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Rock psichedelico, al Joe Koala The Chanfrughen presentano il nuovo disco Shah Mat

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Gli scacchi sono strategia, riflessione, ma anche rischio, imprevedibilità, follia. E soprattutto sono un gioco dove si può ammazzare il re: un gesto simbolico, certo, ma che conserva una sua forza anarchica e antipotere. Hanno pensato a tutto questo The Chanfrughen prima di decidere di intitolare il loro nuovo disco ”Shah Mat”, espressione persiana ripresa dalla leggenda sulla nascita degli scacchi che significa “il re è morto”. Un lavoro – disponibile dal 5 febbraio per Molecole Produzioni – che verrà presentato live sabato 20 febbraio al Joe Koala di Osio Sopra (ingresso libero, inizio alle 22).
Il terzetto di Andora, la New Orleans della riviera ligure come la chiamano loro, arriva a due anni dall’esordio “Musiche da inseguimento” con otto nuove tracce di rock ancora più psichedelico che in passato. A rappresentare il tutto c’è il primo singolo “Belize”, con relativo video disponibile su YouTube, che racconta in immagini l’indole di una formazione che ama le traiettorie imprevedibili.
Hanno cambiato parecchie pedine The Chanfrughen per questa nuova partita a scacchi contro il potere e le sciagure della vita: rimane quella miscela esplosiva di rock settantiano, blues, accenni funk e folle attenzione alle liriche che è il loro marchio di fabbrica. Ma viene rincarata la componente lisergica del suono, anche grazie all’inserimento di un quarto elemento: Agostino Macor della prog band La Maschera di Cera.
Del resto la Liguria è terra decisamente progressive, ma da questo luogo The Chanfrughen fuggono per intraprendere insieme a chi li ascolta un viaggio geografico e mentale in luoghi vicini e lontani, in paradisi terrestri come, appunto, il “Belize”e in terre misteriose come Samarcanda (la title-track) ma anche negli animi di squallidi personaggi senza morale come il mercenario “Delle Fave” o l’egocentrico arrivista “Limonov” (dal romanzo di Emmanuel Carrère).

E nel fare tutto questo The Chanfrughen ammantano i loro brani con una sorta di psichedelia “salgariana” che incontra esotiche sonorità arabo-indiane, scie cosmiche e visioni hendrixiane rilette con sorprendente gusto personale: un crogiolo di influenze che darà il meglio di sé sul palco, dove la band porta una “botta” non indifferente.
“Con questo disco vorremmo far riscoprire la bellezza dell’inutile”, dicono The Chanfrughen. E del resto cosa c’è di meglio che ribellarsi e godere a suon di rock’n’roll per tornare ad essere finalmente noi le pedine e la mano che le muove nella scacchiera di questo mondo?

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