pensiero e mezzi espressivi, così come affascina – mi preme sottolineare – il fatto che questo Artista nel suo percorso di crescita abbia insegnato alla Accademia Carrara di Bergamo, per poi esporre alla Gamec, un filo conduttore legato al nostro Territorio, nel quale ha operato prima come docente formatore e poi come generoso e riconosciuto sperimentatore. Confidando che anche questa iniziativa si possa configurare come un ulteriore contributo alla comprensione degli orientamenti artistici del nostro tempo, auguro a tutti una buona visione e una buona lettura”.

ART UP

"Art Up" a cura di Enrico De Pascale, promossa da Banca Popolare di Bergamo, è un’iniziativa culturale finalizzata a promuovere la conoscenza del proprio patrimonio artistico. Ogni mese, un’opera d’arte diversa facente parte della collezione della Banca, verrà esposta al pubblico nell’atrio della Sede Centrale di Piazza Vittorio Veneto 8, tutti i giorni, negli orari di apertura. Non una semplice presentazione, ma un vero e proprio “invito” alla lettura e alla fruizione tramite schede storico-critiche illustrate e collezionabili realizzate per l’occasione dallo storico dell’arte Enrico De Pascale, Curatore responsabile della collezione. Con il progetto ART UP vengono così rese visibili opere d’arte antica e contemporanea normalmente “inaccessibili” perché ubicate negli uffici, nelle filiali, nei caveaux della Banca.

La collezione d’arte di Banca Popolare di Bergamo, che assomma diverse centinaia di opere di età compresa tra il XIV e il XXI secolo (dipinti, sculture, disegni, fotografie, stampe, ecc.), si è formata nel corso di quasi centocinquant’anni intrecciando le proprie vicende con quelle della Banca stessa, fondata nel lontano 1869. Una raccolta ampia e variegata capace di coniugare l’attenzione per la produzione artistica locale e nazionale – da Baschenis a Fra’ Galgario, da Piccio a Manzù, da Ghirri a Boetti – con l’interesse per le proposte più sperimentali della scena internazionale: da Kapoor a Buren, da Armleder a Gillick, da Halley a Yan Pei Ming. Una varietà di opzioni linguistiche ed espressive che è frutto di precise scelte collezionistiche orientate a rappresentare al meglio il complesso e articolato panorama della cultura artistica passata e contemporanea. Per il suo secondo appuntamento (mese di Febbraio), ART UP propone l’esposizione dell’opera di Stefano Arienti, Paco disteso (1997).

"PACO DISTESO"

Paco disteso, 1997 Vernice spray su carta da lucido cm. 100×180 Collezione Banca Popolare di Bergamo.

L’opera è parte di una serie di dipinti tratti da fotografie eseguiti dall’artista con vernice spray rossa su fogli di carta da lucido. Raffigura un giovane uomo disteso al suolo, ripreso con ripido scorcio di sottingiù e un andamento diagonale da sinistra verso destra, dall’alto verso il basso. Esposti per la prima volta nel 1998, tali lavori traducono in termini pittorici le peculiarità della fotografia, donando all’immagine la trasparenza e l’immediatezza di un antico affresco. Il ricercato contrasto tra il rosso acceso della figura e l’abbagliante candore del foglio – e l’assoluta assenza dei dettagli d’ambiente -, accentuano il valore iconico dell’immagine, che galleggia libera nel vuoto della superficie.

La classica bomboletta di colore, strumento privilegiato dei writers per eseguire i graffiti murali, è impiegata da Arienti in modo inconsueto per realizzare una figura totalmente destrutturata, dai contorni sfumati e di consistenza gassosa, come una sorta di vaporoso ectoplasma. Al tempo stesso la silhouette rosso-sangue può sollecitare nell’osservatore involontarie associazioni con le immagini dei caduti per mafia o per il terrorismo o con qualche altro evento di cronaca nera. L’artista opera una consapevole contaminazione tra i linguaggi e le tecniche (nel caso specifico tra fotografia, pittura e graffiti) manipolando immagini provenienti dalle fonti più disparate, mescolando l’iconografia colta con quella popolare.

Lavorare su immagini preesistenti – piuttosto che crearne di nuove – è per Arienti una tecnica di resistenza, un modo con cui tentare di sottrarsi alla pervasività delle immagini che quotidianamente ci assediano. 

STEFANO ARIENTI

(Asola 1961; vive a Milano) Tra i più importanti artisti italiani degli ultimi trent’anni, ha insegnato all’Accademia Carrara di Bergamo e all’Università IUAV di Venezia. Nel 1985 partecipa alla prima mostra collettiva nella ex fabbrica Brown, Boveri & Cie dove incontra Corrado Levi, il suo primo maestro. Fin dalle sue prime mostre evidenzia un’originale inclinazione a manipolare, modificare, cancellare oggetti d’uso quotidiano e immagini prelevate dal mondo dei mass media (fumetti, pubblicità, cinema, televisione, internet) o dell’arte stessa.

Nel 1986 realizza le Turbine, microsculture di carta costruite con orari ferroviari e albi di fumetti piegati a forma di torri cilindriche. Nel 1989 inizia il ciclo dei Ponghi in cui le immagini di famose opere d’arte riprodotte su poster sono “ridipinte” dall’artista tramite l’applicazione di ditate di plastilina colorata come fossero pennellate di colore. In tutti i casi il procedimento dell’artista consiste nell’intervenire su materiali già dati (cartoline, poster, fotografie, giornali, fotocopie ecc.) con l’obiettivo di ri-significarli e personalizzarli tramite l’intervento manuale. Ha esposto nei principali musei d’Italia (MAXXI, Mart, Rivoli, Museion, GAMeC, MAMbo, Hangar Bicocca).

Nel 1996 ha vinto il primo premio della XII Quadriennale di Roma. Nel 2005, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte ha tenuto una retrospettiva del suo lavoro. Nel 2008 la monumentale mostra Italics: Arte italiana fra tradizione e rivoluzione, 1968-2008 a Palazzo Grassi, curata da Francesco Bonami, comprendeva l’opera di Arienti Cassetto con strisce del 1987-1989, esposta nel 2009 anche al Museum of Contemporary Art Chicago. Tra il 1999 ed il 2002 ha partecipato al Progetto Zingonia, progetto multiculturale e interdisciplinare, attivando un laboratorio artistico in cui ha svolto una ricerca sui nomi dei bambini nati a Zingonia (BG). Un suo intervento murale è presente nella chiesa del nuovo Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

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