Gentilissima Direttrice,
mi permetto di scriverLe perché vorrei fare chiarezza su una questione che da tempo sta divampando a livello nazionale e purtroppo anche a Bergamo.
Si tratta della fantomatica e inesistente “teoria gender”.
Da alcuni mesi, mi giunge voce, stanno arrivando sms che in modo allarmistico invitano genitori e insegnanti della bergamasca ad andare a firmare per il ritiro del già pessimo “ddl scuola”, perché conterrebbe un “pericolosissimo” emendamento che introdurrebbe l’eliminazione del sesso biologico e dunque indurrebbe i bambini ad avere rapporti sessuali fin dalla tenera età o a cambiare sesso.
Quanto apprendo, da insegnante, mi preoccupa molto.
Mi preoccupano le menzogne costruite e impacchettate ad hoc per disinformare e sclerotizzare sempre più gli stereotipi e le culture discriminanti.
Mi permetto di affermare con serenità e di tranquillizzare genitori e colleghi che non esiste alcuna “teoria gender”. Esistono semmai gli “studi di genere” che, pur non mettendo in discussione la differenza biologica tra maschio e femmina, dimostrano come le società, lungo l’arco della storia, abbiano costruito ruoli specifici per l’uomo e ruoli adatti alla donna.
Gli studi di genere puntualizzano che il sesso da solo non basta a definire quello che siamo.
La nostra identità, infatti, è una realtà complessa e dinamica, un mosaico composto dalle categorie di sesso, genere, orientamento sessuale e ruolo di genere.
E dunque, obiettivo specifico di una corretta educazione di genere dovrà essere quello di ridurre gli stereotipi dei ruoli sociali di uomo e donna e combattere la violenza di genere con la cultura del rispetto e della reciprocità.
L’emendamento della senatrice Fedeli interviene proprio per colmare questo vuoto nelle nostre scuole, compito spesso affidato o assunto in solitudine da volenterosi docenti.
Non vorrei rendere tedioso il mio intervento, ma reputo necessario riportare, per evitare strumentalizzazioni e fraintendimenti, un passaggio del testo, oggetto di contestazione.
Riporto testualmente: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”.
Prevenire pertanto la violenza di genere e di tutte le discriminazioni vuol dire educare alle differenze, interrogarsi sulle modalità e sulle strategie in cui le diverse culture hanno costruito ruoli sociali specifici e contrastare quegli stereotipi e quei luoghi comuni, socialmente condivisi, che orientano demagogicamente, costruendo destini diversi a seconda che si nasca maschi o femmine.
Vuol dire trasmettere il valore delle “pari opportunità” e abbattere tutti quegli stereotipi che, fin dalla più tenera età, ingabbiano maschi e femmine in ruoli predefiniti che producono inevitabilmente discriminazioni.
E’ evidente che, in realtà, ciò che disturba certe lobby religiose intrise di conservatorismo e di reazionarie posizioni è la possibilità di poter scardinare quel rapporto di subordinazione che vede la donna sottomessa all’uomo (non a caso una delle sostenitrici di questa battaglia reazionaria è l’autrice del libro: “Sposati e sii sottomessa”) e di conseguenza il poter serenamente affermare che le minoranze, storicamente emarginate e discriminate per genere, orientamento sessuale e per differenza del colore della pelle, godono anch’esse degli stessi e inviolabili diritti di una maggioranza imbevuta di cultura patriarcale e maschilista.
Si teme che si possa parlare di omosessualità in classe e si ignora che il più delle volte sono gli studenti stessi a chiedere che se ne parli in classe, si teme che si dibatta sulla violenza nei confronti delle donne, quando invece è la stessa cronaca drammatica del nostro Paese che ci obbliga a parlarne in classe.
Non vi è alcun indottrinamento nel voler educare i genitori e dare informazioni corrette agli insegnanti affinché parlino in modo ragionato, e non dogmatico, di sesso, orientamento sessuale, identità e ruoli di genere, a figli e scolari, come ha ben scritto il professore Lingiardi, ordinario di Psicologia dinamica presso la Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza di Roma.
Tra qualche settimana riapriranno le scuole e non senza preoccupazioni.
Occorre riposizionare con fiducia le istituzioni scolastiche al centro del dibattito pubblico, perché presìdi di democrazia e di formazione e non fabbricare etichette ideologiche che fanno soltanto del male ai nostri studenti e alle nostre studentesse.
Prof. Gianluca Spitalieri
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