• Abbonati
Le reazioni

Referendum, il day after: “Scommessa vinta”; “Un flop, risultato modesto”

Tutte le reazioni ai dati del referendum per l'autonomia di domenica 22 ottobre: da un lato il centrodestra che festeggia il successo, dall'altro una parte del centrosinistra che parla di flop e risultati modesti.

I risultati del referendum per l’autonomia dividono la politica lombarda: per molti è stato un successo, di affluenza e di consenso, per altri un inutile spreco di tempo e di risorse.

All’indomani dello storico voto elettronico è inevitabile tracciare dei bilanci: alle urne si è recato il 38,2% degli aventi diritto in Lombardia, il 95,29% dei quali ha scelto il sì contro il 3,94% dei no e lo 0,77% di schede bianche.

In Bergamasca i dati sull’affluenza sono stati invece decisamente superiori, con il 47,37% degli elettori che hanno votato: male in città (35,7%) mentre in 123 Comuni si è superato il 50%.

“Maroni gongola per il 38,5% ma il dato su cui riflettere è quel oltre 60% di elettori lombardi che non si sono recati a votare perchè consapevoli del fatto che non fosse necessario un referendum per chiederla – sottolinea la deputata bergamasca del Pd Elena Carnevali – Consideriamo anche che la consultazione è avvenuta su un argomento, l’autonomia differenziata, che vede d’accordo la quasi totalità delle forze politiche e con un quesito al quale era impossibile rispondere in maniera negativa, essendo tale autonomia prevista dalla Carta stessa. Maroni aveva la possibilità di avviare le trattative tempo fa, come ha fatto anche l’Emilia Romagna, sulla scorta di una disponibilità del Governo e senza spendere 55 milioni di euro di soldi pubblici, e invece che portare a casa il prima possibile materie di competenza, ha preferito dilatare i tempi fino ad arrivare a fine legislatura con l’avvio dell’iter, alla ricerca di un forte mandato popolare che invece è stato appena sufficiente. Ora, oltre alla definizione delle deleghe e competenze per le quali richiedere maggiore autonomia differenziata sarà necessario definire gli obiettivi in nome dei quali farne richiesta, attenendosi al perimetro tracciato dalla Costituzione per il mantenimento dell’unità nazionale”.

Il collega Antonio Misiani, invece, non ha usato mezze misure e ha parlato chiaramente di flop: “Che Zaia possa parlare di successo è indiscutibile. Maroni, proprio no – ha spiegato – A venti punti di distanza dal Veneto e con risultati non ancora ufficiali a sedici ore dalla chiusura dei seggi (una vergogna da repubblica delle banane…), farebbe meglio a tornare con i piedi per terra, perché la verità è che in Lombardia il referendum è stato un mezzo flop. Il presidente della Regione aveva a favore tutto il centrodestra, tutto il M5S e buona parte del centrosinistra, a partire dai sindaci lombardi del Pd. Nonostante questo larghissimo consenso di partenza, i 55 milioni di euro spesi tra tablet e propaganda e l’asticella del successo furbescamente abbassata dal 51 per cento dichiarato ad agosto al 34 per cento di pochi giorni fa, ha portato alle urne la metà dei lombardi che avevano votato nel referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. Se questo era il primo passo della campagna elettorale per le regionali, Maroni è indubbiamente partito male.

Un risultato modesto anche per Roberto Bruni, consigliere regionale di Patto Civico: “Prima ancora di commentare l’esito di questo referendum, è doveroso registrare la sorprendente delusione del (mal)funzionamento del voto elettronico, rivelatosi un vero e proprio flop, tra ritardi e un dato definitivo che ancora non c’è. Venendo al risultato, con i votanti ormai attestati sotto il 40%, è francamente modesto se si pensa che il referendum costituzionale dello scorso dicembre aveva visto nella nostra regione un’affluenza al 74%. E tutto ciò va sicuramente imputato al fatto che questa manovra è stata piegata a fini di parte. Adesso dobbiamo voltare pagina e discutere concretamente su quali materie portare avanti la trattativa. Noi ci siamo, come abbiamo sempre dichiarato in Consiglio regionale, con un unico grande rammarico: quello di aver gettato al vento oltre 50 milioni di euro e tre anni di tempo. Ora siamo in zona Cesarini, con una giunta regionale in scadenza e un governo prossimo al rinnovo. Sarà inevitabile che i tempi si dilatino, e non poco, ma la colpa è solo di chi ha voluto mettere in piedi questa macchina propagandistica invece che gestire l’autonomia differenziata attraverso gli strumenti adeguati e previsti dalla Costituzione”.

