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A Verdello in scena “Squàsc – Stòrie dé pura”

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Domenica 19 novembre alle 16.30 alla sala Abbiati del Centro Civico di Verdello andrà in scena uno spettacolo teatrale dal titolo “Squàsc – Stòrie dé pura”, di Gianfranco Bergamini, con Lorenzo Baronchelli, Max Brembilla e Massimo Nicoli.

Un’esibizione dedicata ai racconti di paura, tipici della veglia di stalla.
Una parte notevole del repertorio narrativo orale della tradizione popolare bergamasca è costituita dalle cosiddette “storie di paura “, cioè dai racconti che presentano le gesta dei folletti, dei diavoli, delle streghe e dei vari “spiriti” che popolano le credenze tradizionali. A differenza dei personaggi fiabeschi, riconosciuti come fantastici e irreali, i protagonisti di questi racconti sono esseri spesso ostili e minacciosi che incombono sugli uomini, specialmente nelle ore notturne. Contadini, mandriani e pastori erano esposti a questi “rischi” soprattutto nei momenti di solitudine e di stanchezza, legati alle dure condizioni di vita e di lavoro. Bastava un piccolo cambiamento delle abitudini della cascina, l’apparizione improvvisa di un animale nella notte, una situazione inaspettata, per mettere a dura prova il loro equilibrio psicologico.
Compito dei racconti di paura era quello di esorcizzare tali fatti inspiegabili. Le paure e le angosce diventavano allora una “figura” definita, acquistavano un “nome”, diventavano “spiriti”.
Nascevano da ciò numerosi esseri fantastici comuni a diverse aree culturali italiane ed europee: c’era il folletto (lo squàsc) dagli scherzi impertinenti e dalle trasformazioni imprevedibili; c’era l’orco (ol magnàt) con la sua figura smisurata e minacciosa; il diavolo (ol diàol) con i piedi di capra e le corna; la donna del gioco (la dona del zohc), una fata-strega accompagnata da un branco di animali; la caccia morta (la cassa mórta) una grossa cagna nera con gli occhi di brace condannata a vagare in eterno sulle montagne nelle ore notturne.
Queste “storie” hanno rappresentato per molto tempo, insieme alla religione, uno dei pochi mezzi per fronteggiare le difficoltà della vita e per dare una spiegazione degli eventi negativi. Il racconto di queste esperienze magiche aveva quindi un valore iniziatico. Non a caso alle “storie di paura” venivano riservati i momenti più tardi delle veglie di stalla. I bambini erano mandati a letto, perché non si impressionassero sentendo particolari lugubri e spaventosi. Per un giovane l’essere ammesso ad ascoltare queste narrazioni implicava un riconoscimento della sua raggiunta maturità. All’origine di queste “storie” c’era il mondo antico magico-pagano, gli exempla medievali, la letteratura demonologica, i trattati dell’Inquisizione. Religione e regole morali erano combinate con credenze arcaiche ed elementi rituali.
Nascevano da ciò le figure degli spiriti dei morti, erranti intorno ai luoghi dove erano vissuti, le streghe che di notte volavano al sabba e di giorno facevano male ai bambini, al bestiame e ai raccolti; gli stregoni che provocavano i temporali e comandavano le tempeste; i fantasmi e le anime dannate che custodivano tesori in castelli abbandonati.

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