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Il ricordo

Montanari: “La rivoluzione di Umberto Eco: innamorarsi della realtà”

Lo scrittore Raul Montanari ricorda Umberto Eco, scomparso a 84 anni la sera di venerdì 19 febbraio.

Raul Montanari, scrittore legato alla terra Bergamasca – nella giornata di sabato 20 febbraio riceverà la cittadinanza onoraria di Castro – ricorda il grande Umberto Eco scomparso nella serata di venerdì 19 febbraio all’età di 84 anni.

Ha conosciuto Umberto Eco, da scrittori vi siete mai incontrati?
“Stranamente non ho mai incontrato di persona Umberto Eco, mentre sono stato amico di suo figlio che ha la mia età. Eco è diventato famoso per i suoi romanzi di successo, ma in realtà quella è stata una specie di svolta inaspettata della sua carriera, perché le cose più importanti per la cultura italiana le aveva fatte prima. Negli Anni Sessanta Eco ha scritto alcuni libri fondamentali di tipo saggistico fra cui citerei almeno ‘La struttura assente’ e il famoso ‘Diario Minimo’. In questi libri era il primo intellettuale italiano ad affrontare la realtà del Paese con gli strumenti della Semiologia. E il suo nome rimase legato alla Semiologia come quello di Alberoni alla Sociologia. Questo approccio permetteva ad Eco di analizzare qualunque prodotto culturale da ‘Lascia o raddoppia’ al designi di un’automobile, dai capolavori della letteratura ai fumetti”.
Che cosa ci ha insegnato?
“Eco insegnò a tutti noi che nella nostra vita non esistono vere gerarchie fra cose alte e cose basse: le nostre giornate possono essere influenzate allo stesso modo da ‘Otto e mezzo’ di Federico Fellini come Topolino”.

Che cosa ci lascia in eredità?
“La vera eredità di Eco è avere intuito con quarant’anni d’anticipo che i mass media avrebbero abolito tutte le differenze tradizionali di valore. Per cui la realtà che viviamo oggi, in cui una gara di cuochi in tivù può influenzare la tua fantasia e la tua vita tanto quanto l’ascolto di Mozart o di una canzone di Sanremo, si trova già descritta nelle sue prime opere”.

Lo sguardo di Eco sull’Italia non è però paragonabile ad uno specchio. Non crede?
“Eco ha dato una chiave di lettura dell’Italia e pure essendo un uomo di Sinistra, quindi anti-sistema, anti-capitalista, ha guardato le passioni e anche i vizi del nostro Paese con un atteggiamento fondamentalmente d’amore. Perché per un semiologo le cose che fanno gli uomini vanno analizzate non giudicate. Una valutazione come “questo è buono” o “questo è cattivo”, esula dai limiti della semiologia”.

In una sua recente osservazione Eco non mancò di evidenziare gli aspetti negativi dei social che davano voce a “legioni di imbecilli”.
“Il suo sguardo sugli effetti distorti della civiltà della comunicazione era diventato più critico negli ultimi tempi, allineandosi a una difesa perlomeno dei valori umanistici della nostra cultura. Non va dimenticato che l’operazione fondamentale di Eco è stata rendere attuale Aristotele e dimostrare che gli strumenti di indagine della realtà intuiti dal filoso greco erano validissimi, anzi insostituibili, per il mondo contemporaneo. Quindi Eco aveva comunque un rapporto inattaccabile con le radici stesse della nostra cultura e non a caso il tema del giallo che si nasconde ne ‘Il nome della rosa” era la ricerca di un libro perduto di Aristotele. La sua è stata una rivoluzione, Eco era un uomo innamorato dalla realtà che analizzava per ciò che era, senza esprimere giudizi. Ha applicato un metodo poi utilizzato anche in altre scienze, e questo atteggiamento di analisi rimane il suo grande insegnamento”.

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