Alle voci soddisfatte della Lega Nord provinciale (LEGGI QUI) e degli esponenti bergamaschi di Forza Italia (LEGGI QUI), si aggiunge, in territorio di centrodestra, anche quella di Alberto Ribolla, segretario cittadino e capogruppo in consiglio comunale a Bergamo del Carroccio: “Il risultato che si evince dai dati dell’affluenza è che i Veneti ed i Lombardi – bergamaschi in primis – hanno estrema voglia di autonomia. Un risultato al quale il Governo centrale dovrà dare risposte concrete. Un enorme ringraziamento va a tutti coloro che, al di là del partito politico, hanno permesso di ottenere questo risultato, a Bergamo ed in tutta la Provincia. Un grazie va anche ai militanti della Lega Nord di Bergamo, che hanno dato tutto per questa consultazione: in città sono stati fatti 21 gazebo in un mese, in tutti i quartieri, e sono stati distribuiti oltre 20.000 volantini. In Provincia la mobilitazione della Lega, capitanata da Daniele Belotti, è stata massiccia. Allo stesso tempo – rivendica Ribolla – i dati mostrano come l’apporto di Gori, nonostante le sue affermazioni ed il voto in Consiglio Comunale, a Bergamo città sia stato pari a 0, anche confrontandoli con gli altri capoluoghi di provincia. Tanto che la differenza tra l’affluenza di città e provincia è simile a quella delle passate elezioni. Bergamo e Treviglio, le città più importanti, hanno entrambe una differenza di circa il 10% rispetto alla media provinciale. Insomma – conclude Ribolla – un enorme successo, una scommessa vinta, quindi, quella del referendum. Da intestare non certo al centrosinistra che si è astenuto in massa. Un’occasione persa anche per loro. L’autonomia non ce l’hanno proprio nel DNA. Da domani inizia la fase 2: la negoziazione con lo Stato centrale. Speriamo che in questo caso il PD voti a favore in Consiglio Regionale. Altrimenti, per la seconda volta, dopo quella in Consiglio Comunale, Gori resterà solo. Non proprio un buon inizio per il candidato in pectore del centrosinistra”.

Soddisfatto anche il Movimento 5 Stelle, con il consigliere bergamasco Dario Violi: “I lombardi ci hanno dato un mandato per trovare una piattaforma di materie su cui andare a trattare a Roma, poi, ogni forza politica ha le sue idee. Ancora una volta abbiamo dettato noi l’agenda: le richieste di maggiore rispetto, vicinanza, competenze e risorse stanno crescendo in tutte le regioni. Con l’articolo 116 terzo comma resta la perequazione nazionale. Lasciamo a Maroni. Il PD ha perso l’occasione – continua – di dare un segnale chiaro la spinta all’estensione del PD non ha funzionato. Dove si sono esposti hanno perso e hanno perso un’occasione per rafforzare il territorio. Questo significa che non hanno nessuna attenzione rispetto a quelle che sono le aspettative dei cittadini. In futuro il voto elettronico sarà pronto anche per altre consultazioni ma non è una cosa che si fa da qui a tre mesi per le prossime regionali che avranno le preferenze. L’obiettivo ora è migliorare ancora questo sistema di voto, abbiamo avuto buoni feedback ed è un investimento per il futuro”.

Infine si è espresso anche il Comitato dei sindaci per il Sì, composto da Virginio Brivio (Lecco), Emilio Del Bono (Brescia), Davide Galimberti (Varese), Gianluca Galimberti (Cremona), Giorgio Gori, Alcide Molteni (Sondrio), Mattia Palazzi (Mantova), e Giuseppe Sala (Milano): “Il sentimento della società lombarda è largamente favorevole ad un rafforzamento dell’autonomia regionale, il dato dell’affluenza è invece tutt’altro che travolgente, mentre in Veneto lo è stato. Quello della Lombardia è un pareggio che non toglie e non aggiunge, da cui l’istanza autonomista non esce certo rafforzata e il clamoroso flop del voto elettronico, getta un’ombra pesante sulle pretese di una regione che si dimostra in questo passaggio tutt’altro che efficiente. Maroni avrebbe fatto assai meglio ad ascoltare i sindaci e i presidenti delle province, già nel 2015: sarebbe andato a trattare con il sostegno del 100% della rappresentanza politico-istituzionale. Oggi ci va col 38%, dato che sarebbe stato anche più basso se non ci fossimo impegnati a fare la campagna per il sì, coinvolgendo molti elettori del centro-sinistra, ad evitare che un referendum rinunciabile potesse diventare pesantemente dannoso per la causa dell’autonomia. Adesso, da amministratori che hanno contribuito a ‘salvare l’autonomia dal referendum’, chiediamo un percorso serio, di vero coinvolgimento della società lombarda nella scelta delle competenze da chiedere al governo. Dire ‘tutte’ è come dire niente. Rilanciare la pretesa di trattenere decine di miliardi significa strumentalizzare il voto dei lombardi, di nuovo per propaganda. Bisogna individuare le priorità, le aree di competenza che possono davvero far fare un salto di qualità alla Lombardia e consentirle di competere da pari a pari con le grandi regioni d’Europa, a traino di tutto il Paese. No dunque a soluzioni affrettate e superficiali, soprattutto da parte di chi ha fatto trascorrere l’intera legislatura regionale senza muovere un passo. Chiediamo che il Consiglio Regionale ritrovi la sua centralità, anche attraverso la convocazione di una seduta aperta nella quale si coinvolgano gli enti locali, le istituzioni del territorio, il mondo del lavoro, di imprese e sindacati e delle rappresentanze, e del Terzo settore per rilanciare con credibilità la richiesta di una Lombardia più autonoma e più responsabile”.

 

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI